Il presidente greco Pavlopoulos: «Nell’Ue due pesi e due misure, tollerato chi rifiuta i migranti»

Il presidente greco Pavlopoulos: «Nell’Ue due pesi e due misure, tollerato chi rifiuta i migranti»
di Teodoro Andreadis Synghellakis e Fabio Veronica Forcella
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Giovedì 10 Maggio 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 17:14
La verità è che Bruxelles tollera in modo inspiegabile che alcuni Paesi violino il principio della solidarietà». Va dritto al cuore del problema il presidente greco Prokopis Pavlopoulos alla vigilia del suo intervento alla VIII° Conferenza sullo stato dell’Unione che si svolge oggi a Firenze e alla quale partecipano anche i presidenti Sergio Mattarella, Antonio Tajani, Jean-Claude Juncker e il governatore Mario Draghi.

Presidente Pavlopoulos, dalle sue parole si capisce con chiarezza che il suo intervento ruoterà soprattutto attorno al principio di solidarietà tra partner dell’Unione. Che cosa lamenta?
«Già in passato, in una mia lectio magistralis alla London School of Economics avevo evidenziato come la solidarietà sia una regola a pieno titolo del diritto europeo. La solidarietà rappresenta infatti un principio fondamentale dell’ordine giuridico europeo e la si incontra in quasi tutti i settori di azione della Ue, con precisi richiami in più di 15 articoli».

Questo, in concreto, che cosa significa?
«Che qualunque Paese membro violi tale principio deve essere sottoposto alle sanzioni previste. Se in campo economico Bruxelles tiene sotto stretta osservazione i Paesi membri per il rispetto dei loro obblighi, lo stesso non succede in alcuni degli altri settori. Penso, ad esempio, all’importante questione migratoria e soprattutto al tema dei rifugiati dove, purtroppo, Bruxelles tollera che alcuni Paesi membri violino apertamente il principio della solidarietà senza che vengano sanzionati. Ciò ferisce tanto l’ordinamento giuridico europeo quanto la cultura europea e il suo pilastro fondamentale: l’umanesimo». 

Crede che l’Europa per poter mantenere la sua coesione dovrà rivedere alcune delle regole principali, iniziando dal rapporto deficit/Pil al 3%?
«L’Unione e il suo nocciolo duro, l’eurozona, devono adottare prima possibile misure necessarie per affrontare soprattutto due sfide. Primo, il sostegno dello stato sociale per rafforzare la coesione e combattere le formazioni populiste che minacciano di distruggere la costruzione europea. Secondo, il debito pubblico mondiale, che già influenza in modo drammatico quello dei paesi membri, esempio tangibile l’Italia. Nella prima sfida si deve capire che le politiche di severa austerità hanno ferito duramente la coesione sociale e devono essere seriamente ridotte. Rivedendo anche quelle politiche che si basano sull’apoteosi degli avanzi primari e sulla demonizzazione del deficit».

Ciò però potrebbe indurre il ritorno a pratiche di spreco.
«La condizione è che ciò non accada. Si deve cercare di arrivare a una politica di deficit controllati e limitati che sostengano esclusivamente la liquidità e la domanda, come fanno per esempio gli Stati Uniti. Per quel che riguarda la seconda sfida, la Bce deve dotarsi di strumenti analoghi a quelli che detiene ogni Banca centrale, per affrontare i pericoli insiti nel debito. Tra questi strumenti è compresa anche una forma di eurobond».

Quanto importante e realistico pensa che sia guardare oggi a una nuova forma di integrazione europea, che possa avere la condivisione e il sostegno dei cittadini?
«La prospettiva di una maggiore integrazione europea dobbiamo considerarla necessaria e realistica perché diversamente l’Europa rischia di fare dei passi indietro o addirittura la totale destrutturazione. Chi si ritiene soddisfatto dell’attuale livello di integrazione, fa un grande sbaglio perché la costruzione europea è come un treno: se rimane fermo mentre è in salita, il peso dei diversi vagoni porterà la locomotiva a indietreggiare in una discesa molto pericolosa».

La Grecia ha promosso l’iniziativa per una più stretta collaborazione tra Paesi del Sud Europa. Quali sono le controindicazioni?
«Non ne vedo alcuna. Con la loro esperienza, ma anche con l’atout della loro vera coscienza europea, i Paesi del Sud Europa possono offrire molto nella collaborazione con il duo franco-tedesco. Soprattutto ora che arriva il momento della ridefinizione delle politiche europee. D’altronde, una buona parte delle tesi sostenute dal presidente Macron vanno nella stessa direzione. Non è la grandezza dei singoli Paesi, ma la fedeltà e la sincera adesione a questo processo che deve contare di più». 

Il programma di sostegno economico alla Grecia si concluderà a cavallo di agosto. Come vede il futuro del suo Paese dopo otto anni di difficili politiche di bilancio?
«La Grecia, con la stragrande maggioranza delle sue forze politiche, è unita nel portare a termine il suo compito nell’ambito del tragitto europeo. Guarda ormai al futuro in modo realisticamente ottimistico all’interno dell’Unione. Tutto questo è stato raggiunto con enormi sacrifici, e non esagero, da parte del popolo greco. Le forze politiche hanno riconosciuto gli errori commessi nel passato, e hanno deciso in modo indiscutibile di non ripeterli».

La crisi fu solo colpa degli errori del popolo greco?
«Ai vertici dell’Unione sanno bene che gli enormi sacrifici dei cittadini sono dovuti anche ad errori di chi ha progettato e supervisionato l’applicazione dei vari Memorandum dal 2010 in poi. Per correggere quegli errori, hanno dunque il dovere di sostenere concretamente la Grecia nel suo cammino verso l’uscita dalla crisi». 

Lei è intervenuto apertamente chiedendo l’alleggerimento del debito pubblico greco. Pensa si possa realizzare?
«L’alleggerimento del debito è un obbligo sottoscritto dai nostri partner verso la Grecia già dal 2012. Il Paese sta facendo fronte in modo completo ai suoi obblighi ed è tempo che facciano lo stesso anche i nostri partner, dal momento che la regola fondamentale dell’ordine giuridico europeo si basa anche sul principio pacta sunt servanda».

L’Italia sta attraversando una fase politica molto delicata. La vicinanza dei due Paesi continuerà a rappresentare uno dei punti fermi della costruzione europea?
«Senza alcun dubbio. La Grecia da quando è diventata membro dell’Unione procede in modo armonico con l’Italia nel cammino verso l’integrazione europea. In questo contesto si muove con coerenza anche la mia stretta e sincera amicizia con il presidente Mattarella. La Grecia riconosce il ruolo apicale che l’Italia può e deve svolgere in Europa, completando ma anche rafforzando in modo sostanziale il duo franco-tedesco».
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