L'Italia perduta di Pasolini: una raccolta di brani inediti a 39 anni dalla sua morte

Pier Paolo Pasolini
di Leonardo Jattarelli
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Lunedì 3 Novembre 2014, 23:10 - Ultimo aggiornamento: 5 Novembre, 22:37
Nello stesso anno in cui pubblica Una vita violenta mentre aveva già in testa Accattone che uscirà nelle sale due anni dopo nel ’61 , Pier Paolo Pasolini sulle orme di un Kerouac addolcito dall’odore della risacca e dall’alta marea di un’Italia gioiosamente pronta al grande riscatto dopo la distruzione, si “veste” da inviato per la rivista “Successo” e pubblica a puntate nel ’59 quella meravigliosa avventura on the road che titolerà La lunga strada di sabbia.



Al volante della sua Fiat Millecento percorre d’estate l’intera penisola da Genova a Venezia e giù sul lungomare toscano e laziale e poi Napoli e Sorrento e dalla parte opposta lungo l’Adriatico riminese e ancora oltre, fino a Villa San Giovanni e Siracusa. Un susseguirsi di miraggi, di incantamenti, di visioni dal sapore ancora neorealista, se possibile più intensi di quelli che nello stesso anno descriverà nel celebre L’odore dell’India, immerso nell’inferno di Bombay in compagnia di Moravia ed Elsa Morante.



La lunga strada di sabbia, nella sua versione completa con pezzi che non trovarono posto a suo tempo su “Successo”, a 39 anni dalla scomparsa dello scrittore esce a giorni nelle librerie edito da “Contrasto” nella collana “In Parole” arricchita dalla riproduzione del dattiloscritto e da oltre sessanta foto in bianco e nero di Philippe Séclier. Il fotografo, a 40 anni di distanza, ripercorre infatti lo stesso itinerario «dopo che all’inizio del 2005, a Parigi - scrive Séclier - conosco Graziella Chiarcossi, la cugina di Pasolini. Lei mi affida il dattiloscritto originale di La lunga strada di sabbia insieme a due carte scritte a mano dal poeta. Un momento unico».



RICOSTRUZIONE

Sfogliare queste pagine oggi, in un Paese ancora e perennemente in “ricostruzione”, tra jobs act, spending review e lotta per il lavoro, restituisce un sapore di attualità e mostra uno zoccolo duro dell’Italia rimasto intatto. I volti anonimi e i racconti e i ritagli della penisola che Pasolini affolla nelle sue “inquadrature” sono quelli di sempre, quelli dell’Italia dell’uomo qualunque che stordisce, rasserena, incanta.



Un unicum gioioso tra natura e umanità che fa scrivere al poeta, a Casamicciola: «Torno alla cameretta del Savoia. Da anni non mi capitava di andare a letto come vanno i ragazzi, pensando con felicità al giorno dopo. Notte, fa presto a passare!». Quella lunga estate pasoliniana gronda sotto la canicola di una poesia non voluta, non cercata; è la poesia di un cronista, di un grande cronista che dà peso a parole che escono da un diario di commozione: «Da San Remo, per la Riviera, sole che brucia e nuvolaglia fresca. I nomi dei luoghi - leggendari anche questi, se non altro per le corse ciclistiche - hanno fulminee conversioni in realtà: contro un mucchio di monti trasparenti sul mare che bolle, ecco Alassio ingoia il visitatore in una matrice d’alberghi, protesi sul mare avaro. Controluce, sfatti, brillanti come ghiaia sui promontori opachi».



LA SABBIA

A Forte dei Marmi, in un’immagine quasi felliniana «la spiaggia in questo mese è quasi deserta: la sabbia è liscia, sembra il pavimento di una sala da ballo» e pochi giorni dopo, ad Ischia «esco dal mio albergo. Piove ancora un poco. Sono solo. Solo, e porto in giro i miei due occhi, più ingenui e contenti di quel che credessi. Solo: io e Ischia. Io e migliaia di cose, migliaia di persone. Tutto nuovo». Incontra Visconti «che mi porta un po’ a girare “sono stato uno dei primi a scoprirla - mi dice - Vengo qui da quattordici anni”. Ne è fiero. E ha ragione. Ischia è un posto dolcissimo, dove si vive senza nessuna fatica».



A Capri, nella grotta Azzurra «si ha l’impressione di galleggiare su una lastra di luce», a Taranto «per le lunghe vie parallele al mare si vedono scritte come “Dio aiutaci!”», le femmine «sono piccoline piccoline, nere, come vermetti, ma già un po’ gonfie di anche, benché magari adoloscenti, con gli occhi neri affumicati, misteriosi e insipidi. Loro ignorano tutto: sguazzano nell’acquetta a loro riservata, bassa, blu, e pensano al loro futuro di madri, dopo la breve tragedia dell’amore, che sta per venire».



C’è la Riccione delle sue villeggiature di ginnasiale, quando «ciò che capitava era sempre un messaggio, o aveva un significato puro e pieno», la Caorle che lo fa imbestialire «chi è quell’idiota, delinquente che ha permesso che si intonacassero tutte le case di nuovo, col colore della cacca dei bambini?».



La descrizione della Festa per Mister 1959 è una pura pellicola pasoliniana così come i guaglioni napoletani ricordano da vicino i suoi ragazzi di vita mentre a Posillipo cantano «’Na frangetella ’e nuvole/’na vranca ’e stelle chiare». In La lunga strada di sabbia Pasolini s’incanta e incanta, vorrebbe urlare a tutti quello che ha appreso, quell’Italia che ha avuto il privilegio di raccontare...«Ma mi occorrerebbe un libro - scrive il poeta - perché non è successo niente: sono successe solo quelle cose che appartengono solo alla vita, e muoiono dopo cinque minuti».
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