Paolo Genovese: «Vi racconto il mio nuovo film, una follia a New York»

Paolo Genovese
di Gloria Satta
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Sabato 6 Agosto 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 18 Agosto, 01:09
Vista da Campo de’ Fiori, in questi giorni Roma è una città in assetto di guerra. «Per arrivare al mio studio, incontro quasi esclusivamente uomini in divisa, mitragliette, mezzi delle forze dell’ordine», dice Paolo Genovese. «La paura degli attentati ci fa vivere in una situazione paradossale. Mi fa molta impressione, m’invita a riflettere».

La vacanza è ancora lontana, e nel caldo della città che si svuota e si auto-protegge il regista romano pensa, osserva, s’interroga. Soprattutto, scrive il suo nuovo film: impresa non facile dopo Perfetti sconosciuti, blockbuster da 17 milioni incassati, due premi vinti al Tribeca Festival, i David di Donatello, i Nastri d’argento, le vendite all’estero, l’osanna della critica, una quarantina di remake in preparazione nel mondo, Qatar e Turchia compresi.

Ma le idee sono chiare e Genovese è già a buon punto. «Il nuovo film», anticipa al Messaggero, «s’intitolerà Il primo giorno della mia vita, verrà girato in inglese a New York e prodotto ancora una volta da Medusa, Leone Group più un partner americano. E sarà completamente diverso da Perfetti sconosciuti».

Non sarà dunque una commedia?
«Gli americani lo chiamerebbero ”dramedy”, cioè un mix tra commedia e dramma. Sarà una storia corale e, dimenticando l’amaro cinismo del precedente, avrà un finale ottimistico. Viviamo in un’epoca in fiamme e abbiamo un disperato bisogno di speranza».

E perché ambientare la storia a New York?
«Mi serviva un luogo in cui le diverse culture convivono, più o meno armoniosamente, da sempre. In alternativa avrei potuto scegliere Londra o Shanghai. L’idea del film, una follia che nessuno può aspettarsi, mi è venuta osservando come sempre la realtà».
 
E che cosa ha scoperto?
«Che, partendo dai miei stati d’animo, mi riesce facile intercettare i pensieri, le paure, i tic degli altri. In Immaturi raccontavo il mio incubo ricorrente di dover rifare la maturità: si dà il caso che non fosse solo mio».

E’ vero che Sabrina Ferilli sarà nel nuovo film?
«No! La voce si è diffusa perché ci hanno visti parlare fitto fitto ai Nastri d’argento. Sabrina vuole portare Perfetti sconosciuti in teatro».

Cosa ha capito negli ultimi mesi scanditi da premi, festival, viaggi al seguito del suo blockbuster?
«Andando in piazza, ascoltando i dibattiti non solo sul mio ma anche sui film degli altri, ho capito che il pubblico è molto più colto, preparato ed esigente di quello che pensiamo. Perciò abbiamo il dovere di rischiare ed essere originali, dando alla gente non solo quello che le piace ma anche quello che le piacerà».

È vero che il cinema italiano ha riscoperto la grande commedia delle origini?
«La commedia ha sempre raccontato la realtà, è tuttora il cavallo di Troia che permette a un autore di parlare di cose serissime con il sorriso. Se le commedie dei nostri padri erano influenzate dal clima politico, le nostre sono condizionate dalla situazione sociale e devono rifletterla. Sarebbe vergognoso dimenticarsene».

Ma ammetterà che avete fatto tante commedie banali e ripetitive solo per incassare.
«Si trattava di film comici, altra cosa dalla commedia, e ammetto di averne girati anch’io. Ma non li demonizzerei: l’importante è l’onestà intellettuale, bisogna dare al pubblico quello che si è promesso. Lunga vita dunque al cinepanettone e alla commedia romantica».

Zalone in che categoria si colloca: commedie o film comici?
«A metà strada. Checco è un personaggio unico che fa film comici con un forte aggancio alla realtà».

Il cinema italiano è in pieno rilancio?
«Non credo. Al netto dei 67 milioni realizzati da Quo vado? resta poco. Per parlare di ripresa bisogna aspettare 10 stagioni continuative di premi, incassi, festival, film di qualità. Al nostro cinema manca la stabilità».

E alla politica cosa manca, secondo lei?
«Direi la stessa cosa: mancano la fiducia dei cittadini, le certezze, l’ideologia, la speranza. E trionfano i 5 stelle».

Il clima di incertezza e di paura influenza il suo lavoro?
«Immancabilmente. Sui giornali e in tv non si parla che di persone che uccidono altre persone: attentati, femminicidi, crimini mafiosi. L’orrore che ci circonda mi dà ancora più voglia di raccontare la realtà. Mai come oggi mi sono sentito parte della comunità artistica che risponde e resiste. Il filo rosso della solidarietà ci unisce tutti».

Dove andrà in vacanza?
«Al Circeo per un paio di settimane. Avrò il piacere di ritrovare Rolando Ravello, Marco Giallini, Anna Foglietta, insomma la grande famiglia di Perfetti sconosciuti. Quel film, tra l’altro, ha cementato la nostra amicizia».
Come ai bei tempi della grande commedia italiana.
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