Open Arms, il tribunale dei ministri: «Il premier Conte provò a far sbarcare tutti i minori»

Open Arms, il tribunale dei ministri: «Il premier Conte provò a far sbarcare tutti i minori»
di Valentina Errante
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Mercoledì 5 Febbraio 2020, 01:08 - Ultimo aggiornamento: 10:21

Dopo quello di Catania anche il Tribunale dei ministri di Palermo accusa Matteo Salvini e per la prima volta per avere impedito lo sbarco a una ong: bloccando in mare, a ridosso di Lampedusa, la nave della spagnola “Open Arms” con 107 migranti a bordo, l’allora ministro dell’Interno non ha esercitato una sua prerogativa politica. Ma ha violato il diritto internazionale, privando della libertà potenziali richiedenti asilo, anche a fronte di un’ordinanza del Tar che ne ordinava lo sbarco.

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Erano i giorni caldi della crisi di governo e, con la tensione alle stelle, tra il premier e l’ex numero uno del Viminale si consumava anche questa polemica, con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che invitava il suo ministro a fare sbarcare i minori e Salvini che si rifiutava di dare seguito a quell’indicazione. La Giunta per le autorizzazioni deciderà il 27 febbraio se l’ex ministro dovrà essere processato per sequestro di persona plurimo aggravato e per rifiuto di atti d’ufficio. E questa volta l’ex ministro non potrà attribuire la decisione contestata all’intero governo. Per quella data il Senato si sarà già pronunciato sulle analoghe accuse mosse a Salvini dai giudici di Catania per il mancato sbarco dei migranti della Gregoretti.
 



BRACCIO DI FERRO
L’atto di accusa è pesantissimo e nella relazione trasmessa alla Giunta per le autorizzazioni a procedere è riportata la corrispondenza di quei giorni tra Conte e Salvini. Il 14 agosto il premier scrive al ministro dell’Interno invitandolo «ad adottare con urgenza i necessari provvedimenti per assicurare assistenza e tutela ai minori presenti sull’imbarcazione». Il giorno successivo, Salvini replica «respingendo ogni responsabilità al riguardo» ed «evidenziando che i minori a bordo della nave spagnola dovevano ritenersi soggetti alla giurisdizione dello Stato di bandiera anche con riferimento alla tutela dei loro diritti umani; che, inoltre, non vi erano evidenze per escludere che gli stessi viaggiassero accompagnati da adulti che ne avevano la responsabilità, comunque ricadente sul comandante della nave».

L’allora ministro informava il premier di avere dato mandato all’Avvocatura Generale dello Stato «per impugnare il decreto di sospensiva del Presidente del Tar del Lazio, che di fatto aveva rimosso ogni ostacolo all’ingresso della nave in acque territoriali». Conte tornava a scrivere due giorni dopo e rinnovava la richiesta, avvertendo che la linea portata avanti avrebbe comportato il rischio di un «illegittimo respingimento» e sottolineando che vi era la disponibilità di diversi paesi Ue ad accogliere i migranti, «indipendentemente dalla loro età». A questa seconda mail Salvini rispondeva che lo sbarco dei minori sarebbe avvenuto «suo malgrado», come «esclusiva determinazione» del premier. 

NON ATTO POLITICO
Per i giudici si è trattato di un reato ministeriale «in quanto - scrivono nella relazione - alla luce della ricostruzione storica della vicenda risulta commesso nell’esercizio delle funzioni e dei poteri del ministro dell’Interno e non invece di quella di indirizzo politico». E precisano che gli atti politici devono essere attuati «all’interno di una cornice dì legalità, costituzionale ed europea, di modo che non si incorra nel pericolo che, in forza delle “ragioni di Stato”, vengano direttamente lesi i diritti inviolabili dell’uomo che gli ordinamenti giuridici, nazionale e sovranazionale, tutelano». Anche perché «lo stato italiano si è espressamente vincolato al rispetto dei principi del diritto internazionale, tra i quali quello che impone l’obbligo di salvare la vita che si trovi in pericolo in mare».

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