Naomi Watts: «Stavolta non sarò una donna sull’orlo di una crisi di nervi»

Naomi Watts: «Stavolta non sarò una donna sull’orlo di una crisi di nervi»
di Gloria Satta
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Sabato 3 Settembre 2016, 00:04
VENEZIA
Un’altra coppia, sia nella vita sia sullo schermo, incanta la Mostra: Liev Schreiber e Naomi Watts, insieme da 11 anni, due figli, sono sbarcati al Lido con The Bleeder, il film (fuori concorso) di Philippe Falardeau che hanno interpretato insieme e di cui l’attore è anche produttore. È la storia di Chuck Wepner, il pugile del New Jersey che negli anni ’70 ispirò Sylvester Stallone per il personaggio di Rocky Balboa, l’eroe di Rocky. Narcisista e donnaiolo, una volta diventato famoso Wepner mandò a rotoli il suo matrimonio e dissipò la propria vita tra alcol, droga, carcere.

A salvarlo fu l’amore di una donna, Linda, che ebbe la pazienza di aspettarlo e incoraggiò la sua redenzione. Nel film, una tipica tragedia americana a lieto fine (prodotto da Ambi Pictures, uscirà a marzo 2017), Naomi porta cappotti leopardati, leggings, tacchi a spillo e cotonature improbabili. Al Lido l’attrice anglo-australiana, 47, è invece un’icona di stile. Lanciata da Mullholand Drive, due nomination all’Oscar e all’attivo personaggi impegnativi come Lady D, racconta la sua nuova sfida.

Ha conosciuto la vera Linda?
«Sì, abbiamo passato insieme una serata indimenticabile. Ho “registrato” la sua voce, il suo modo di muoversi e di vestirsi, la sua vivacità. Nella mia carriera ho interpretato tanti personaggi sull’orlo di una crisi di nervi e ritrovarmi nei panni di questa donna vitale, poetica ed estroversa è stato rassicurante».

Perché rassicurante?
«È bello vedere due persone che s’incontrano e restano unite per anni, malgrado le difficoltà della vita. Linda e Chuck sono ancora insieme. Lei non gli ha fatto sconti, gli ha sempre detto in faccia la verità anche quando poteva far male».
 
Non avrebbe preferito interpretare la moglie del protagonista, che nel film ha uno spazio maggiore?
«No, perché somiglia ad altri miei ruoli precedenti. Non amo ripetermi, sono un’attrice curiosa sempre alla ricerca di novità».

Oggi che appartiene allo star system, con che criteri sceglie i film?
«Ogni personaggio deve “parlarmi”, deve significare qualcosa per me. E lo capisco subito, affidandomi all’istinto. Le altre considerazioni (il regista, il luogo delle riprese, perfino la paga) vengono dopo».

Che effetto le ha fatto lavorare con il suo compagno?
«È stata la seconda volta che abbiamo condiviso un set: la prima, durante le riprese di Il velo dipinto, ci siamo innamorati. Oggi sono molto orgogliosa di Leiv».

Perché?
«L’ho visto mettere in piedi The Bleeder con tanta fatica, nel corso degli anni, in mezzo a mille ostacoli. Chiunque altro avrebbe desistito, ma lui no, non ha pensato nemmeno per un secondo di mollare l’impresa».

È soddisfatta della sua carriera?
«Molto. Sto per cominciare una serie tv, Gipsy: il cinema sta cambiando, la gente esce sempre di meno ed è giusto portarle le storie dentro casa».

È vero che sta girando il nuovo Twin Peaks?
«È vero, lo confermo, ma non posso rivelare nulla di più. Posso solo dire che adoro David Lynch, scritturandomi in Mullholland Drive ha dato una svolta alla mia carriera».

C’è qualche regista con cui vorrebbe lavorare?
«Paul Thomas Anderson, Xavier Dolan e il vostro Nanni Moretti».

Conosce il cinema italiano?
«Soprattutto quello classico: Fellini, Antonioni, Bertolucci. La luna è uno dei miei film di culto. Tra i registi recenti amo Sorrentino: sono venuta a Venezia anche perché muoio dalla voglia di vedere le prime due puntate di The Young Pope».
 
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