Migranti, il piano del Viminale: blocco dei porti siciliani

Migranti, il piano del Viminale: blocco dei porti siciliani
di Marco Conti e Cristiana Mangani
5 Minuti di Lettura
Sabato 8 Luglio 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 07:55

ROMA «Penso che sia normale ragionare sul fatto che non c’è una capacità illimitata di accoglienza, tant’è che stiamo lavorando per contenere i flussi e cercare di gestirli. Lo stiamo facendo con una grandissima solidarietà, che fa fatica a tradursi in atti concreti». Di migranti si parlerà oggi nella seconda e conclusiva giornata del G20 di Amburgo, ma Paolo Gentiloni non ha dubbi su chi scegliere tra Matteo Renzi che chiede un tetto agli arrivi e il “no” di Angela Merkel: «Mi sembra un po’ esagerato: sono sicuramente dalla parte italiana».
Nel frattempo, dopo il blocco europeo all’accoglienza, il Viminale pensa a un piano “b” per tentare di limitare l’invasione, in attesa che gli accordi di Tallinn comincino a diventare operativi. Una delle possibilità prese in esame potrebbe essere quella di porre dei divieti di accesso ai porti siciliani. Approdi bloccati per le navi delle Organizzazioni non governative che hanno a bordo i clandestini. Questo non vorrà dire che i migranti non saranno soccorsi, ma il salvataggio e l’identificazione potranno avvenire lontano dalla Sicilia, in posti tipo Livorno, Genova, Trieste, che prevedono un viaggio molto più lungo e anche più costoso. Dove verranno organizzati hotspot temporanei per le identificazioni. Il nuovo Codice di condotta per le Ong, che dovrebbe entrare in vigore già la prossima settimana, impone, infatti, il divieto di trasbordo dei passeggeri da una nave all’altra. Finora i mercantili dei volontari si sono posizionati a poche miglia da Sabrata, hanno imbarcato il carico di disperati, e a quel punto hanno lanciato l’Sos in modo che la Guardia costiera arrivasse a salvarli e a trasportare i migranti in porto. Non sarà più così, se non in caso di stretta emergenza e di rischio per l’incolumità di chi si trova a bordo. In quanto dovranno essere proprio loro a portarli a destinazione.

L’INCONTRO CON FRONTEX 
I divieti potrebbero trovare attuazione forse ancora prima dell’incontro fissato per martedì prossimo a Varsavia nel quartiere generale di Frontex, dove il Viminale intende ridiscutere la questione dell’accoglienza. «Come si fa a distinguere il salvataggio dall’accoglienza - chiede il ministro Minniti - Se queste navi che battono bandiera straniera sono in grado di salvare, potranno pure accogliere». Restano in campo, comunque, anche decisioni più estreme. E se uscire da Triton potrebbe voler dire avere una procedura d’infrazione dall’Europa, cominciare a rendere la vita più difficile a chi sta facilitando, anche se in buonafede, l’attività dei trafficanti di essere umani, è una delle strade che si intende percorrere. La Guardia costiera, dal canto suo, ha già inviato richieste di applicazione degli standard europei e di classificazione per le flotte umanitarie, e ha aumentato i controlli sulle imbarcazioni. 

Tutto questo mentre ad Amburgo la polemica nei confronti dei paesi europei resta alta e il premier Gentiloni non si tira indietro, anche se sfuma, riguardo alla proposta del segretario del Pd di non versare i 20 miliardi che ogni anno l’Italia paga all’Unione. «L’Italia - precisa il premier - ha sempre detto che l’Europa non può avere una rigidità diversa in materia di bilancio e di immigrazione». Sull’immigrazione Bruxelles «ha fatto delle scelte che posso sembrare insufficienti, ma ha preso delle decisioni» ed è «un’opinione italiana ma anche dell’Ue che i paesi che le hanno condivise le debbano rispettare. Tant’è che per i paesi che si rifiutano di adottare le decisioni della commissione è stata aperta una procedura di infrazione».
Nessuna ritorsione dalla dubbia efficacia, quindi, ma attenta fedeltà ai principi europei secondo i quali le procedure d’infrazione si applicano non solo in materia di deficit eccessivo, ma anche quando si viola una disposizione comunitaria in materia di migranti come stanno facendo molti paesi dell’est Europa che non accettano le quote loro assegnate. Gentiloni non dà per chiusa la questione. D’altra parte, come confermano le parole dello stesso Renzi, il tema sarà centrale nella prossima campagna elettorale e Gentiloni si dice convinto che «questa difficoltà, che certamente c’è, siamo in grado di superarla con i nostri principi di sempre: accoglienza, soccorso umanitario, ma anche capacità di organizzazione e di contenere i numeri». Nessun problema di linea, quindi, tra palazzo Chigi e Nazareno. Tantomeno con la Santa Sede alla quale il premier fa riferimento quando dice che «anche voci molto più alte della mia nelle ultime settimane hanno detto che l’accoglienza non può essere illimitata». 

L’IMPEGNO IN LIBIA
Di pacche sulle spalle e di attestati di solidarietà, l’Italia ne deve aver ricevuto parecchi - e non solo nel corso degli incontri bilaterali avuti con la britannica Theresa May e con il turco Erdogan - se il premier afferma con assoluta tranquillità che «quando uno viene in un vertice internazionale come questo, tutti devono dirti una qualche parola di sostegno e di solidarietà.

Però tradurre questo in quello che serve è la fatica che stiamo facendo in queste settimane». Aumentare l’impegno con la Libia e con altri paesi terzi chiave, in particolare: continuando a migliorare la capacità della Guardia costiera libica; rafforzando i ritorni volontari assistiti dalla Libia e dal Niger nei paesi d’origine; impegnandosi ulteriormente con il Niger e il Mali per evitare movimenti di migranti irregolari verso la Libia e, in particolare, rafforzando in modo significativo i controlli alle frontiere esterne della Libia (in particolare quelle meridionali); fornendo finanziamenti adeguati per la Finestra Nord Africa del Fondo di Fiduciaria dell’Ue, per la quale la sostenibilità per il 2018 e oltre dovrebbe essere garantita grazie a importanti contributi aggiuntivi, inclusi gli Stati membri.

© RIPRODUZIONE RISERVATA