Migranti, Roma promette tre centri subito. Ma con la Ue è braccio di ferro

Migranti, Roma promette tre centri subito. Ma con la Ue è braccio di ferro
di Valentina Errante
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Mercoledì 16 Settembre 2015, 23:31 - Ultimo aggiornamento: 17 Settembre, 00:00
Da un lato la linea dura del governo, con lo stop all’apertura del primo hotspot, finché l’Europa non partirà con la “relocation” dei profughi e non si impegnerà concretamente per la riammissione dei migranti economici nei paesi d’origine; dall’altro l’invio alla Commissione Ue della roadmap italiana della gestione dei migranti, con l’impegno di partire entro settembre con quelle stesse strutture di identificazione previste dal Piano della Commissione. In attesa del 22 settembre quando, in via straordinaria, i ministri degli Affari Interni e di Giustizia dell’Unione torneranno a incontrarsi, l’Italia viaggia sul doppio binario. Ieri è stata una giornata difficile per la diplomazia di stanza a Bruxelles e dopo ore ad alta tensione, l’ambasciatore Stefano Sannino è riuscito ad ottenere il rispetto dell’impegno. Il documento atteso è arrivato ai tecnici della Commissione con una lettera del Dipartimento per l’Immigrazione che ha annunciato l’apertura delle strutture entro settembre. Tanto è bastato a smorzare l’apprensione. Poi, però, sono arrivate come pietre le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, deciso, è tornato sul punto, sollecitando una risposta complessiva dell’Ue, prima dell’apertura degli hotspot. È come se le trattative fossero tornate a zero. Intanto, però, il documento, è già lì, nel rispetto degli impegni.



LA ROADMAP

«L’Italia ha messo in pratica il nuovo concetto di hotspot, entro settembre tre centri saranno operativi». Recita così la lettera inviata ieri dal Viminale a Matthias Ruete, direttore generale del dipartimento Immigrazione e Affari interni della Commissione. Il documento accompagna la roadmap sulle strutture italiane pronte per gestire, sotto la stretta sorveglianza dell’Unione, l’identificazione e la sorveglianza di profughi e migranti economici. La roadmap individua i tre centri «che apriranno entro settembre»: Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle. E ne aggiunge altri due, Augusta e Trapani. Descrive nel dettaglio la capienza e l’organizzazione, le modalità di ingresso e identificazione dei migranti. Quindi la suddivisione tra gli aventi diritto alla protezione internazionale e i migranti economici.



Ma se gli hotspot erano le strutture previste dalla prima Agenda Ue, quella che in tempi più stretti dovrebbe diventare operativa con la redistribuzione di 24mila richiedenti asilo in partenza dall’Italia, l’obbligo di inviare la roadmap è previsto soltanto dal secondo Piano della Commissione, che ha stabilito la redistribuzione di altre 16mila persone dall’Italia. E’ il testo sul quale lunedì scorso i ministri non hanno trovato alcun accordo. Così se da un lato l’Italia esige il rispetto degli accordi, dall’altro si espone per prima ottemperando agli obblighi richiesti.



LE TRATTATIVE

L’invio del documento è stato il frutto di una lunga trattativa tra i diplomatici italiani a Bruxelles e lo staff di Palazzo Chigi. Due giorni fa le parole di Alfano e lo stop da parte dell’Italia alle nuove strutture avevano creato fortissime tensioni. E invece l’Italia attenua la minaccia, dopo avere annunciato di volere bloccare tutto, e si limita a un piccolo rinvio rispetto alla data prevista nel documento vagliato dai ministri lunedì. Dal 16 settembre alla fine del mese. L’Ue, invece, rimane in forte ritardo. Le parole di Mattarella sono arrivate impreviste e hanno segnato politicamente la giornata anche se, al livello europeo, sono i fatti che contano e la roadmap è già a Bruxelles.



LE FRONTIERE

Le misure per evitare la chiusura delle frontiere, già paventata da Francia e Austria, sono già state adottate. L’obiettivo è impedire che migliaia di richiedenti asilo si riversino al confine. Un’operazione quasi strategica, messa in atto anche dai gestori dei centri di accoglienza dei migranti che non consentono ai profughi di lasciare in massa le strutture. Solo piccoli gruppi, per evitare gli assembramenti e impedire che scene come quelle già viste a Ventimiglia la scorsa estate possano ripetersi. I controlli di polizia, con lo stesso obiettivo, vengono eseguiti sui treni. Intanto sotto stretta sorveglianza resta il versante sloveno. È da lì che i disperati, respinti dall’Ungheria, potrebbero arrivare in Italia.