​Rimpatri e richiedenti asilo: stretta leghista sui migranti

Rimpatri e richiedenti asilo: stretta leghista sui migranti
di Cristiana Mangani
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Sabato 26 Maggio 2018, 00:32 - Ultimo aggiornamento: 21:53
Le intenzioni di Matteo Salvini, qualora dovesse riuscire a salire al Viminale, sono ben spiegate in una frase: «Dico stop ai clandestini, tutta l’Africa in Italia non ci sta. Spero di potermi mettere presto al lavoro per cominciare a rimediare ai disastri fatti finora». Fin qui i propositi. Il leader del Carroccio tiene in modo particolare all’incarico “bollente” del ministero dell’Interno, perché è da lì che intende far partire la sua “rivoluzione” sull’accoglienza e l’integrazione, sul diritto d’asilo, e soprattutto sul Trattato di Dublino. Uno scoglio non da poco sul quale rischia di impattare il potenziale ministro già il prossimo 4 giugno, quando a Lussemburgo potrebbe dover partecipare al Gai, l’incontro su Giustizia e affari interni con i ministri europei.

NUMERI IN CALO
L’Italia da tempo mira a modificare il regolamento che impone al paese di primo approdo di farsi carico dei richiedenti asilo, ma finora i risultati e le speranze di cambiamento sono stati scarsi, perché il negoziato è in stallo, come emerso da un vertice tra ambasciatori. E nonostante la situazione sbarchi, lasciata dalla gestione Minniti, si sia assestata su cifre che non si registravano da tempo, con un calo degli arrivi del meno 79 per cento, rimane il nodo dei circa 500 mila migranti irregolari presenti sul territorio. Salvini ha due progetti: rimandarne a casa il maggior numero possibile e limitare la libera circolazione dei richiedenti asilo, provando a imitare la Francia con l’istituzione dei paesi sicuri dove rispedire quelli in arrivo. Tutto questo potrebbe avvenire senza neppure esaminare le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato. Una misura di non facile applicazione perché, spesso, chi sbarca non ha con sé documenti di identità. E questo rende impossibile accertare quali sia il paese di origine.

Attualmente in Italia sono 170 mila i migranti ospiti nel sistema, imposto su una rete di accoglienza diffusa e senza grandi strutture. Il contratto Lega-5 stelle prevede che ogni regione abbia un centro di permanenza per il rimpatrio (cosa peraltro già prevista nel decreto Minniti del 2017). Al momento sono solo 5 quelli attivi per alcune centinaia di unità contro le 1600 previste.

Nella serata di ieri, la formazione del Governo ha subito l’ennesimo intoppo. Ma il destino di Salvini al Viminale, sempre che non si torni al voto, sembra ormai assegnato. E lui lo vive come una cosa fatta. Tanto che due giorni fa ha avuto un colloquio riservato con il capo della polizia Franco Gabrielli. Un’ora di dialogo per scambiare informazioni e per capire quale sia lo stato della sicurezza in Italia. Non soltanto per quanto riguarda la minaccia del terrorismo internazionale che incombe su tutti i paesi dell’Occidente, ma anche per le questioni legate al disagio sociale e all’eventuale ripresa dell’eversione interna. Il prefetto ha chiarito che la linea da seguire è quella imposta dalla legge e ha delineato il quadro generale.

LEGGE SULLE ARMI
Tra gli altri cavalli di battaglia di Salvini, sui quali intende mettere mano, c’è anche una modifica della legge sulle armi e sulla legittima difesa. Una proposta sull’uso in caso di furti in appartamento o negli esercizi commerciali, che era stata presentata dalla Lega già nella scorsa legislatura. Prevede la difesa armata in caso di violazione di domicilio e della proprietà privata compreso un inasprimento delle pene per i furti in appartamento, le rapine e gli scippi. Il nuovo esecutivo dovrebbe rivedere anche i benefici di legge previsti per i detenuti che abbiano scontato una parte della pena. E ancora in cantiere, l’abolizione del concetto di “tenuità del fatto”.
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