Michele Riondino: «Io, il “madrino” che a teatro sarà il Diavolo»

Michele Riondino
di Gloria Satta
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Mercoledì 22 Agosto 2018, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 27 Agosto, 10:19
Prima curiosità: si sente un padrino o un madrino? «Ridendo e scherzando preferisco essere definito madrino. Ma tornando seri, a Venezia farò il cerimoniere. Aprirò e chiuderò la Mostra facendo attenzione che tutto sia in ordine: luce spenta, gas chiuso...». È di ottimo umore Michele Riondino, attualmente impegnato nelle prove dello spettacolo Il maestro e Margherita (debutto il 9 settembre al Teatro Cucinelli di Solomeo). Dal 29 settembre, lo smoking d’ordinanza, l’attore tarantino, 39 anni, una figlia di 4 e una carriera prodigiosa spalmata tra cinema (Il passato è una terra straniera, Dieci inverni, Falchi), teatro e televisione (Il giovane Montalbano), sarà al Lido: secondo maschio, dopo Alessandro Borghi, scelto per interrompere una storia settantennale popolata di madrine che spesso erano presenze decorative e niente più.

Si sente protagonista di una piccola rivoluzione?
«Mi piace pensare che lo sia. È comunque un tentativo di cambiare gli sterotipi di genere che esistono anche nel cinema dov’è raro trovare un operatore donna o un segretario di edizione maschio. Anche la presenza di un cerimoniere al Lido può contribuire a cambiare le cose».

Con che stato d’animo si prepara al compito?
«Sono molto contento. A Venezia ho accompagnato diversi film come Dieci Inverni, Il giovane favoloso, Qualche nuvola, La ragazza del mondo. Mi sento a casa. E ho già scritto il discorso dell’inaugurazione».

Parlerà solo di cinema o farà riferimento all’attualità?
«Spiegherò come il cinema entra nella mia vita. Dirò quanto è importante il mio lavoro: mi ha insegnato la disciplina, indispensabile a un attore per riproporre la realtà. Il mio discorso sarà un contributo alla celebrazione del cinema».

Cos’ha in comune con Borghi?
«L’esperienza di cerimoniere a Venezia. E una bella amicizia, nata quando lo applaudii nel film Non essere cattivo».

Che effetto le fa pensare che per un lungo periodo, successivo al Sessantotto, a Venezia premi e smoking vennero aboliti?
«A me le contestazioni piacciono tutte. Soprattutto quando hanno risonanza nella vita sociale e lasciano il segno nel tempo. Alcune vengono invece represse: penso alla mia città, Taranto, dove le proteste contro la raffineria finiscono puntalmente insabbiate e i cittadini non possono esprimere le loro ragioni. Proprio oggi mi hanno avvertito che, in seguito a una tempesta, una nuova fuga di gas ha invaso la città. E continuano a dire che non c’è pericolo per la salute...».

Non riesce proprio a dimenticare l’impegno civile?
«Sono un cittadino prima che un attore. A Taranto ho i genitori, i fratelli, i nipoti ma anche se fossero altrove serei legato a quel territorio bellissimo e maledetto in cui la politica, ripiegata sugli interessi economici, non può che vedermi parte attiva nella contestazione».

Ha qualche progetto nel cinema?
«Girerò il secondo film di Marco Danieli: un musical, ancora senza titolo, che racconta la storia d’amore tra me e Laura Chiatti, scandita dalle canzoni di Lucio Battisti».

Cosa l’ha convinta a girare questo film?
«Il gusto della sfida. Accetto solo i progetti difficili, rischiosi e l’idea di cantare lo era un bel po’».

In teatro invece farà Woland, il diavolo...
«Altra bellissima sfida. Il testo di Michail Bulgakov, messo in scena da Andrea Baracco, sta crescendo giorno dopo giorno. Il teatro è bello perché in sala prove può succedere di tutto e devi rimetterti in discussione».

Cosa pensa dello scandalo delle molestie?
«Il mondo dello spettacolo ha perso un’occasione: non è riuscito a far capire che il problema è universale e riguarda qualunque ambiente di lavoro. Finché si parla solo del cinema, qualcuno può pensare che si denunciano le molestie per ottenere pubblicità. Oggi si discute se Asia Argento debba o non debba fare X Factor, mentre gli abusi sono una piaga che riguarda tutte le donne che lavorano».

Crede che Asia abbia davvero molestato un minorenne?
«Non ho gli strumenti per capire se abbia detto la verità. Comunque un singolo episodio non toglie gravità al problema generale degli abusi sessuali».

Si sente cambiato oggi che va verso i 40?
«Non sono lo stesso di dieci o vent’anni fa. Ma non è l’età anagrafica a preoccuparmi. Voglio continuare ad avere l’energia che mi permette di alzarmi e sentirmi vivo».

Che papà pensa di essere per la piccola Frida?
«Un papà molto in ascolto ma purtroppo un po’ assente per lavoro. Lei mi raggiunge ogni volta che può con la mamma. Oggi l’ho portata a visitare l’Accademia d’Arte Drammatica dove ho studiato. È stato bello».

Serie o film in sala?
«Non ero un tipo da serie ma lo sono diventato. Il racconto a puntate non sta ammazzando il cinema, rappresenta un altro formato. E quello dei film non tollera interruzioni».

Ha un sogno?
«Vorrei avere il tempo un lunghissimo viaggio. Zaino in spalla, in giro per il mondo. Conto di farlo presto».
 
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