«La rabbia per la madre perduta», Marco Bellocchio presenta “Fai bei sogni”, film tratto dal best seller di Gramellini

«La rabbia per la madre perduta», Marco Bellocchio presenta “Fai bei sogni”, film tratto dal best seller di Gramellini
di Gloria Satta
3 Minuti di Lettura
Martedì 8 Novembre 2016, 00:45 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 18:21
Il forte legame tra una madre e un figlio, il dolore e la rabbia di un’assenza, la forza di ricominciare grazie all’amore. Un best seller da un milione e 350mila copie e un maestro dietro la cinepresa: arriva in sala dopodomani con 01 Fai bei sogni, il film di Marco Bellocchio ispirato all’omonimo e autobiografico romanzo di Massimo Gramellini (Longanesi). Con Valerio Mastandrea, Bérénice Bejo, Barbara Ronchi e Guido Caprino, il regista porta sullo schermo la vicenda di un giornalista famoso che vive nel ricordo doloroso della morte della mamma, avvenuta quand’era un bambino: un mistero che l’uomo, una volta adulto, decide di scoprire, per ricominciare a vivere.

«Il punto di partenza di Fai bei sogni», spiega Bellocchio che presto girerà un film sul pentito di mafia Tommaso Buscetta, «è l’amore tra una madre e suo figlio, un sentimento che io non ho mai conosciuto, e perciò mi sono riempito di rabbia. Ma mi sono immedesimato nella storia di Gramellini».

E’ per questo che ha deciso di ricavare un film dal suo romanzo?
«La proposta è venuta dal produttore Beppe Caschetto. Immediatamente sono rimasto colpito dal dolore del protagonista del libro: a nove anni perde la mamma adorata, esprime la sua ribellione e poi finisce per adattarsi a quella perdita incomprensibile. Ho visto in questo dramma qualcosa che mi appartiene».

Che cosa?
«La tragedia dell’indifferenza, l’anaffettività che serve al protagonista per difendersi da un dolore insopportabile. E mi pareva interessante il ruolo che nella storia ha la televisione, all’epoca unicamente Rai: racconta l’Italia degli anni Sessanta».

Portare sullo schermo una vicenda intima e reale è un’impresa non facile: si è confrontato con Gramellini?
«Certo, ed è stato utilissimo. Mi ha fornito chiarimenti su alcuni passaggi del romanzo, aiutandomi a renderli cinematografici. Ma anche se il film è fedele al libro, mi sono concesso qualche tradimento. A un regista è permesso».

Come mai ha scelto Mastandrea?
«Ha superato brillantemente il provino. Al di là della sua romanità, mi è sembrato l’attore più giusto per il ruolo. Mi hanno convinto la sua discrezione e il suo sguardo velato di tristezza, come se nascondesse una ferita».

Ancora, in un suo film, è centrale la figura della madre: si può dire che Fai bei sogni è speculare alla sua opera prima I pugni in tasca?
«Penso di sì, i due film descrivono due estremi: il protagonista di I pugni in tasca odia la mamma al punto di gettarla in un burrone, mentre il personaggio centrale di Fai bei sogni la adora e soffre tanto per la sua assenza».

E’ difficile dirigere un dramma che parla di sentimenti forti, assoluti, nell’Italia delle mille commedie?
«Non ho intenzione di sfidare i film leggeri, mi auguro soltanto che la gente vada a vedere il mio. Mi dicono i distributori che le commedie stanno segnando il passo, io non sono un esperto di marketing ma so per certo che esiste un pubblico affamato di buone storie».

Pensa che la nuova legge possa aiutare il cinema italiano a diversificarsi?
«Il nostro settore è ottimista e ha bene accolto la riforma. Io forse avverto il rischio che il suo automatismo finisca per favorire i gruppi più potenti. Ma siamo in Italia e sono sicuro che si troverà un compromesso perché anche i più piccoli abbiano spazio».

Quando comincerà il film su Buscetta?
«Appena avrò finito la promozione di Fai bei sogni. Il mio nuovo film s’intitolerà Il traditore. Tradire non sempre è un’infamia, a volte può essere una scelta eroica».

Rispetto a 30 anni fa, è cambiato il suo modo di fare cinema?
«Non credo proprio. Si sono trasformate le tecniche ma mi piace ancora fare il mio mestiere, continuo a essere molto coinvolto nei progetti».

Cosa insegna agli studenti che frequentano i suoi corsi di cinema a Bobbio?
«Non salgo in cattedra. Cerco semmai di scoraggiarli. Alcuni non hanno idea di cosa significhi fare il regista. E’ un lavoro serio, profondo, durissimo. Non per tutti. Ed è bene saperlo per tempo».
 
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