Manovra, il sottosegretario Siri: «Meglio sforare i parametri per crescita e meno tasse»

Manovra, il sottosegretario Siri: «Meglio sforare i parametri per crescita e meno tasse»
di Umberto Mancini
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Mercoledì 24 Ottobre 2018, 00:24 - Ultimo aggiornamento: 07:41
«Nessuna inversione a U sulla manovra, nessuno stravolgimento e nessun dietrofront. L’Europa piuttosto ci deve ascoltare, approfondendo i contenuti delle misure che abbiamo varato e che sono il frutto di una politica economica profondamente diversa rispetto al passato». Va dritto al punto Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture e consigliere economico di Matteo Salvini. Evita accuratamente di entrare in polemica con i commissari Valdis Dombroskis e Pierre Moscovici che in una affollata conferenza stampa hanno bocciato lo sforamento del deficit a quota 2,4%, accusando l’Italia di voler danneggiare tutta l’Europa, mettendo a rischio l’architettura stessa della moneta unica.

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«La manovra italiana crea danni a tutti, viola le regole, è inaccettabile» ha tuonato Dombrovskis, rispendendo al mittente la lettera del governo con il documento programmatico di bilancio. Come pensate di rispondere?
«Prima di tutto l’approfondimento dei contenuti della manovra non può essere limitato ad un mero scambio di lettere tra noi e Bruxelles. Serve un confronto dialettico punto per punto. Di certo questa manovra non può essere considerata scassa-conti. Anzi».

Vuole dire che potevate spingervi anche oltre il 2,4%?
«Credo, ma è una mia opinione, che la manovra poteva essere ancora più coraggiosa. Avrei osato di più per abbassare la pressione fiscale. Meno tasse per sviluppare la crescita, per dare uno choc all’economia, per creare lavoro. Tuttavia per essere responsabili abbiamo deciso di restare dentro il 2,4%, riducendolo progressivamente nel triennio».

Ma per Bruxelles si tratta di uno sforamento inaccettabile.
Va chiarito che lo sforamento è molto modesto: solo lo 0,5% del deficit perché in realtà avevamo già una previsione dello 0,8% che è salita all’1,2% perché la crescita stimata dai governi Renzi e Gentiloni non c’è stata. Una dato che la Ue deve considerare e al quale si aggiunge un altro fatto. E cioè che nella legge di bilancio abbiamo assorbito i 13 miliardi per le clausole di salvaguardia, che valgono uno 0,7%. Insomma, siamo arrivati a quota 1,9% senza avere fatto nulla».

Tirando le somme, voi avete aggiunto soltanto lo 0,5% sul fronte del deficit?
«Sì. Un margine davvero piccolo che, credo, Bruxelles debba prendere nella giusta considerazione. Valutando con attenzione gli sforzi che l’esecutivo intende fare per dare impulso alla crescita e all’occupazione».
Moscovici vi accusa di voler sfasciare i conti, di caricare le giovani generazioni di debiti...
«Guardi la narrazione del governo giallo-verde sconquassa conti non è veritiera. E lo faremo capire a Bruxelles».

Avete tre settimane di tempo per spiegare ed evitare guai peggiori con l’avvio della procedura d’infrazione.
«Il tempo c’è. In queste tre settimane ci saranno incontri fruttuosi e utili per un chiarimento definitivo. Del resto se l’Italia non cresce non ci sarà nessuna speranza di assorbire il debito. Per questo dobbiamo cambiare passo rispetto al passato. Le politiche di austerity dei governi precedenti non hanno portato benefici sui conti pubblici, sul fronte del debiti, sull’occupazione. Anzi, hanno fatto danni».

Come vi muoverete?
«Il governo, come lei sa, prenderà le iniziative opportune ai massimi livelli. Mi lasci dire però che quello che hanno detto Moscovici e Dombroskis è ingeneroso. L’Italia è sempre stata tra i pochi Paesi della Ue a mantenere fede alle regole sul rapporto deficit-pil. La Francia per 10 anni ha sforato il tetto e non c’è stato nessun crollo della Ue, nessuna sanzione, nessun allarme».

Ma la Francia non ha il fardello del nostro debito pubblico?
«Vero. Ma lo stato di salute di un paese non si misura solo col il debito. I francesi, tanto per restare in tema, hanno un livello di indebitamento delle famiglie superiore al nostro. Noi possiamo contare su un patrimonio immobiliare di gran lunga maggiore e su una ricchezza privata solida. Parigi anche se aspira ad esserlo non è la seconda manifattura europea o la seconda industria cantieristica mondiale».

Insomma, non intendete fare alcuna retromarcia sui conti.
«Una inversione a U non è in agenda. Il popolo italiano si aspetta dal governo coerenza, un cambiamento vero. E noi non possiamo tradire le aspettative o fare dietro front. Siamo comunque per il dialogo a patto che sia senza pregiudiziali. Comunque non ci saranno stravolgimenti».

E se lo spread ci mettesse sotto pressione, magari dopo il taglio del rating che potrebbe arrivare anche da Standard & Poor’s venerdì prossimo?
«Valuteremo con calma. Lo spread è come la pressione del sangue: se la misuri dopo una corsa o una litigata è alta ma non per questo devi correre subito all’ospedale. Monitoriamo la situazione, sono convinto che i parametri torneranno entro i limiti».
Potrebbero esserci slittamenti per “quota 100” o per il reddito di cittadinanza?
«Si potrà usare qualche margine. Ma la sostanza non cambierà di una virgola».
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