ISMAEL
Mahmoud ci tiene a distinguere tra i fratelli Abedi. «Ismael era una persona normale, coinvolto nel volontariato», spiega Mahmoud.
Attualmente sotto torchio da parte della polizia, Ismael ha completato gli studi in informatica, era residente in città ed era frequentatore assiduo della moschea, dove gestiva i computer dell’ufficio e aiutava con i corsi sul Corano. Salman, le cui rare visite in moschea erano state notate da pochi, era invece taciturno e quasi mai presente. «Abbiamo sentito che faceva la spola con la Libia, ma a noi risulta che fosse di pianta stabile lì», continua Mahmoud, notando che l’attentatore dell’Arena fosse incline alla radicalizzazione. Il sospetto, ventilato a voce bassa, è che Salman avesse scelto la via del non ritorno in Libia, forse in collusione con i familiari di stanza nel Nord Africa. Tocca ora agli inquirenti confermare questa ricostruzione dei fatti. Per il momento, i fedeli che escono silenziosamente dalla Didsbury mosque alimentano la speranza che il tetro legame tra il loro luogo di culto e l’eccidio della Manchester Arena sia limitato a un singolo, anomalo visitatore.
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