Lupi ad Incalza: «Ti mando mio figlio, dagli
consulenze e suggerimenti»

Lupi ad Incalza: «Ti mando mio figlio, dagli consulenze e suggerimenti»
di Valentina Errante e Cristiana Magani
5 Minuti di Lettura
Giovedì 19 Marzo 2015, 23:48 - Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 00:19
Alla richiesta di Maurizio Lupi, in cerca di «consulenze e suggerimenti» per il suo rampollo neolaureato, Ercole Incalza, intercettato dai carabinieri del Ros, aveva risposto «puoi farlo venire quando vuoi». Poi era partita la catena delle richieste, fino all’incarico all’Eni, tramite Stefano Perotti, e i favori erano arrivati anche oltreoceano per trovare sistemazione al ragazzo a New York. Ma oltre agli ”affari” personali Incalza al ministero delle Infrastutture agiva da numero uno. Decideva. Le carte dei pm fiorentini, che lo hanno arrestato lunedì per corruzione, descrivono la posizione subalterna di Lupi rispetto al funzionario. E, tra Rolex, abiti confezionati su misura, viaggi e regali, ci sono anche le calamità naturali, con la netta presa di posizione, di Incalza contro l’ipotesi di destinare una parte dei soldi del ”Terzo valico” agli alluvionati della Liguria. O contro la scelta di stornare alla Cultura il 3 per cento del finanziamento della legge Obiettivo per le grandi opere.



GLI ALLUVIONATI

E’ il 17 novembre 2014, il Ros intercetta una telefonata tra Lupi e Incalza. Si legge in un’informativa: «Incalza manifesta la sua preoccupazione per la proposta di alcuni parlamentari ”di togliere i soldi per il terzo valico” per destinarli al ripristino urgente delle opere danneggiate dalle alluvioni in Liguria. Il ministro lo rassicura dicendogli che anche lui è contrario a tale proposta». Alla fine gli aiuti per le vittime dell’alluvione non arrivano. Va più o meno alla stessa maniera con il decreto Franceschini, che prevede uno spostamento di risorse finanziarie dal capitolo riferito Legge obiettivo (grandi opere) a quello per la Cultura. Scrivono i carabinieri: «Incalza è in grado di porre veti per lo spostamento di risorse dalle Infrastrutture alla Cultura».



MI HAI ABBANDONATO?

Il 17 febbraio 2014 quando Lupi chiama Incalza: «Ma mi hai abbandonato?» Incalza ride: «Io sto qua... abbandonato?». Il ministro ribatte: «Dovendo prendere delle decisioni importanti nella mia vita... se tu mi abbandoni io le prendo senza sentire». E Incalza: «Ma ti hanno dato il programma? Chi l'ha fatto il programma? C’abbiamo tutti i provvedimenti pronti anche...io penso che fin quando non c'è certezza converrebbe non salire su questo Governo». E Lupi: «Io sono dubbioso veramente, o mi rifaccio il partito oppure di rimanere dentro con questo pazzo oppure no? e rimanere a fare che cosa?».



«Con noi ci ha provato, io gli ho tenuto botta pesantemente ma in quel caso lì era Lupi che insisteva, capisci?». Così l'ex dg della metropolitana di Milano, Giuseppe Cozza, racconta al telefono a Giulio Burchi, indagato nell’inchiesta, come fu costretto «a subire le pressioni» del ministro per far avere degli incarichi a Francesco Cavallo e Stefano Perotti, entrambi in carcere. Era il 3 marzo. Burchi avvisa Cozza di aver incontrato un giornalista di Report, che potrebbe chiamarlo «per chiederti vecchie robe della MM» ma Cozza risponde che non ha intenzione di parlare con i giornalisti. «Verrà fuori la notizia dell'assunzione del figlio di Lupi: Sono arrivati a mettere la mani su questa roba qui?» E Burchi «Sta venendo fuori - dice infatti - il figlio si chiama Luca Lupi e lavora con Perotti, è addirittura assunto».



ALTRI OMAGGI

La "lupeide" continua tra regali e favori, tra attenzioni per il ministro, ma anche per la sua prole. È venerdì 18 aprile quando Marcello Di Caterina, della sua segreteria, chiede a Franco Cavallo di far avvicinare il sarto Vincenzo Barbato alla sede del partito in via in Arcione. Ci sono da prendere le misure per l’abito di Luca Lupi. Di Caterina è in grande confidenza con Cavallo: «Senti, merda, noi abbiamo qua il ministro, scusa, ho sbagliato, il ministro junior, deve misurare un vestito, cazzo! E lo fai venire al partito, lo vede qua, al nostro partito, piuttosto che far venire lui là. Questo mi ha chiesto Maurizio di dirti, via in Arcione cazzo qua». La pantomima continua, Cavallo chiama Marzo Lezzi per chiedergli di portare da lui il sarto: «fammi questo favore, se no non ne usciamo». Lo stesso sarto, poi, consegnerà al papà ministro un altro abito, regalo dell'ingegnere Stefano Perotti. Tra gli omaggi anche il «bel regalo» che la moglie di Stefano Perotti dice di avere ciomprato per il compleanno della moglie di Lupi.



I VOTI

Ma sono anche altri favori di cui può disporre Lupi. In ballo ci sono le elezioni europee ecco scendere monsignor Gioia, lo stesso che aveva chiesto a Ercole Incalza un posto di lavoro per il nipote. In un'intercettazione telefonica tra Perotti e l'alto prelato, lingegnere dice che intende parlargli di «un interessante incontro» che ha avuto con una persona molto seria. Il monsignore è d'accordo, ma aggiunge: «Sì, ma non per telefono, attento per telefono». Scrivono i carabinieri: «Perotti recepisce subito la prudente indicazione del suo interlocutore». E dice: «No, no, infatti, poi te lo racconto, è una persona molto seria per cui ti voglio chiedere qualche consiglio. Il prelato spiega che è sceso in campo e da Cavallo si è fatto portare il ”materiale” elettorale: «Ho visto Franco ho preso materiale già nell'ambito dei miei nipoti, 21 li ho trovati. Però bisogna darsi da fare, almeno dimostrare. Poi non ci riusciremo, ma dobbiamo dare un feedback, sono venute delle suore, la madre generale di alcune suore a me molto devote, che aiuto nel mio piccolo, quello che posso fare. loro c'hanno su Francavilla, su Alberobello, abbiamo due ricoveri di anziani. Qualcuno forse sarà pilotato fra i parenti, qui a Roma abbiamo delle scuole...e quindi le ho fatte venire apposta». Del suo interessamento è a conoscenza il ministro. Qualche giorno dopo infatti Perotti chiama il prelato: «Ti volevo dire che ieri ho visto Maurizio, gli ho detto che tu lo ringrazi tantissimo e mi ha detto che è ben felice di essere stato di aiuto e ha aggiunto: "mi raccomando monsignore, si ricordi quando ci sarà la battaglia elettorale di stare con noi e non stare con gli altri”».



LA CENA

C’è poi una cena, a Bari. A gestirla è Salvatore Menolascina, della coop La Cascina, già lambito dall'inchiesta su Mafia Capitale. E’ Cavallo a passare il telefono a Menolascina. «Maurizio», e Lupi: «Voi terroni siete una roba drammatica, allora, la facciamo al Palace d'accordo?». L’imprenditore è d’accordo: «Però ti volevo dire questo. Noi 10 minuti facciamo quell'incontro che avevamo detto, con te, io te e poi facciamo una cena anche un po' più allargata? Viene don Mario vengono, ti volevamo chiedere, vogliamo far venire anche qualcun altro del mondo nostro e anche qualcun altro non del mondo nostro che vorrebbe stare, i due rettori li facciam venire a cena? Allarghiamo un po' diceva Domenico (Viola ndr) che dici? però l'importante che noi 10 minuti prima. Facciamo Schifani, c'è anche Schifani sì».



Menolascina chiede se l’ex presidente del Senato dormirà al Palace e Lupi aggiunge: «Non possiamo non invitare anche Cassano...di noi c'è io Quaglierello, Angelino, Schifani, Cassano. Invita anche i due rettori». Poi aggiunge: «Noi vogliamo che ci diate tutti una mano». E Lupi: «Sì stai attento che poi sono amici di Fitto». Il giorno dopo, Cavallo racconta che l’incontro ristretto è avvenuto: «E’ andata molto bene, alla fine l'abbiamo fatta in cinque», Lupi, Schifani, Meolascina e un altro soggetto». E tra i contatti spunta anche una cordiale conversazione tra Lupi e Salvatore Di Ganci fratello di Vittorio, detto 'Er Nascà, al quale faceva capo un giro di estorsioni a Roma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA