L’Italia a due velocità: al Sud tempi doppi per le visite in ospedale

L’Italia a due velocità: al Sud tempi doppi per le visite in ospedale
di Mauro Evangelisti
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Sabato 16 Giugno 2018, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 18 Giugno, 22:45
Il ministro della Salute, Giulia Grillo, chiede a tutte le regioni un report entro 15 giorni sulle liste di attesa. Come mai parte proprio da questa piaga? Se sei nato in una regione del Centro Sud rischi di aspettare anche il doppio dei giorni rispetto a un paziente che vive in Emilia-Romagna, Trentino, Veneto e Lombardia. Se sei disposto a pagare, anzi se te lo puoi permettere, gli appuntamenti per quelle visite o quegli esami, consigliati dal medico, potrai ottenerli rapidamente, altrimenti sei condannato ad attendere. Proprio l’altro giorno un medico di base di Roma ha prescritto una ecografia tiroidea, serviva per una visita di controllo e correttamente non ha indicato che era urgente. Tempo di attesa? Un anno. Altra prestazione, ecografia all’addome: 8 mesi. E il Lazio è comunque una delle regioni dove un timido miglioramento c’è stato, anche se il problema è ancora molto serio.

Ma c’è un altro macigno quando si tenta di impostare una politica di lotta alle liste di attesa su scala nazionale: ogni regione è una repubblica indipendente, usa criteri diversi, significa che non ci sono dati oggettivi e omogenei, per cui i raffronti rischiano di essere inefficaci, così come le cure ipotizzate al grande male della sanità italiana. 

LA CIRCOLARE
Il nuovo ministro della Salute, Giulia Grillo, dopo il suo insediamento aveva spiegato che la riduzione delle liste di attesa è una priorità e ieri ha annunciato il primo provvedimento: una circolare alle Regioni per chiedere informazioni dettagliate di ogni singola struttura sanitaria in vista della messa a punto del Piano nazionale per il governo delle liste d’attesa. E qui si scontrerà con il problema di cui sopra: non sempre i dati sono confrontabili. Spiega Giulia Grillo: «Basta con la vergogna di ottenere una mammografia dopo 13 mesi, di aspettare fino a un anno una colonscopia, una visita oncologica o neurologica, salvo pagare di tasca propria, impoverirsi sempre di più e far fare gli affari ai privati. Cercheremo di adottare un’adeguata strategia di cambiamento per debellare un fenomeno odioso, che mina l’equità, l’uniformità di trattamento sanitario in tutta Italia, che fa carta straccia della trasparenza, dell’informazione ai cittadini e che in sostanza mina alla radice l’universalità del Servizio sanitario pubblico». 

Fin qui l’annuncio. Ma cosa dicono le ultime ricerche disponibili? La più completa e recente è stata realizzata da Crea (Consorzio per la ricerca economica applicata in sanità) per conto della Cgil e ha analizzato i dati 2017 di quattro regioni: Lombardia, Lazio, Veneto e Campania. Primo elemento: almeno otto famiglie su dieci hanno pagato alcune prestazioni sanitarie e il 37% ha speso oltre 600 euro in un anno. Per quanto riguarda i tempi medi di attesa, si scopre che la prestazione per la quale bisogna aspettare più tempo è la colonscopia, con una media di 96 giorni. Per una visita oculistica l’attesa è di 86 giorni, in peggioramento rispetto a due anni prima. Tempi invece drasticamente ridotti pagando (o dal privato o in intramoenia). Per la colonscopia, ad esempio, i giorni di attesa sono tra i 6 e i 10. Nel confronto tra le quattro regioni il Lazio è quello maggiormente in sofferenza: ecotiroide tempo medio 123 giorni, in Veneto 35. Ecco le due Italie. La Campania in alcune prestazioni va bene, ma in altre perde il raffronto con il nord: visita oculistica 101 giorni, in Veneto 58. Un esperto che per anni ha lavorato sulle politiche sanitarie confida: tra nord e centro-sud su questo tema c’è un divario significativo. 

Quali sono state le reazioni alla richiesta della ministra Grillo di fornire i numeri? In Emilia-Romagna rivendicano il loro modello. Spiega il presidente della Regione, Stefano Bonaccini: «Siamo pronti a fornirli. L’Emilia-Romagna garantisce, nel 98% dei casi, le prestazioni di prima fascia entro i tempi previsti dalla normativa nazionale, entro i primi trenta o sessanta giorni dalla richiesta, a seconda dei casi».

RISORSE SCARSE
Dal Lazio l’assessore regionale alla Salute, Alessio D’Amato, che l’altro giorno ha presentato il sito in cui vengono messi on line tutti i dati sulle liste di attesa, avverte che c’è anche un problema di risorse: «Offriamo la nostra collaborazione al neo Ministro della Salute, che incontreremo la prossima settimana. Segnalo tuttavia l’esigenza di aumentare le risorse a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale che rischia di scendere al di sotto del 6,5% del Pil». Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale del Malato, mette in guardia rispetto alle distorsioni del sistema: «Le liste di attesa sono il principale problema segnalato dai cittadini che si rivolgono alla nostra organizzazione, è importante l’attenzione all’intramoenia perché, oltre ad essere controllata e verificata molto poco dalle Regioni, viene prospettata ai cittadini non come un’opportunità per la libera scelta del medico, quanto come scelta obbligata e costosa per aggirare le liste». Conclude Pier Luigi Bartoletti, segretario di Finmg, i medici di base del Lazio: «Serve una modifica strutturale del sistema, altrimenti continueremo sempre a parlare di record di attese, senza trovare una soluzione». 
 
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