I dati dicono che il rapporto si è frammentato. Va benino un po’ a sorpresa Quinta Colonna di Paolo Del Debbio che ogni lunedì su Rete4 in prima serata mette insieme 1 milione mezzo di spettatori con uno share del 6.50% e una media stagionale del 5.25%. E avanza su Rai2 Virus di Nicola Porro che deve vedersela contro Santoro e aumenta gli ascolti rispetto allo scorso anno facendo breccia nel pubblico giovanile, pur avendo dovuto scontare a gennaio diversi slittamenti in seconda serata causa partite di calcio. Ma se in generale confrontiamo l’audience di oggi già due anni fa la stanchezza è prevalente. Il politico che mette in scena se stesso non funziona più?
Giancarlo Leone, direttore di Ra1 spiega: «La crisi della politica e della formula in effetti coincidono è vero. Va detto però che i talk si sono triplicati, la concorrenza è aumentata e la torta è rimasta la stessa. Rispetto a quello che sta succedendo altrove - prosegue Leone - Rai1 va in controtendenza. L’ascolto medio da settembre a oggi di Porta a Porta, che per noi è l’eccellenza, si è stabilizzato intorno al 13,5% crescendo di mezzo punto rispetto a un anno fa. Vespa ha saputo cambiare format e impaginazione. Porta a Porta è un rotocalco che parla di politica ma e di altri argomenti di cronaca e costume». Il talk che cambia pelle è la direzione in cui sembra proiettato anche Luca Telese, conduttore di Matrix su Canale 5. Fuga dalla politica verso il noir? L’omicidio di Yara o la strage dell’Airbus per non precipitare.
Allo sfratto esecutivo resistono solo le «facce che bucano lo schermo». Sempre meno: Renzi, Berlusconi, Salvini, Santanché, Meloni, Moretti, Cacciari, Cantone, Scanzi, la new entry Silvia Sardone e pochi altri. Un assist all’audience (più che alla par condicio) per evitare scivolamenti negli ascolti. «Vespa tiene? Non mi sembra un esempio calzante - obietta però Angelo Guglielmi, ex storico direttore di Rai3 - ha un pubblico affezionato e ha acquistato una sua ufficialità. Non è un caso se il ministro Lupi decide di andare lì prima ancora che al Consiglio dei ministri».
Per Guglielmi la crisi è evidente. «Sono tutti uguali, vedi Ballarò e ti sembra di vedere DiMartedì. Un chiacchierificio disordinato che aumenterà il tasso di disaffezione e insoddisfazione dalla politica». Santoro sembra provato, si sta annoiando e si vede. «Eppure Servizio pubblico è l’unico che continua a interessarmi anche se ha perduto l’ascolto - riprende Guglielmi - è tornato all’inchiesta fatta secondo i canoni e il linguaggio giusto: mette in scena un tema principale e va fino in fondo».
IL SORPASSO
Il futuro dei talk show secondo Guglielmi? «Lo vedo nerissimo, se non cambiano. Ballarò e DiMartedì sono la stessa cosa. Speravo che Massimo Giannini ne approfittasse per reimpostarsi in modo diverso, desse una sua impronta. È un bravissimo giornalista ma la tv ha pubblico diverso dai giornali mentre Floris è nato in Rai». Il primo sommato al secondo fanno lo share del Ballarò di un anno fa, anche se il trend di Floris nelle ultime puntate è in salita con il record personale del 6,12%. Negli ascolti di rete Rai 2 è tornata intanto sopra Rai3; in prima serata Canale 5 sfiora il 18% e insidia Rai1 e nelle 24 ore i canali Sky sfiorano il 5%, La7 è al 3,6%. I talk show fanno storia a sé. Santoro, Giannini, Floris, Formigli, Telese, Del Debbio, Porro, Paragone... Colpiti dall’anatema di Beppe Grillo che assimila al Palazzo e li evita come la peste?
«Per me sono e restano un genere nobile - si erge a difesa del genere talk Andrea Vianello, direttore di Rai3 - e credo che continueranno a esserci ancora a lungo. Più che di stanchezza parlerei di moltiplicazione». L’inflazione del format ha creato assuefazione. Ma se per La7 il pareggio tra Floris (5,22% di share medio negli ultimi tre mesi) e Giannini può considerarsi un successo la stessa cosa non può dirsi per Ballarò che ai bei tempi faceva da solo il 12% di share. Vianello non è d’accordo: «Diciamo che La7 ho vinto questa partita del martedì una volta e noi 27 - è la sua tesi - non era scontato.
Loro hanno preso Floris, un grande professionista, perché volevano vincere. E in aggiunta hanno preso anche Crozza, un campione. Con questi due additivi formidabili l’operazione editoriale di Cairo era pensata per batterci. Ma non è andata così. La forza del brand e del programma hanno fatto sì che Ballarò restasse il salotto più autorevole in cui si parla di politica ed economia».
Per la fascia estiva è pronto a scendere in campo l’ex direttore de Il Sole24 ore Gianni Riotta.
Le grandi manovre sono cominciate. «Ci siederemo intorno a un tavolo con Giannini e con gli autori e ci ragioneremo sopra - conclude Vianello - i cambiamenti se ci saranno non lo snatureranno. Ballarò resterà sempre Ballarò».
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