Jessica Pratt, protagonista dell'opera di Donizetti: «Io, Linda salvata dall’amore»

Jessica Pratt, protagonista dell'opera di Donizetti: «Io, Linda salvata dall’amore»
di Luca Della Libera
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Venerdì 10 Giugno 2016, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 11 Giugno, 09:50
Linda è insidiata dalle profferte del marchese di Boisfleury, ma ama Carlo, il nipote. Lei scappa a Parigi, scopre che Carlo si è sposato, e impazzisce. In realtà Carlo ha rifiutato le nozze impostegli dalla madre, per amore di Linda. I due si ritrovano e lei riacquista la ragione. “Linda di Chamounix” di Donizetti andrà in scena al Teatro dell’Opera dal 17 al 28 giugno diretta da Riccardo Frizza con la regia di Emilio Sagi, le scene di Daniel Bianco, i costumi di Pepa Ojanguren e le luci di Alberto Faura. Tra gli interpreti Ketevan Kemoklidzem, Ismael Jordi, Roberto de Candia, Bruno De Simone, Christian Van Horn, Caterina di Tonno e Saverio Fiore. Lo spettacolo è una coproduzione col Gran Teatre del Liceu di Barcellona. La protagonista è Jessica Pratt, australiana di nascita ma col cuore in Italia, considerata oggi una delle grandi interpreti del repertorio belcantistico, che torna a Roma dopo il grande successo dell’anno scorso nella “Lucia di Lammermoor”.

Che donna è Linda?
«Fragile, che subisce gli eventi - racconta Jessica Pratt durante le prove - in contrasto con Lucia, che impazzisce proprio perché non riesce a subire ed è molto forte. Linda impazzisce per la sua purezza, la sua è in realtà una profonda depressione, una malinconia».

C’è qualcosa di attuale in tutto questo?
«Io ho tante amiche che impazziscono per amore! So che succede anche agli uomini: l’amore tradito è una cosa sempre attuale. Amore, famiglia, onore sono cose che sono ancora presenti nella nostra società».

Nella sua vita le è successo qualcosa del genere?
«Noi artisti cerchiamo nella nostra vita degli spicchi d’ispirazione. Prendiamo una situazione piccola, la facciamo diventare grande e la portiamo sul palcoscenico».

C’è una relazione tra il suo personaggio e la sua vita?
«Sì, io ero molto innocente da ragazza, e avevo un’idea pura dell’amore, e ho passato dei momenti molto difficili, come molti giovani quando si innamorano la prima volta e poi vengono delusi».

Quando ha scoperto la sua voce?
«Non lo so: mio padre era un tenore, e da quando sono nata lui aveva deciso che sarei diventata un soprano».

Come l’ha presa?
«A me piaceva cantare, ma non volevo farlo come professione, preferivo lavorare con gli animali. Ho fatto uno stage come veterinaria, ma poi ho realizzato che dopo averli curati, li avrei dovuti restituire a persone che li trattavano male. Era meglio diventare cantante!».

Quando ha deciso che la musica sarebbe stata la sua vita?
«Da ragazza lavoravo come segretaria in un negozio a Sydney, e partecipai a un concorso di canto, dove arrivai seconda. Il giorno dopo, la mattina presto, mentre facevo le fotocopie in negozio, mi sono detta che sarebbe stato meglio decisamente cambiare mestiere».

Un sogno nel cassetto?
«Favorire l’empatia tra le persone, far capire che i nostri comportamenti hanno un effetto e una conseguenza sugli altri. Siamo sempre soli: anche al ristorante, tutti col telefono in mano. Amo il teatro, perché è rimasto uno dei pochi posti dove le persone respirano e si emozionano insieme».

Cosa consiglia a una studentessa che voglia fare il suo mestiere?
«La cosa più importante è essere felici con se stessi, a prescindere da quello che succede con la carriera. Iniziare è durissimo, ma occorre andare avanti a testa alta e lavorare su se stessi, senza farsi scoraggiare».

La musica è tutto nella sua vita?
«Quasi, c’è il mio fidanzato e gli animali: ho salvato molti randagi».

Perché ha scelto di vivere in Italia ?
«La bellezza qui è ovunque. Io canto soprattutto il repertorio belcantistico, e in Italia i musicisti l’hanno nel sangue».

Qual è il momento più emozionante che ha vissuto recentemente?
«Il giorno in cui, subito dopo una recita all’Arena di Verona, sono volata in Australia, e a distanza di poche ore ho abbracciato mio padre, appena operato per un tumore ai polmoni e tenuto in braccio mia nipote di soli cinque giorni: un contrasto fortissimo».

 
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