Francia, Casanova: «Bravo ad allargare lo spazio al centro. E al secondo turno potrà crescere ancora»

Francia, Casanova: «Bravo ad allargare lo spazio al centro. E al secondo turno potrà crescere ancora»
di Marina Valensise
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Lunedì 24 Aprile 2017, 00:05
Da liberale centrista, Jean-Claude Casanova, il direttore di “Commentaire”, la rivista dei seguaci di Raymond Aron, è contento dell’affermazione di Emmanuel Macron, che sin da ieri pomeriggio sembrava profilarsi con nettezza nei primi risultati del voto dei francesi.

Come spiega il successo del candidato indipendente?
«Macron è giovane, il che è un vantaggio in termini di rinnovamento, è intelligente e seducente, e ha avuto la fortuna di ritrovarsi cattivi candidati a destra e a sinistra, il che ha allargato lo spazio al centro. Ed è riuscito a riunire insieme il centro destra, il centro sinistra e il centro».

Una configurazione che non si vedeva da quarant’anni?
«Macron è riuscito in un’operazione già tentata con successo solo da Valery Giscard d’Estaing, ma fallita a Raymond Barre nel 1988, a Balladur nel 1995, e a François Bayrou. La sua vittoria rovescia una vecchia ipotesi generale e cioè che a fronte al dualismo destra-sinistra esiste il 30 per cento di voti difficile da conquistare, perché appartiene a elettori che non sono né di destra né di sinistra. Macron è riuscito a farlo».

In che misura il primo turno corona il successo di En Marche, il movimento fondato per ricomporre varie parti dell’opinione pubblica in una coalizione inedita?
«Macron è riuscito a riunire esponenti del centro sinistra, la frazione dei socialisti vicini a Hollande, come il ministro della Difesa Le Drian, il democristiani di François Bayrou, che gli ha portato almeno 4 punti in percentuale, e parte del centro destra. E’ riuscito nella così detta “concentrazione”, operazione molto difficile da realizzare alle presidenziali e ancor di più alle legislative. E ora annuncia una modifica della legge elettorale, per avere più presa sul parlamento».

Macron è favorevole al proporzionale? 
«Per le legislative di giugno spera nel movimento classico di conferma, dove il voto per le elezioni legislative convalida quello delle presidenziali, com’è successo nel 2007 per Sarkozy e nel 2012 per Hollande. Ma per Macron sarà più difficile, a causa della sua posizione e della novità che rappresenta: incontrerà la resistenza a destra e a sinistra e in più la presenza dell’estrema destra. Tutto dipenderà dal secondo turno. Con François Fillon come avversario, il secondo turno sarebbe stato più incerto. Fillon avrebbe assorbito parte dei voti di estrema destra, perché ha un programma rigoroso sull’emigrazione, e spinto Macron a sinistra. Contro Marine Le Pen, Macron al secondo turno avrà una maggioranza più ampia, perché il margine di aumento di Marine Le Pen è al massimo di 15 punti. Se ottenesse il 35 per cento sarebbe un gran successo. Ma dubito che arriverà al 40».

Macron dunque ha realizzato l’idea di democrazia partecipativa lanciata dieci anni fa da Ségolène Royal?
«In parte sì. Ma la cosa che più colpisce è l’audacia che ha avuto a lanciarsi da solo nella campagna per le presidenziali. Un’audacia eccezionale, premiata dalla fortuna. Certo l’uomo possiede qualità molto superiori alla media. Ha grande facilità di parola, capacità strategica, una freschezza che in parte spiega le sue difficoltà, ha meno esperienza in fatto di campagne elettorali, come dimostrano le gaffes in cui è scivolato a proposito dell’inesistenza della cultura francese e i crimini del colonialismo contro l’umanità».

Errori gravi secondo lei?
«Più che errori, si è trattato di approssimazioni: la prova che non ha un controllo completo di quanto dice, e che però, essendo un uomo intelligente, ha subito corretto».
Alcuni l’accusano di essere un accentratore, di mobilitare le proposte dei militanti, per poi decidere di testa sua.
«Nella fase attuale Macron è quello che c’era di meglio. In ottobre nessuno avrebbe scommesso su di lui. Pensavamo tutti che avrebbe rinunciato. E invece ha quasi costretto Hollande a rinunciare alla candidatura, si è presentato lui ed è riuscito a stare sempre in testa ai sondaggi. E poi, insisto, ha avuto la fortuna di non avere concorrenti temibili».

Fillon però aveva un programma più rigoroso…
«E’ vero, ma ha subito lo choc della vicenda giudiziaria che l’ha indebolito, anche se ha fatto una buona compagna, mostrando molta tenacia. E’ riuscito a mantenere la sua base, che si era un po’ ridotta quando ha presentato il programma, per poi risalire di poco. L’esperienza politica e la fermezza hanno giocato incontestabilmente a suo favore. Ma la sua è stata un corsa con handicap. Non ha fatto il pieno dei voti di destra e del centro destra, ha perso i voti di centro e di destra che sono andati a Macron».

I francesi sono contro l’Europa, ma vogliono l’euro?
«Il 48-50 dell’elettorato francese è antieuropeo, ma i sondaggi dell’Euro barometro dimostrano che il 70 per cento è favorevole all’euro. Noi francesi non vogliamo rinunciare alla moneta unica. Marine Le Pen ha preso una posizione radicale che ha spaventato gli elettori. Il voto per l’estrema destra traduce in parte un’adesione al programma, in parte esprime la voce critica della destra moderata, che protesta e contesta votando per l’estrema».
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