Una situazione difficile che ha spinto il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, a chiedere «500 uomini in più»: «È importante che il sistema di prevenzione funzioni», ha detto ieri.
IL CASO AUSTRIACO
Intanto per oggi a Parigi è previsto un nuovo vertice tra i responsabili dell’antiterrorismo e dei servizi segreti dei paesi europei che dovrebbero concordare strategie comuni, oltre a scambiarsi informazioni sullo stato delle indagini per l’attentato a Charlie Hebdo. Un vertice non semplice perché, da un lato, peseranno il presunto attacco sventato ieri in Belgio e finito con la morte dei terroristi, e dopo il quale sono scattate perquisizioni ed operazioni in sette paesi.
Dall’altro, tensione e diffidenze potrebbero venire anche dalla liberazione di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo portata a termine dall’Italia. A prescindere dai fatti delle ultime 24 ore, però, il vertice dovrebbe proseguire con la discussione sulle strategie comuni e lo scambio di informazioni rilevanti, come si era cominciato a fare domenica scorsa. E tra i tanti temi da affrontare parlando di gestione dei confini, potrebbe diventare particolarmente rilevante quello dell’impegno da parte dell’Austria.
Stando a quanto hanno rivelato le analisi di intelligence da parte di diversi paesi europei, è il confine austriaco il ”buco” nella rete di controlli incrociati utilizzato da terroristi, foreign fighters o aspiranti tali che permette loro di entrare ed uscire dall’Europa con un buon margine di libertà. Una situazione definita non più sostenibile dagli addetti ai lavori ed è quindi possibile che da più fronti arrivi la richiesta, rivolta a Vienna, di aumentare le risorse impegnate alle frontiere, anche col rischio di esporsi alle ire degli estremisti.
800 ESTREMISTI
Al pallottoliere di gruppi e individui attenzionati in tutta Europa (secondo le ultime stime i soli foreign fighters sono almeno 5mila), l’Italia potrebbe aggiungere un numero piuttosto alto di persone entrate a vario titolo in indagini ed analisi. Ottocento in tutto, scrive L’Espresso. Tra questi anche cinque dissidenti o combattenti provenienti dalla Siria ma di origine tunisina e canadese, che sarebbero rientrati in Europa passando per il nostro paese.
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