Intelligenza sinonimo di infelicità

Intelligenza sinonimo di infelicità
di Carla Massi
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Mercoledì 9 Novembre 2016, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 10 Novembre, 17:49
Come un’intelligenza sopra la media diventa un peso sulle spalle e ostacola l’essere felici. Come la velocità di intuire e di associare gli eventi si trasformano in nervosismo e tendenza depressiva. Come l’elaborazione del pensiero può rappresentare un problema quotidiano.
«Vivere una condizione così particolare è una grandissima forza, certo, ma anche un continuo, estenuante interrogarsi che può generare sofferenze, incomprensioni, derive esistenziali» sintetizza Jeanne Siaud-Facchin, psicologa francese, che ha firmato il manuale “Troppo intelligenti per essere felici” (Rizzoli). Una condizione quasi impossibile da diagnosticare ma che, secondo la specialista, riguarda un numero altissimo di persone. “Costrette” a vivere in un perenne stato di iperattività cerebrale ed ipersensibilità emotiva. In una sorta di deriva esistenziale. Che, proprio l’intelligenza, non riesce a controllare e dominare. 
Sono gli stessi studi neuroscientifici a confermare queste peculiarità strutturali che convivono nella testa del “plusdotato” come lo definisce la psicologa francese. «E’ facile sottovalutare il fatto che un’intelligenza estrema è indissociabile da un’acuta sensibilità e da una altrettanto estrema ricettività emotiva - dice ancora Siaud-Facchin - Normalmente si tace il fatto che la superintelligenza e l’ipersensibilità rendono più fragili e vulnerabili. Che una reattività emotiva costante è fonte di un’ansia diffusa». Il manuale, capitolo dopo capitolo, come aiuto ad invertire la rotta e permettere, a chi sta così a disagio, di trovare un nuovo (comodo) posto nel mondo.

L’ADOLESCENZA
Il percorso è lungo, dall’analisi del che cosa vuol dire essere “plusdotato”, alla costruzione del sé a partire dall’infanzia fino alla scoperta della propria condizione. Che, in un gran numero di casi, viene (fin dall’adolescenza) contrastata con lo smettere di pensare. Una depressione diversa dalle altre che mira a disinnescare una volta per tutte il doloroso meccanismo mentale che è alla radice del malessere. 
Non solo black out del pensiero ma anche noia, tanta noia. Vinta dal “plusdotato” con un gesto improvviso, una ribellione di testa o di corpo. Comunque ribellione. «Ma subito dopo - aggiunge la psicologa - ad agire è il suo prepotente bisogno di controllo. La necessità di capire e non lasciarsi prendere alla sprovvista. Perché il “plusdotato” ha paura di essere travolto dalle emozioni, dal sentirsi vulnerabile e dalla fragilità».

LE VIE D’USCITA
Un quadro infernale quello descritto nel libro che, alla fine, offre concrete vie d’uscita per riuscire a stare bene. Mutando quello che addolora in grande forza. In quella creatività che è capace di «spalancare le porte del possibile». Di far riconciliare con la propria intelligenza per avviare nuovi progetti, ritrovare il gusto di imparare e riadattare la vita quotidiana. Così da utilizzare l’ipersensibilità «come una maniera di stare al mondo, unica, gioiosa, magica».
Diceva Hemingway: «La felicità nelle persone intelligenti è la cosa più rara che conosca». Una ricerca inglese degli ultimi mesi dà sostegno scientifico alla riflessione dello scrittore. Lo studio, pubblicato sulla rivista British journal of psichology, è firmato da Satoshi Kanazawa della London School of Economics e da Norman Li della Singapore Management University. Due psicologi che hanno lavorato su un campione di volontari tra i 18 e i 28 anni. E’ stato dimostrato come le persone intelligenti tendano ad avere pochi amici e anche a frequentarli poco. Proprio il gruppo di amici, per i “plusdotati”, potrebbe diventare la causa dell’infelicità. Un retaggio ancestrale quando gli esseri maggiormente dotati potevano bastare a loro stessi. Propensi all’isolamento e a vivere in piccoli gruppi.
 
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