Gulen, il grande nemico del presidente dall'America guida l'opposizione islamica

Gulen, il grande nemico del presidente dall'America guida l'opposizione islamica
di Anna Guaita
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Domenica 17 Luglio 2016, 09:43
NEW YORK Tutti lo definiscono «il nemico giurato di Erdogan». Ma non tanto tempo fa l'imam Fetullah Gulen era uno degli amici più stretti del presidente turco. Anzi, nel 2012 furono i suoi seguaci a denunciare tentativi antidemocratici di scalzare Erdogan, allora primo ministro.

IL GELO
Eppure in questi ultimissimi anni fra Gulen ed Erdogan era sceso il gelo. Peggio: il disprezzo reciproco. Un anno fa, ospite delle pagine d'opinione del New York Times, Gulen aveva tracciato in modo inequivocabile le ragioni del dissenso, e aveva sostenuto che l'ex alleato aveva ottenuto la vittoria presidenziale «con il clientelarismo e con l'obbedienza supina dell'informazione». Gulen continuava accusando Erdogan «di vedere in ogni voce critica la voce del nemico, o peggio ancora la voce di traditori». E concludeva senza mezzi termini che Erdogan aveva avviato il Paese «verso il totalitarismo».

A 75 anni, Fetullah Gulen è stato definito in un sondaggio di una rivista Usa «l'intellettuale islamico di maggior influenza e peso». Vive negli Usa dal 1999, dove era arrivato per motivi di salute, per poi rimanere in una remota residenza nelle colline della Pennsylvania, con regolare permesso di soggiorno concesso dall'Immigrazione nel 2001.

Non ci sono misteri su di lui. Lo stesso sito che porta il suo nome fgulen.com riferisce ogni sua opinione. Che la sua fede islamica voglia essere cosmopolita, tollerante e aperta al dialogo, è cosa nota nel mondo, tant'è che anche papa Woytila lo incontrò nel suo sforzo di favorire l'ecumenismo in tutte le religioni. Erdogan lo accusa oggi di essere il burattinaio del tentato colpo di stato, essenzialmente perché l'influenza di Gulen in Turchia è ancora grandissima, nonostante lo scorso marzo Erdogan gli abbia sottratto i giornali, l'agenzia di stampa e la stazione tv.

IL MOVIMENTO
L'imam che ha creato il movimento Alleanza per i Valori Condivisi conta almeno 8 milioni di seguaci nel mondo, molti dei quali hanno studiato nelle sue scuole, che sono centinaia sia nei paesi islamici che occidentali. Il governo turco oggi li considera una terza colonna, li vede come una forza parallela clandestina e antidemocratica. L'Occidente li vede invece come l'esempio dell'Islam che vorrebbe vincitore: un Islam che considera le conquiste della modernità come sacre e «vicine alle parole di Allah», che difende il ruolo attivo delle donne, rifiuta categoricamente la violenza, condanna il terrorismo, favorisce l'istruzione non religiosa.

La parola d'ordine per chi segue l'islam sunnita marchio Gulen è Hizmet, che significa servizio: secondo l'imam infatti chi pratica questa religione deve essere utile, e non solo agli islamici ma anche alle altre religioni, quella cristiana e quella ebrea, e perfino agli atei e agli agnostici.

Le scuole di Gulen sono considerate in vari Paesi islamici, in Pakistan soprattutto, come l'unica vera alternativa alle madrasse: vi si insegna matematica, scienza, chimica, lingue straniere, arte. Negli Usa ce ne sono 120, delle quali 30 sono in Texas. E l'unico problema che hanno avuto con le autorità Usa non ha nulla a che vedere con la fede, ma solo con le tasse. «È un uomo dai valori cosmopoliti - dice di lui la professoressa Helen Ebaugh della University of Houston, che ha scritto un libro su Gulen -. È un musulmano moderno».

Gulen si porta la Turchia nel cuore, non solo sotto forma di capsule di sabbia dei luoghi a lui più cari, ma anche la sua musica e arte. Negli Usa a fine anno organizza spettacoli fra gli studenti delle sue scuole, con musica, danza, ginnastica, perché la tradizione culturale turca venga mantenuta viva. Fino a due anni fa, aveva creduto di vedere in Erdogan il politico che avrebbe potuto realizzare quel delicato equilibrio fra fede islamica e democrazia, fra religione e secolarismo. Poi nel 2013 è scoppiato uno scandalo di corruzione nel governo turco, e le indagini che mettevano in dubbio la legittimità del governo di Erdogan - erano state iniziate da giudici vicini a Gulen e membri della Alleanza per i Valori Condivisi . Abbastanza perché la collaborazione finisse, ed Erdogan accusasse Gulen di essere un traditore.