Grecia, liti, risse e insulti: in strada tornano le ferite
della guerra civile

Grecia, liti, risse e insulti: in strada tornano le ferite della guerra civile
di Mario Ajello
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Venerdì 3 Luglio 2015, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 08:34
dal nostro inviato

ATENE Non sono ancora scontri di piazza, e si spera non lo diventino mai. Sono alterchi da angoli di strada. Piccole risse anche tra vecchietti. Discussioni sempre più infuocate, che punteggiano la vita quotidiana di Atene in queste ore del grande collasso. Insomma i segni che la tensione sale, nelle ore del Greferendum e del default, diventano evidenti in questo popolo spaccato a metà e in un paese in cui, dopo tanti decenni, la ferita della guerra civile del 1946-1949 si stava lentamente sanando e adesso sembra riaprirsi. In un ritorno indietro che non riguarda solo la dracma ma anche la memoria delle antiche divisioni che riesplodono. I due gruppetti che litigano, nella prima mattinata di ieri, sotto la sede centrale della banca nazionale e intorno alla fila di pensionati distrutti, si gridano in faccia «Nai» (sì) e «Oki» (no). Ma anche altro: «Fascisti» e «Comunisti!». Il remake del peggior Novecento. Che fa da compendio alla mancanza di liquidità e alla fine dell'illusione di potere vincere contro i falchi dell'euro-rigore alla Schauble. Ed eccolo qui, proprio lui, il ministro tedesco delle finanze, mostrificato come un avvoltoio sui poster del "Vota No", che pendono dai lampioni.



In un caffè del centro, il Piazzaduomo, nella zona della Placa, entra un anziano ex ministro socialista dell'Interno, e un uomo alto, magro e triste gli si avvicina e gli fa: «Fate qualcosa per fermare tutto. Qui finisce in un massacro». L'ex esponente del Pasok non sa che cosa rispondere. Mentre dall'altra parte della piazza hanno fatto una rissa feroce gli agit-prop degli opposti schieramenti.



GIOCO DEL GAMBERO

I duri di Syriza, parlano apertamente della «strategia del terzo giro». Il primo giro fu quello della guerra civile che i comunisti scatenarono contro la monarchia tra il 1946 e il 1949 e furono sconfitti. Il secondo giro fu quello subito dopo il '49 in cui credettero invano di potersi rifare e ripresero le armi in mano per un anno e mezzo. Il terzo giro, in questa pericolosa corsa all'indietro, gioco del gambero, sarebbe qui e ora. Vuole vincere definitivamente la sinistra radicale e ha preso in ostaggio Tsipras che proprio per non essere travolto dalla sua sinistra - presso la quale Varoufakis è diventato sempre più popolare e insieme ad essa ricatta il premier con la linea dell'oltranzismo - si è buttato senza paracadute nel volo azzardato del Greferendum e della resistenza partigiana. All'insegna di un populismo nazionalista anche questo, come tutto, molto folk e troppo antico. Come lo è per esempio il ministro tsipariota dell'energia, che uscendo dal palazzo presidenziale a una giornalista straniera che gli ha chiesto una cosa ha risposto: «Io, oltre al greco, parlo solo russo. Sa, ho avuto la fortuna di studiare a Mosca nella scuola di partito». Ed è lo stesso che tempo fa ha affermato: «I privati sono dei parassiti».

L'altra sera, il ministro Varoufakis e la moglie Danae entrano in un caffè di quelli trendy nelle viuzze a ridosso di Syntagma. Incontrano per caso un gruppo di amici di vecchia data. Questi provano ad avanzare qualche critica sulla condotta del governo e Varoufakis fa la faccia da duro alla Bruce Willis, a cui somiglia, e dice: «Siete gente falsa e ignobile». Prende la moglie sotto il braccio, acchiappa il casco della sua Yamaha 1300 e se ne va, portandosi appresso il suo sorriso sdegnoso e beffardo. E a pochi metri da qui, dieci giorni fa, in un altro caffè, un alterco di questo tipo era finito con un lancio di bicchieri contro il ministro pelato che si vanta di essere un «marxista erratico» e che uscendo dal locale ha gridato ai suoi contestatori: «Siete dei poveracci e farete una brutta fine». Quella stanno rischiando di farla tutti.



DOPPIA MANIFESTAZIONE

Quelli del "Sì" ce l'hanno con il presidente della Repubblica, Prokopis Pavlopoulos, che appartiene al partito conservatore, ma «é servo di Tsipras - si lamenta un pensionato in fila davanti alla Alpha Bank - e ha firmato per autorizzare questo referendum incostituzionale, incomprensibile e assurdo». Qui e lì si formano cortei spontanei. Passa quello degli studenti di Syriza a piazza Syntagma, gridano «democracy, dignity, solidarity» e «Oki, Oki, Oki»: No, No e poi No. Oggi toccherà a due mega adunate: del sì e del no. E il clima può incendiarsi da un momento all'altro. Forse anche per questo le chiese in questi giorni sono particolarmente frequentate. La custode della cripta antica di Ayoi Theodoroi racconta: «C'è sempre più bisogno di pregare». Mentre vengono accese candele sottili e lunghe e piantate in un grande recipiente pieno di sabbia. Fiammelle delle fede ma, si spera, anche della ragione. Che sta rischiando a sua volta il default.
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