Tangenti e Grandi Opere, «Lupi chiamava Incalza per il figlio. Poi i favori»

Tangenti e Grandi Opere, «Lupi chiamava Incalza per il figlio. Poi i favori»
di Cristiana Mangani
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Martedì 17 Marzo 2015, 23:40 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 00:19
Cosa non si fa per i figli? Maurizio Lupi, ad esempio, ha dovuto passare la giornata di ieri a spiegare che non aveva esercitato alcuna pressione per ottenere un buon posto di lavoro per uno dei suoi ragazzi.



Mentre, invece, dagli atti dell'inchiesta fiorentina emergono particolari su Luca e la sua occupazione all’Eni. È il ministro ad aver chiamato al telefono (intercettato) Ercole Incalza «per chiedergli di incontrare il figlio», e non il contrario. Tanto che quello, a sua volta, ha avvertito Stefano Perotti che «andava sistemato», finché la catena di favori non ha funzionato. I particolari emergono dalle intercettazioni dello stesso imprenditore quando, parlando con il cognato Giorgio Mor, spiega di essere riuscito a convincere i dirigenti Eni. «Ho bisogno di impiegare per questa attività un ragazzo - si legge - metterei un direttore, un giovane che ho bisogno di fare entrare, lo farei prendere a te e lo piazzi tu, poi ti do tutti gli estremi. Ovviamente è rimborsato da noi attraverso il compenso che prendi tu. È un ragazzo che vale molto, ha fatto una bellissima tesi, ha fatto anche già un lavoro a San Francisco».



Chiarisce il gip nell’ordinanza: «Il “ragazzo” a cui Perotti fa riferimento è Luca Lupi il quale, come emerge dal suo curriculum, vanta un’esperienza lavorativa come tirocinante presso lo Skidmore Owinngs and Merril LLP San Francisco». Succede, però, che qualcuno scriva dell'incarico sul giornale, e a quel punto, il 21 febbraio del 2014, Philippe Perotti, figlio di Stefano, invia al padre un messaggio, richiedendo di valutare l’opportunità di allontanare Luca dal cantiere e di adottare le dovute cautele nelle comunicazioni telefoniche e per posta elettronica. «Bisogna pensare a tirarlo fuori da lì - suggerisce - Niente mail né telefonate. Ti seguo io e io comunico con gli altri. Domani ci organizziamo. Lo considererei solo un avvertimento, rallentiamo. Un bacio, ti chiamo dopo». Ma non finisce qui. L'aiuto di Perotti a Lupi jr non si limita a quell'incarico: chiede, infatti, a un amico che lavora negli Usa, di dare assistenza a un loro ingegnere che verrà impiegato a New York, e che già sta nello studio Mor, nel cantiere Eni, e nel complesso City life a Milano.



Il legame tra Lupi, Incalza e Perotti, si rinnova per la realizzazione del terminal Crociere del porto di Olbia. Gli inquirenti spiegano i sistemi adottati dal gruppo per pilotare il bando di gara per la progettazione definitiva e la realizzazione del progetto. Compaiono anche i nomi di due sardi, Fedele Sanciu, ex senatore Pdl ed ex commissario dell'Autorità portuale del nord Sardegna, e Bastiano Deledda, responsabile del procedimento relativo alla gara. Nell'ordinanza viene tracciato un quadro completo dei rapporti, le tante mail, gli interessamenti, e qualche telefonata di troppo del ministro Lupi. Il tutto con l’intervento di un altro personaggio dal ruolo misterioso, Francesco Cavallo, mediatore di affari, stipendiato da Perotti con 7mila euro al mese.



DOSSIER PER SERRACCHIANI

E di personaggi ”interessanti“, questa inchiesta sembra averne diversi. Uno è Giulio Burchi, ex presidente del cda della società Italferr Spa, attualmente con diversi incarichi importanti in società partecipate a capitale misto. Burchi potrebbe essere la chiave di volta dell’indagine. Dalle intercettazioni sembra detestare Perotti, Incalza e il sistema di favori. Tanto che quando Perotti e soci stanno per aggiudicarsi anche un lavoro in Libia, sbotta: «Adesso sulle infrastrutture basta, ho fatto un dossier, tutto un dossier per la Serracchiani». Sue altre chicche sul potere di Incalza e i favori a Perotti. «In Italia i general contractor sono imprese - dice - quindi quando l’impresa nomina il suo direttore dei lavori viene meno il controllo sull’appalto. Le imprese sono obbligate a nominare direttori dei lavori di gradimento. Vedi, Incalza ha fatto nominare Perotti anche sui prossimi allunaggi, no?».



E Burchi, pur stigmatizzando il sistema, ammette che lo ha fatto arricchire. «Pensiamoci, forse si sta bene in questo Paese qua - riflette - perché nei paesi dove ci sono le regole secondo me si sta molto peggio. Io ti dico la verità, qualche compromesso l’ho fatto come tutti, però i soldi che ho guadagnato a stare in questo Paese di merda deregolarizzato, non li avrei mai guadagnati in Inghilterra o in America».



GENERO

Tra figli e parenti compare il nome di Alberto Donati, genero di Incalza, per una mega consulenza. Ed è a margine della grande opera che riguarda la direzione dei lavori per la realizzazione della tratta Genova-Milano Terzo valico di Giovi che Donati riesce a ottenere 692 mila euro dal 2006 al 2010, ”compensi per prestazioni professionali”. Di lui si era già parlato nello scandalo del G8 perché suo suocero, manager di Infrastrutture, era stato sfiorato dall’inchiesta. La ragione? L'architetto Angelo Zampolini aveva pagato una caparra per un appartamento nel centro di Roma, finito poi alla figlia di Incalza, moglie di Donati. E visto il ruolo del funzionario, la circostanza era finita agli atti. Ma non è il solo episodio per cui la cricca ritorna anche in questa inchiesta. Due indagati, infatti, parlando tra di loro di altri restauri citano quelli che Anenome avrebbe fatto alla casa del cardinal Tarcisio Bertone, ex segretario di Stato del Papa. Ristrutturazioni di un certo rilievo, forse benedette da un altro ex super potente delle Infrastrutture, Angelo Balducci.
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