Gian Carlo Blangiardo: «L’Istat resterà autonomo. Gli immigrati? Servono ma non sono la soluzione»

Gian Carlo Blangiardo: «L’Istat resterà autonomo. Gli immigrati? Servono ma non sono la soluzione»
di Luca Cifoni
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Martedì 24 Luglio 2018, 00:14 - Ultimo aggiornamento: 25 Luglio, 19:02
Professor Gian Carlo Blangiardo, sarà lei il prossimo presidente dell’Istat?
«Diciamo che questa ipotesi non è campata in aria. Chiaramente, come è ben noto, la procedura di nomina del presidente è lunga, prevede un processo di verifica trasparente. Quindi vedremo come va a finire, a volte chi entra papa esce cardinale... Ma io ho dato la mia disponibilità. E compatibilmente con i tempi della procedura, sono pronto ad iniziare il più presto possibile. Di solito, non è mia abitudine fare vacanze».

L’incarico dell’attuale presidente è in scadenza e non rinnovare il suo incarico fa indubbiamente parte delle prerogative del governo. Ma in una fase di così profondo cambiamento degli equilibri politici, non crede che il tema dell’indipendenza dell’Istat sia particolarmente delicato? Ci sono già state polemiche a proposito dell’incontro tra il presidente e la sottosegretaria all’Economia.
«Senta, io posso vantare una certa tradizione, sono 40 anni che mi occupo di statistica. Quindi, nel caso, sarebbe mia intenzione mantenere una posizione equilibrata, muovermi nel modo più realistico possibile. L’istituto di statistica ha un obiettivo fondamentale che è quello di fare informazione. Non ci deve essere alcun tipo di condizionamento politico, questo è chiarissimo. Si tratta piuttosto di analizzare la realtà e di mettere queste informazioni a disposizione del decisore politico. I dati sono quelli e non può essere diversamente, che si parli del numero dei disoccupati o di quello dei poveri. Poi spetta alla politica individuare le azioni necessarie, i provvedimenti gli incentivi e così via».

Quindi si porrebbe in una posizione di continuità con i predecessori, anche se in un contesto politico molto diverso?
«Il presidente attuale e quelli che lo hanno preceduto hanno avuto competenza tecnica ed equilibrio, hanno utilizzato queste doti per svolgere il proprio lavoro al meglio e così farò anche io se sarò effettivamente chiamato a questo incarico. Vorrei continuare nello stesso solco mantenendo un atteggiamento di rigore scientifico, consapevole naturalmente delle difficoltà che ci sono nel gestire una struttura pubblica così importante».

A proposito, delle difficoltà, anche l’Istat come altri pezzi della pubblica amministrazione ha sofferto per le politiche di risanamento degli anni scorsi e la conseguente scarsità di risorse finanziarie. Come pensa di affrontare questo tema?
«L’obiettivo è la massima efficienza. Sappiamo che i tempi sono quello che sono: mi auguro che sia possibile reperire risorse adeguate per incrementarla ulteriormente, ma siccome le disponibilità di bilancio non sono certo illimitate bisogna puntare comunque ad ottimizzare l’utilizzo dei fondi che ci sono. Insomma l’imperativo è fare il massimo, dati i vincoli di partenza».

Lei è un eminente studioso di demografia, che nell’ambito dei suoi colleghi passa per uno di quelli più dubbiosi sull’utilità dei flussi migratori per la società italiana. Si sente in linea con l’attuale maggioranza di governo e quindi contro la posizione del presidente dell’Inps Boeri?
«Su questo punto io cerco di avere una posizione equilibrata. Non credo alle verità assolute, non penso che qualcuno possa dire di avere soluzioni pronte in tasca. Il mio convincimento è che l’immigrazione rappresenta un contributo importante alla società italiana ma allo stesso tempo porta anche dei problemi. Non ho mai detto che i migranti non servono. Servono, ma non sono la soluzione. Questo è il punto. Non mi ha fatto piacere essere presentato come il nemico dello ius soli...»

Non ha criticato quel provvedimento, quando era in discussione?
«Ma quella legge si è sgonfiata da sola. Ho solo fatto presente che non è una necessità, visto che nel 2017 ci sono state comunque 147 mila acquisizioni di cittadinanza italiana e negli anni precedenti erano state anche di più. Insomma il sistema funziona, non mi pare che lo ius soli sia l’urgenza maggiore.

Qual è la sua posizione sul tema della famiglia e dei provvedimenti necessari per sostenerla?
«Io ho sempre ricordato che nei cassetti della Presidenza del Consiglio c’è un Piano nazionale per la famiglia. Si tratta per così dire di una “cura” articolata, della quale fanno parte sia medicine costose sia altre che invece non lo sono. È un documento che non ha colore politico, condiviso anche dai sindacati. Si può partire da lì, dalle cose pratiche, senza preoccuparsi di mettere bandierine».

Ma per convincere gli italiani a fare più figli possono bastare i sostegni economici e il miglioramento dei servizi, che pure sono obiettivi complicati da raggiungere? Proprio l’Istat ricorda che il crollo della natalità degli ultimi anni dipende soprattutto dall’evoluzione della società che c’è stata 30-40 anni fa e la conseguente contrazione del numero delle potenziali madri.
«Non c’è un’unica leva su cui agire per affrontare questo gravissimo problema. Ci sono aspetti economici, normativi, culturali. Bisogna distribuire gli sforzi, con molto buon senso».

 
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