PRIMA ASSOLUTA
A Roma, dunque, siamo in piena “prima assoluta”, e non solo perché Virginia Raggi è la prima donna sindaco della capitale d’Italia. È anche la prima cittadina di una grande città europea che arriva in Campidoglio a 37 anni, molti di meno della sua collega di Madrid, la settantenne Manuela Carmena, e meno anche della cinquantottenne Anne Hidalgo sindaca di Parigi. Ancora: Virginia Raggi ha una militanza politica cortissima, cinque anni appena, mentre Anne Hidalgo è stata a lungo vicesindaco di Parigi e l’ex magistrata Manuela Carmena ha una vita di impegno a sinistra.
Che cosa tutto ciò significherà concretamente, lo scopriremo solo vivendo tra sampietrini e San Pietro, tra autobus e asili. Però, ecco, non può non rilevarsi che, per la prima volta nella storia della capitale, ci sarà un sindaco che quando parla di vita quotidiana parla di sè e non per sentito dire, e quando parlerà di asili nido saprà davvero che cosa bisogna fare per riuscire a mandarci il pupo.
In passato, per carità, abbiamo avuto sindaci in motorino, in bicicletta, sindaci che scalavano l’Everest, ma trattandosi in genere di uomini autoconsegnatisi in giovane età alla nobile causa della politica, ben poco tempo era rimasto loro per sperimentare la vera vita, e il resto.
CONSIGLI INSIDIOSI
All’avvocata Virginia Raggi toccano dunque in sorte un sacco di prime volte. Ed essendo, si diceva, una nata alla fine degli anni ‘70 a lei, come alle coetanee, si richiederà l’arte del tenere insieme tutto, la famiglia e la politica, i contrasti con le opposizioni e le aspettative degli elettori che l’hanno votata.
«Poraccia ‘sta Raggi, appena proverà a toglie le bancarelle je dovranno da’ la scorta» già la compiange un taxista. Si vedrà. Di solito le ragazze Candy Candy sanno che se hai voluto la bicicletta, devi possibilmente costruirti la pista ciclabile. Se ne sei capace. Ovviamente adesso dovrà guardarsi dai consigli. Da quelli superflui di chi è ancora convinto che se non parlano più di te non ti resta che parlare delle orecchie della Raggi, a quelli, più insidiosi, di chi cercherà di fare breccia nella cittadella 5 stelle con l’aria di rendersi utile.
Il lato divertente, se cosi si può dire, è che finalmente anche in Italia nessuno crederà più alla balla de “le donne non votano le altre donne”. Non solo le elettrici hanno votato la Raggi a Roma e l’Appendino a Torino, ma pure la Carfagna e la Gelmini di Forza Italia, la Borgonzoni della Lega.
La Valente, a Napoli, no, lei non l’hanno votata. Ma anche questo rientra nella normalizzazione. L’elettore, o l’elettrice, si è liberato delle ideologie. Figuriamoci se si rinchiude in una nuova gabbia, scegliendo il candidato in base al sesso.
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