Eppure, la sequenza non convince tutti. Persino lo stesso premier, che in un’intervista al Quotidiano nazionale si è lasciato andare a ipotesi alternative, spiegando poi che ogni decisione sarà presa a settembre, ovvero con la prossima legge di Stabilità. Le variabili in gioco sono tante. Ce n’è anche una politica che riguarda la data delle elezioni. Se si svolgeranno come previsto nel 2018, allora programmare in quell’anno l’alleggerimento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche sarebbe una mossa opportuna: la novità risulterebbe certificata già dal precedente mese di dicembre con la legge di Stabilità e diventerebbe poi tangibile agli occhi degli elettori con gli stipendi e le pensioni di gennaio. Se però la situazione politica precipitasse e si profilassero elezioni anticipate, lo scenario sarebbe ovviamente diverso. E si possono facilmente immaginare anche altri motivi per cui al governo possa riuscire conveniente agire subito sull’Irpef.
IL GETTITO
Già lo scorso autunno l’esecutivo aveva sfogliato la margherita a proposito dell’Ires, con uno schema che prevedeva di ridurla dal 2017 ma allo stesso tempo lasciava aperta la possibilità di far scattare la novità già da quest’anno, nel caso a livello europeo fossero stati concessi ulteriori margini di flessibilità legati all’emergenza migranti. Alla fine le cose andarono diversamente: un’altra emergenza, quella terroristica, irruppe nel dibattito e una quota di risorse vennero destinate a questa finalità.
L’abbassamento dell’aliquota Ires è così rimasta fissata al prossimo anno. La mossa ha una sua valenza economica ed in qualche modo anche simbolica. L’aliquota che dal 2007 è al 27,5 verrebbe fatta scendere al 24: un livello più basso di quello della Spagna, ricordano Renzi ed i suoi consiglieri. Il gettito si ridurrà di circa tre miliardi nel 2017 e di quattro l’anno a regime, dal successivo. Sono coinvolti circa 700 mila contribuenti tra società (la grande maggioranza) ed non enti commerciali. Tanti, ma forse non abbastanza per fare in modo che l’operazione sia effettivamente percepita ad ampio raggio nel Paese. Anche se si è parlato nei giorni scorsi dell’eventualità di un nuovo colpo di scena, ovvero anticipare al 2016 gli effetti della riduzione Ires, pubblicizzando questa decisione immediatamente alla vigilia del prossimo voto amministrativo.
L'IMPATTO
Di sicuro un impatto maggiore lo avrà la revisione dell’attuale struttura dell’Irpef, al di là dell’anno in cui sarà affettivamente concretizzata. Una revisione che dovrebbe ripartire da dove era arrivata l’operazione 80 euro, andando quindi a ridurre il prelievo di coloro che hanno un imponibile a partire dai 26-28 mila euro e non hanno beneficiatio dell’intervento approvato nel 2014. Proprio a 28 mila euro è collocato il passaggio tra l’aliquota marginale del 27 e quella del 38 per cento, che sarebbe il primo obiettivo dell’operazione. Le ipotesi tecniche sono più di una, ma tutte convergono nella priorità assegnata al ceto medio. Lo schema messo a punto da Enrico Zanetti, Segretario di Scelta Civica nonché viceministro dell’Economia, prevede una sola aliquota al 27 per cento tra i 15 mila e i 75 mila euro di reddito, con forti benefici per la fascia che ne guadagna tra 30 e 60 mila.
Il costo stimato varia dai 9 ai 12 miliardi e questo è probabilmente l’ordine di grandezza in cui si muovono anche le altre varianti tecniche. Trovare questi soldi non è facile, a meno di imprevedibili accelerazioni della ripresa che diano ossigeno al bilancio: da questo punto di vista - ma forse non da quello politico - la prudenza sarebbe l’opzione più ragionevole.
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