Il presidente della Fieg Costa: «Le richieste al governo per rilanciare l'editoria»

Il presidente della Fieg Costa: «Le richieste al governo per rilanciare l'editoria»
di Osvaldo De Paolini
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Mercoledì 13 Maggio 2015, 22:17 - Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 20:44
A febbraio aveva dichiarato: «Se la crisi è di sistema, la risposta non può che essere un progetto di sistema. È arrivato il momento di coinvolgere tutti i protagonisti della filiera. E il governo ha un ruolo fondamentale nella definizione di un percorso sostenibile». Dopo oltre due mesi, il tavolo che con tanta determinazione aveva auspicato Maurizio Costa, presidente della Fieg e da qualche settimana anche di Rcs, si è finalmente riunito. Sicché martedì 12 i rappresentanti dell’intera filiera dell’editoria, coordinati dal, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti, hanno cominciato a posare le fondamenta di quella che in pochi anni dovrà diventare la nuova architettura del sistema informativo italiano.

Costa, il tavolo del confronto è partito.



Quali impressioni da questo primo incontro?



«Molto positive. Direi che siamo al giro di boa, con un governo che ha mostrato di condividere non solo le preoccupazioni degli editori sulle dimensioni della crisi, ma soprattutto le linee di intervento che come Fieg abbiamo individuato e sulle quali il sottosegretario ha manifestato grande sensibilità e l’intenzione di procedere con tempestività».



La Fieg ha presentato al governo una proposta concreta. In che cosa consiste?



«Abbiamo individuato quattro priorità strategiche. La prima riguarda la tutela del diritto d’autore e la valorizzazione dei contenuti editoriali di qualità. Il saccheggio sistematico di contenuti - vera appropriazione indebita - messo in atto dai cosiddetti over the top, Google in prima fila, cui si aggiungono gli atti di pirateria e la presenza di fornitori di rassegne stampa che non pagano i diritti di utilizzo, alla lunga minano la sopravvivenza delle imprese. È perciò necessario varare subito una normativa che favorisca il concreto raggiungimento di accordi commerciali tra produttori di contenuti e soggetti che li diffondono online».



Si è parlato anche di revisione dei modelli di organizzazione del lavoro.



«Sì, questo è infatti il secondo pilastro della nostra proposta. A causa della crisi, ma anche a seguito alla rivoluzione digitale, è necessaria una ridefinizione della normativa del lavoro giornalistico con una revisione profonda dei modelli organizzativi che incentivi la qualità dell’informazione e promuova l’innovazione. Peraltro, gli editori intendono concretamente favorire la formazione e l’aggiornamento professionale dei giornalisti. È quindi naturale che si debba andare nella direzione di nuove relazioni industriali con il sindacato».



Prima di arrivare a tanto ci sono però problemi aperti che vanno risolti. Per esempio il caso dei 70 poligrafici avviati al prepensionamento e trasformati in esodati. O quello del Fondo istituito nel 2014 a sostegno dei processi di trasformazione dell’editoria, in attesa di essere nuovamente finanziato. Qual è la posizione del governo su questi temi?



«In materia di editoria il governo ha già dimostrato nei mesi scorsi la volontà di intervenire – pensiamo per esempio al decreto di giugno – anche se c’è ancora molto da fare. Quella dei 70 esodati è indubbio che sia una situazione anomala che va regolarizzata. Quanto al Fondo istituito con il decreto Lotti, proprio perché dobbiamo incentivare il passaggio generazionale è indispensabile che il Fondo 2015 sia in continuità con il 2014».



È realistico il traguardo di mille nuove assunzioni nel settore giornalistico, indicato al momento del lancio del Fondo?



«Se guardiamo ai primi risultati, l’assunzione di circa 250 giornalisti in soli tre mesi, rispondo sì con convinzione».



La terza priorità strategica. Di che cosa si tratta?



«Il tema è la modernizzazione della rete distributiva e del sistema delle edicole. Qui dovremo agire su due fronti: quello fisico delle edicole e quello digitale della rete. La salvaguardia e la valorizzazione del sistema distributivo tradizionale, con una informatizzazione che renda le edicole integrate nel circuito commerciale, sono obiettivi prioritari. Come lo è del resto la funzione del canale postale».



Con Poste Italiane però non c’è al momento grande sintonia.



«Il progetto di Poste Italiane di prevedere il recapito a giorni alterni nel 65% dei comuni pregiudica il diritto di tutti i cittadini di ricevere i giornali tutti i giorni creando gravi condizioni di disparità e minando la stessa coesione sociale. Poste Italiane non deve dimenticare che è il gestore del servizio postale universale e come tale affidatario di rilevanti interessi pubblici».

Immagino che le misure di contrasto della crisi siano comprese nella quarta priorità.



«Il contrasto della crisi insieme alla promozione dello sviluppo sono il quarto pilastro. Interventi urgenti e coraggiosi, in grado di favorire l’uscita dalla crisi e di assecondare l’evoluzione digitale, sono indispensabili. Niente interventi a pioggia, ma azioni mirate nell’oggetto e limitate nel tempo. Va superata l’emergenza in un settore essenziale per la vita democratica del Paese».



Nella vostra proposta indicate anche gli interventi che intendete chiedere al governo?



«Cito i più significativi, a cominciare dall’estensione dell’aliquota Iva del 4% a quotidiani e periodici online come già avviene per gli ebook. Vi è poi il capitolo della pubblicità. La crisi ha aperto una voragine in questo settore. Basti dire che in 5 anni, mentre i ricavi da vendita dei quotidiani hanno subito una perdita poco oltre il 10%, la raccolta pubblicitaria è crollata di quasi il 50%».



Come favorire il ritorno degli investimenti pubblicitari?



«Con incentivi fiscali sotto forma di credito d’imposta in favore delle imprese e dei professionisti che decidono di investire in pubblicità sulla stampa. Anche la pubblicità legale e degli appalti merita attenzione perché, contrariamente a quanto taluni pensano, la sola pubblicazione online limita fortemente la concorrenza tra le imprese interessate oltre a favorire potenzialmente fenomeni di illegalità».

Di là delle buone intenzioni, non teme che si parli di nuove forme di assistenzialismo?



«Nella nostra proposta c’è tutto fuorché assistenzialismo. Non c’è un’inerzia degli editori che attendono solo leggi a loro tutela, ma anzi all’interno delle singole imprese gli sforzi si stanno concentrando nella direzione dell’adeguamento tecnologico».



C’è chi accusa gli editori di essere veri conservatori in guerra con gli innovatori online.



«Non diciamo sciocchezze. Troppo semplicistico cavalcare l’innovazione abbracciando la novità del mezzo e relegando gli editori tradizionali nel confine della decadenza della carta stampata. La vera innovazione è nel saper mantenere il valore di un’editoria giornalistica di qualità sia nei formati cartacei che digitali. Garantire un’informazione polifonica e pluralista – presidio di democrazia e patrimonio fondamentale di ogni società civile – è possibile e doveroso».

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