Ragazza uccisa sul lago di Bracciano, il papà: «L'avrei legata pur di salvarla»

Ragazza uccisa sul lago di Bracciano, il papà: «L'avrei legata pur di salvarla»
di Nino Cirillo
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Sabato 18 Luglio 2015, 23:11 - Ultimo aggiornamento: 20 Luglio, 14:51

Il giorno dopo è fatto per mettere ordine nei pensieri, e Luigi Mangiapelo, il papà di Federica, ci prova. Ma non è facile. Marco Di Muro, il cameriere di Formello, il suo fidanzato, è stato condannato a diciott’anni di carcere per averla uccisa, sulle rive del Lago di Bracciano, nella notte di Halloween di tre anni fa, e Luigi, 57 anni, commerciante - che pure potrebbe rifugiarsi in qualche frase di circostanza - fatica ancora a trovare le parole.

A mente fredda qualche riflessione l’avrà fatta...

«Mi rimane un grande senso di amarezza. In certe situazioni non si ottengono mai dei risultati, qualsiasi verdetto fosse stato emesso non avrebbe mai potuto ripagarmi della sua mancanza. Certo, sapere che c’è un colpevole mi dà un po’ di sollievo».

Cosa ha provato in quelle lunghe ore nell’aula del Tribunale?

«Certe storie le leggi sui giornali, le guardi in televisione.

Poi ti ci ritrovi dentro, fra quelle quattro mura, e ti rendi conto che è tutto diverso, che forse tutto il sistema è sbagliato. La tensione si tagliava con il coltello. Una ragazza che non c’è più, un ragazzo che pagherà a lungo per quello che ha fatto, un giudice che comunque deve decidere, gli avvocati che si affrontano senza esclusione di colpi. E poi il dolore mio e di Rosella, un’esperienza terribile».

Non sente di aver vinto una lunga e difficile battaglia?

«La condanna era quello che volevamo, fin dal primo giorno siamo stati convinti della sua colpevolezza. E abbiamo anche rischiato tanto, che l’inchiesta venisse archiviata, che prendesse un’altra piega, che magari si risolvesse in una banale accusa di abbandono di minore, o in una morte per miocardite. Ma continuo a credere che non ci siano né vincitori né vinti. Abbiamo perso un po’ tutti».

Diciotto anni di carcere: che effetto le fanno?

«Tutti a dirmi che sono pochi, ma ha un senso? Il pm me l’ha spiegato bene: con il rito abbreviato questo è proprio il massimo della pena. Di Muro oggi ha 25 anni, se gli fosse confermata la condanna, se non trovasse scorciatoie o regaletti, questa sarebbe una lunghissima pena. Se invece me lo ritrovo fra cinque o sei anni in giro, beh, allora è diverso».

Pensa di aver fatto errori in questi trenta mesi, di indagini prima e di processo poi?

«Mi hanno spesso rimproverato di essere andato troppo in tv, ma lo rifarei perché è servito a non far calare l’attenzione sul caso. Certo, con l’esperienza di oggi qualche trasmissione la eviterei, ho scoperto anch’io che esistono giornalisti seri e giornalisti no».

Ripensando a Federica - la domanda è brutale - cosa si rimprovera invece?

«Me la sono fatta da solo questa domanda, tante volte. Mi posso rimproverare qualcosa come tutti. Li sgridiamo questi figli, poi magari in qualche momento li trascuriamo o diciamo la cosa sbagliata. Mi chiedo se tutto questo sarebbe successo se fossi riuscito a parlarle un po’ di più. Quella maledetta sera? Se solo avessi lontanamente immaginato, me la sarei tenuta in casa a ogni costo, l’avrei legata...».

E Anguillara? Come si è comportato il paese con voi?

«Almeno nei primi tempi ha fatto scudo, ci ha protetti. Nessuno a testimoniare su quella notte? Solo perché testimoni non ce n’erano. Poi con il tempo, è ovvio, ti rimangono accanto solo gli amici veri. Mi ha fatto male, invece, vedere così pochi giovani, così pochi amici e amiche di Federica alla presentazione del libro su di lei, o a qualche manifestazione...».

E quel Marco Di Muro solo e impassibile nell’aula?

«Ci abbiamo riflettuto io e Rosella. Se penso a quello che ha fatto lo sbatterei al muro, ma vederlo lì, abbandonato da tutti, senza un padre o una madre vicino, con lo sguardo perso nel vuoto... Dico la verità: ci ha fatto tenerezza».

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