Fassbender: «Gli alieni? l’uomo spaventa di più»

Fassbender: «Gli alieni? l’uomo spaventa di più»
di Tiziano Marino
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Venerdì 5 Maggio 2017, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 20:13
Era il 1979 quando il genio di Ridley Scott fece conoscere al mondo l’universo di Alien. Quella pellicola sarebbe entrata nella storia del cinema, capolavoro assoluto del genere fantascientifico, dando il via anche a una delle serie fra le più fortunate di sempre. A quasi 40 anni di distanza, gli alieni di Scott tornano con Alien Covenant, sequel del film Prometheus, del 2012, e secondo prequel della saga. Oggi la stella non è più Sigourney Weaver, che proprio allo straordinario successo di Alien deve la sua carriera, ma Michael Fassbender, uno degli attori più apprezzati di Hollywood. In Covenant riprende il ruolo che aveva in Prometheus, quello dell’androide David e raddoppia, interpretando anche Walter, un altro androide. Classe 1977, irlandese di origine tedesca e fidanzato con l’attrice premio Oscar Alicia Vikander, dal 2015 Fassbender non si è fermato nemmeno per un secondo: Steve Jobs, X-Men Apocalisse, Assassin’s Creed e il recentissimo Song to Song.

Mr. Fassbender, non è un po’ stanco?
«Lo sono, eccome. Voglio rallentare, fare surf, guidare le auto da corsa, leggere. Tutte cose che non ho mai il tempo di fare. Continuerò a lavorare con la mia casa di produzione, ma voglio smettere un po’ con la recitazione».

Qual è il primo ricordo che ha di Alien?
«La scena del chestbuster, il mostro che esce dallo stomaco. Avevo 10 o 11 anni, ero completamento ipnotizzato, non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo».

Perché?
«Non avevo mai visto nulla di simile. L’idea di un alieno che cresce dentro a un corpo umano, la tensione, il senso di claustrofobia che trasmetteva la navicella spaziale, l’aspetto dell’alieno in sé e la scenografia ideata da Ridley Scott mi avevano catturato. Rapito».

Che relazione ha con Scott?
«È un mentore e sono molto fortunato perché Ridley è anche uno dei miei migliori amici».

Qual è l’aspetto che più le piace di lui?
«Dal punto di vista umano, il fatto che riesca a farmi ridere molto. Dal punto di vista lavorativo, il fatto che mi lasci molta libertà d’azione. È un atteggiamento che dice molto della sua persona».

Ha la tendenza a lavorare sempre con gli stessi registi, è un caso?
«Il fatto che i registi mi richiamino e vogliano lavorare con me mi fa sentire fortunato. Quando si è sulla stessa lunghezza d’onda, si crea sempre un forte legame».

Influisce sulla sua performance?
«Diventa tutto più facile. La vita è corta e io dedico molto tempo della mia esistenza al lavoro, è fondamentale trascorrerlo con persone che ti stimano».

Un giorno le piacerebbe essere lei a dirigere un film?
«Assolutamente sì. Ho già qualche idea. Mi piacerebbe molto portare a teatro la storia di Steve Jobs».
 
In passato ha già diretto la versione teatrale de Le Iene…
«È stata un’idea pazza e impudica, ma anche una grande lezione di vita. Avevo 18 anni e non avevo la benché minima idea di quello che stavo facendo».

Quentin Tarantino l’ha mai saputo?
«Certo, gli avevo detto anche che tutto il guadagno sarebbe andato in beneficenza. Forse è per questo che non si è opposto».

Crede nell’esistenza degli alieni?
«Sì, mi hanno anche rapito una volta. (Ride). A parte gli scherzi, mi sembra molto strano che non ci sia nessun altro nell’universo».

In Alien Covenant interpreta due androidi. Cosa pensa dell’intelligenza artificiale?
«Prima o poi entrerà a far parte della vita di tutti i giorni, è solo questione di tempo. Non mi fa paura l’intelligenza artificiale, mi spaventa di più gli esseri umani».

Con Donald Trump e i tanti nazionalismi che stanno tornando in voga, gli esseri umani un po’ di paura la fanno.
«Mi piacerebbe se tutti andassero d’accordo, anche se la storia dimostra il contrario. Purtroppo i cicli di distruzione tornano sempre».

In Prometheus il suo personaggio diceva: «Se siamo buoni, anche il mondo in cui vivremo lo sarà». Crede in quest’affermazione?
«Certo. Quello che si riceve è sempre una diretta conseguenza di ciò che si dà».

 
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