Emilio Gentile: «Nessuna Festa è stata mai un fattore di unità nazionale»

Emilio Gentile: «Nessuna Festa è stata mai un fattore di unità nazionale»
di Marco Ventura
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Giovedì 25 Aprile 2019, 00:46 - Ultimo aggiornamento: 13:01
«Nessuna festa nazionale in Italia è mai stata fattore di unità, neppure il 25 aprile». 

Ne è convinto Emilio Gentile, massimo storico del fascismo. «La democrazia, se vuole scongiurare un eventuale ritorno di nazisti, fascisti e razzisti, deve realizzare l’ideale scritto nell’art.3 della Costituzione: tutti sono uguali davanti alla legge e compito della Repubblica è rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini...».

È questo il senso profondo del 25 aprile?
«Lo spero. Per quanti hanno a cuore la libertà e l’uguaglianza, e non fantomatiche minacce che appartengono alla consueta polemica politica».


Emilio Gentile

Partiamo dal 25 aprile 1945. Che cosa successe realmente?
«Le forze partigiane anticiparono l’arrivo degli alleati liberando città come Genova, Torino e Milano: dimostrarono così che la Resistenza aveva contribuito attivamente alla lotta contro fascisti e nazisti, e diedero all’Italia la possibilità di presentarsi al mondo scrollandosi di dosso con una propria forza autonoma quanto restava del fascismo. Non le singole forze della resistenza ma tutte insieme, a dimostrazione che gli italiani erano uniti, o almeno lo era quella minoranza attiva che dall’8 settembre 1943 si oppose combattendo ai tedeschi e ai fascisti. Non fu la Resistenza da sola a sconfiggere definitivamente il fascismo. Mai ci sarebbe riuscita senza le forze alleate, ma il suo contributo fu importante e riconosciuto anche dagli alleati. Grazie al 25 aprile, all’Italia è stato evitato il destino tragico della Germania».

Quanto erano divisi i partigiani?
«Fino al 1934 vi fu una forte divisione nell’antifascismo, quasi da guerra civile: comunisti da una parte, i partiti antifascisti non comunisti dall’altra, socialisti compresi. Dal ’24 al ’34, per i comunisti i partiti antifascisti non comunisti erano fascisti o semi-fascisti. Per Togliatti era fascista pure Carlo Rosselli, fondatore di Giustizia e Libertà. Poi dal ’34 vi furono rapporti di collaborazione, anche se durante la Resistenza ci furono forti contrasti sul modo di combattere tedeschi e fascisti e su come ricostruire politicamente e socialmente la nuova Italia, basandosi sulle forze partigiane o su tutte le forze politiche. C’era antagonismo sulla concezione dello Stato e della società. Ma l’unità antifascista resse fino al varo della Costituzione».

Che ruolo ha avuto la memoria?
«In 70 anni, periodicamente gli anniversari hanno mostrato a volte una ricomposizione del fronte unitario. Prevalsero le divisioni, che dipendevano dal contesto internazionale oltre che dalle contrapposizioni interne: l’inizio della Guerra Fredda, con l’accusa dei comunisti alla Dc di realizzare un nuovo fascismo, e dei democristiani ai comunisti di essere totalitari come i fascisti, avendo a modello la Russia staliniana. La contrapposizione fu tra le forze democratiche e liberali alleate degli Usa e delle democrazie occidentali, e quelle che si richiamavano al comunismo sovietico negando che fosse, come era, un regime totalitario a partito unico».

Ma la Festa del 25 aprile è fonte di unità o divisione?
«Il giorno stesso dell’Unità d’Italia, 17 marzo 1861, non è stato fattore di unità. Neppure 150 anni dopo, nel 2011. Le nostre feste nazionali non hanno fortuna nel creare consenso attorno alle istituzioni, ma tutti se ne avvalgono per fare politica, dal 25 aprile al 2 giugno. Però senza quel 25 aprile, non staremmo qui a discutere o a polemizzare sul significato del 25 aprile. I fatti vanno ricostruiti senza proporsi memorie condivise o altro. La storia a volte è spietata, a volte incoraggiante, ma è la storia: non può servire all’uso contingente. Chi oggi contesta il 25 aprile lo può fare grazie al 25 aprile, questo è il suo valore».

Lei ha appena pubblicato un nuovo libro di successo: “Chi è fascista” (Laterza). Esiste ancora il fascismo?
«Il fascismo è stato definitivamente sconfitto dall’antifascismo il 25 aprile 1945. Sono sopravvissuti movimenti e partiti neofascisti, che, grazie alla democrazia da loro contestata, hanno anche avuto rappresentanti in Parlamento e sono potuti andare al governo. Il fascismo è trapassato nella storia. L’antifascismo invece sopravvive nella Repubblica e nella Costituzione, ma non ha bisogno di paventare periodicamente un pericolo fascista, piuttosto deve realizzare tutti i principi fondamentali della Costituzione. L’Italia del 25 aprile è uno Stato in cui il conflitto politico è inerente alla democrazia, che è tuttora viva, per quanto sgangherata possa apparire. Chi crede in un fascismo eterno, condanna l’antifascismo all’eterna sconfitta, cancellando il 25 aprile. Invece l’antifascismo ha vinto. Ma la democrazia può perdere per vizio interno, perché il metodo democratico non garantisce la realizzazione dell’ideale democratico».

Abbiamo dimenticato qualcosa di importante?
«Quasi tutto. Questa intervista è solo un frammento, ma ho difficoltà a parlare del presente. Essendo io un permanente “apprendista storico”, la invito a riparlarne fra cinquant’anni». 
 
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