Modugno urlò a Sinatra: «Frank, torna negli Usa»

Modugno urlò a Sinatra: «Frank, torna negli Usa»
di Gloria Satta
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Domenica 5 Agosto 2018, 00:24 - Ultimo aggiornamento: 5 Settembre, 19:31
Dolce Vita (cioè oltre mezzo secolo fa), il popolo della notte si divideva in tribù. Ai tavolini di Doney e al Caffé Strega si davano appuntamento i cinematografari: «Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina e Luchino Visconti erano i più assidui e, ritrovandosi dopo un film o una ªprima” teatrale, litigavano di brutto perché avevano opinioni contrastanti», racconta Rino Barillari, alias King dei Paparazzi. 

Sul lato opposto, al Café de Paris, si posizionavano invece le attricette, all’epoca chiamate starlette: «Per farsi pubblicità avrebbero dato una gamba e inseguivano noi fotografi». L’Harry’s Bar era invece il regno di politici, faccendieri, esponenti dei servizi: «E gli 007 li riconoscevi dalle scarpe: lucidate a specchio dal famoso Cannolicchio, ce le avevano solo loro». Ma tutti, come i salmoni migranti, al calar delle tenebre convergevano in quella piccola porzione di Roma compresa fra Porta Pinciana e Piazza Barberini, la Via Veneto glorificata da Fellini nel suo capolavoro del 1960 La Dolce Vita, spinti da un obiettivo comune sebbene inconfessato: «Volevano mettersi in vetrina, farsi guardare dalla gente comune che faceva su è giù tra un locale e l’altro». 

HOLLYWOOD SUL TEVERE 
La guerra è guerra. In convalescenza per una caduta in una buca-killer della Capitale, la memoria infallibile e l’immancabile macchina fotografica a portata di mano, il mitico fotoreporter del Messaggero Rino Barillari racconta la sua Dolce Vita, l’epoca in cui Roma era teatro di eccessi e successi, trasgressioni e scandali, intemperanze divistiche e grandi delitti, in una parola emozioni forti. Anni immortalati dalle immagini del King che hanno fatto il giro del mondo. 

In quel periodo Cinecittà, soprannominata “Hollywood sul Tevere”, viveva il suo momento magico sfornando un film dietro l’altro (uno per tutti: il kolossal Cleopatra), le star americane calavano in massa («le loro foto si vendevano come il pane»), e Barillari non faceva prigionieri. «In Via Veneto potevi incontrare Renato Salvatori e Maurizio Arena su una spider in cerca di un parcheggio, o Amedeo Nazzari inseguito dalle fan: il suo accento sardo le faceva impazzire. Una notte beccai il pugile Tiberio Mitri ubriaco che dirigeva il traffico», racconta Rino. «Non esistevano i cellulari e per riempire il paniere dovevi consumarti le scarpe. Io di giorno battevo piazza di Spagna e via Condotti, la sera andavo a caccia in Via Veneto». Dormire? Un optional, per l’insaziabile paparazzo. 

AL PRONTO SOCCORSO 
«Una notte del 1964, il playboy Gianfranco Piacentini mi telefona a casa: “corri, c’è Peter O’ Toole ubriaco con Barbara Steele”. Mi precipito, mi apposto dietro il giornalaio all’angolo con via Aurora e aspetto. Arriva Lawrence d’Arabia al braccio della collega, mi vede e mi sferra un cazzotto gettandomi sul selciato. Agitation, sirene della polizia, ambulanza: io vengo portato al pronto soccorso del Policlinico dove mi suturano l’orecchio ferito, l’attore finisce al commissariato di Castro Pretorio». È il primo degli «amichevoli confronti» del King che, nel corso della carriera, sarebbe stato ricoverato 164 volte a causa di fratture, contusioni e ferite “di guerra”. «Ero minorenne e mio padre fece causa a O’ Toole che mi ripagò con un milione di lire: il risarcimento più alto ottenuto da un paparazzo», racconta, «ma tre anni dopo l’attore mi chiese scusa». 

Il copione di ripete con “The Voice”. «Ero al Café de Paris con il paparazzo Gilberto Petrucci, cercavamo di fare colpo su due americane quando, da una Cadillac nera, scende Frank Sinatra. Agitation. Noi iniziamo a scattare come pazzi mentre i gorilla del cantante ci rovesciano i tavolini addosso. Passa Domenico Modugno e urla “Go home, Frank”. Gilberto e io veniamo stesi da due ceffoni. Pareva di essere a Chicago...Le foto fanno il giro del mondo e qualche anno dopo anche “The Voice” mi chiese scusa dicendo: “Eravamo tutti più giovani”...». 

HITCHCOCK CON I CARABINIEIRI 
Nell’album dei ricordi di Barillari, alla voce Via Veneto, c’è posto per altre risse illustri. «Beccai un calcio sotto la cintura da Ava Gardner che avevo pizzicato con Waler Chiari», rievoca, «e una borsettata in faccia da Vatussa Vitta, la modella che sorpresi con Mickey Hargitay, il marito di Jane Mansfield». Richard Burton, all’epoca amante segreto di Liz Taylor, tentava di schivare i clic: «Metteva le mani avanti, “no picture”, ma io non mi fermavo». Ricordi meno cruenti: «A Gina Lollobrigida facevo togliere le multe. Alfred Hitchcock fu felice di venire fotografato con i carabinieri, così come Yul Brinner con i cani in braccio e Kirk Douglas con la moglie». Indimenticabile la prima “lucherinata” del press agent Enrico Lucherini: «Mandò a spasso Rosanna Schiaffino con un abito rosso scollato sulla schiena. Lei tirava un elastico e l’abito scendeva fino all’osso sacro. Fu il delirio». 

DECLINO DI UN MITO 
Quand’è che la Dolce Vita ha abbandonato Via Veneto? «Con le prime avvisaglie del Sessantotto e l’affermarsi del Piper Club. Agony», risponde Barillari. «I nuovi divi si chiamavano Patty Pravo, Mal, Rocky Roberts». Pausa. «Eppure ancora oggi gli stranieri continuano a cercare in Via Veneto le tracce di un’era finita per sempre. E credono di trovarle. Meglio così. La guerra è guerra. Guardiamo avanti».
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