Meno decreti alle Camere, il Colle argina il governo

Meno decreti alle Camere, il Colle argina il governo
di Paolo Cacace
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Venerdì 24 Luglio 2015, 23:10 - Ultimo aggiornamento: 25 Luglio, 00:15
Fino a qualche mese fa, quando scoppiava una bufera politica, nelle redazioni dei giornali scattava una sorta di reazione automatica: «Che ne pensa Napolitano?». Era inevitabile che il capo dello Stato, in qualche modo, esternasse il suo pensiero. E così puntualmente accadeva. Dal tre febbraio scorso, cioè da quando Sergio Mattarella si è insediato al Quirinale, questo interrogativo se lo pongono in pochi. Sì, perché uno degli segni distintivi di questo primo semestre di presidenza, è stato proprio quello di evitare il più possibile interventi diretti nel dibattito politico. L’OBIETTIVO

Lo scopo ovviamente è quello di ritornare ad una sorta di «normalità istituzionale» dopo l’eccezionalità del periodo precedente, contrassegnato dalla rielezione “obtorto collo” di Napolitano di fronte ad un Parlamento incapace di eleggere il suo successore. Ma tutto ciò legittima l’ipotesi - pure avanzata da qualche parte - di un eccessivo «low profile» di Mattarella rispetto alle dinamiche politiche e istituzionali? Per ovvie ragioni è presto per formulare giudizi. Qualche indicazione sui propri orientamenti la darà probabilmente lo stesso Mattarella nel corso della tradizionale cerimonia del Ventaglio il 30 luglio prossimo.



LE CIFRE

Ma non c’è dubbio che il nuovo stile di sobrietà non comporta alcuna disattenzione o estraneità verso gli altri poteri. Al contrario, Mattarella sembra avere avviato una moral suasion silenziosa che sta già dando qualche frutto. Basti pensare al netto calo del numero di decreti legge. Nel 2014 erano stati 27, nel primi sette mesi del 2015 solo nove, cioè un terzo. E non va dimenticato che alcuni decreti (come quello sulla scuola) sono stati ritirati «in extremis» dal governo Renzi e trasformati in disegni di legge proprio per il «no» preventivo, discreto ma fermo, del Quirinale. D’altra parte, Mattarella - come giudice costituzionale - aveva già contribuito a stigmatizzare l’uso improprio della decretazione d’urgenza. Così come è acclarata la sua contrarietà verso i cosiddetti decreti «omnibus», anch’essi finora scongiurati.

Al contrario il capo dello Stato è consapevole della necessità che si completino le riforme, a cominciare da quella elettorale. E pur evitando di entrare nel merito delle singole norme, non ha mancato - sin dal discorso d’insediamento - di sollecitare uno sbocco positivo dell’iter riformista, a cominciare dalla nuova legge elettorale.



Molto attento è stato in questo periodo l’inquilino del Colle sui temi sociali. Si è reso conto che la crisi economica ha provocato profonde lacerazioni che rischiano di disintegrare il tessuto sociale del Paese. Sin dalla prima visita all’estero, a Berlino, ha battuto sul tasto della crescita economica, come priorità dell’Unione europea. Di qui anche i suoi reiterati interventi a favore delle minoranze, dei diversamente abili (cui ha aperto le porte di Castel Porziano).

Sul fronte interno - come si è detto - Mattarella ha scelto i toni bassi, sobri per cercare di contribuire a svelenire il clima tra i partiti. Ha ricevuto, tra gli altri, grillini e leghisti, ascoltando le loro ragioni. Insomma, ha cercato di essere quel «giudice imparziale» che aveva promesso di essere, a patto naturalmente che «tutti l’avessero aiutato con un gioco corretto». Fedele all’impostazione programmatica, ha cercato di sconfiggere l’antipolitica con «la pedagogia dei gesti».



I SIMBOLI

Ecco quindi l’apertura del Quirinale al pubblico, la rinuncia alla pensione di professore, i tagli agli stipendi e al divieto di cumulo per i dipendenti del Colle, la riduzione delle spese. Ma soprattutto un tratto costante nei suoi interventi - anche e soprattutto davanti al Csm di cui è presidente - è stata una condanna senza appello verso la piaga devastante della corruzione e della criminalità mafiosa. Né è mancata una speciale attenzione verso i problemi internazionali. Mattarella ha già visitato le principali capitali europee, è stato nei Balcani e in autunno conta di andare a Washington da Obama.



Tutti impegni volti a cementare i vincoli europei e a riaffermare la centralità del Mediterraneo dove l’estremismo islamico continua a mietere vittime incastrandosi in una miscela esplosiva con la tragedia di centinaia di migliaia di immigrati.

Insomma: un avvio senza clamori, quello di Mattarella. Al velocista, si sa, egli preferisce lo scalatore. Quanto alle sorprese, chi lo conosce assicura che non mancheranno. C’è solo da pazientare.

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