Coronavirus, «Uscite di casa, è un complotto». Il delirio social è sotto inchiesta

Coronavirus, «Uscite di casa, è un complotto». Il delirio social è sotto inchiesta
di Lorenzo De Cicco
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Giovedì 19 Marzo 2020, 00:57 - Ultimo aggiornamento: 13:43

«Sfido chiunque di voi a trovarmi un morto di coronavirus, non ce n’è uno! E allora sto a casa per cosa? Me ne frego. Ci sto male a vedere tutte ‘ste pecore», dice Gianluca S. mentre si filma in auto in diretta Facebook, hashtag #ioesco e subito dopo #coronavirus. Una sfida al buonsenso e alle regole fissate dal governo per arginare il contagio da Covid-19. Solo questo post ha raccolto in poco tempo 5.252 like, 8.028 commenti – perlopiù di incoraggiamento o, ancora peggio, di emulazione – e 6.848 condivisioni. Tutti stanno in casa per rispettare il decreto e mettere un freno alla diffusione del virus? Loro no, escono e incitano a fare lo stesso, tanto «è tutto un complotto!». Una catena di messaggi che si propaga a suon di visualizzazioni e “share”, fino a raggiungere centinaia di migliaia di persone. È un’altra viralità – quella dell’idiozia che si moltiplica in rete – pericolosissima. A combatterla non sono medici e infermieri, in questo caso, ma gli uomini della Polizia Postale, che solo negli ultimi giorni hanno avviato indagini su 30 persone, tutte disinvoltamente impegnate a far sapere ad amici (di Fb) e follower di infrangere i divieti anti-convid, raccontando di spostarsi come prima, più di prima, e invitando tutti gli altri a fare altrettanto. Una condotta non solo dannosa e allarmante: è anche un reato. L’accusa è istigazione a delinquere. 

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UN ARRESTO
La Polizia Postale sta già procedendo all’identificazione dei profili social incriminati, spesso individuati tramite la piattaforma di segnalazioni del commissariato online. Gianluca S., che diceva «non c’è un morto di coronavirus», è uno dei profili segnalati. Ma ce ne sono tanti altri, a decine. In un caso è scattato l’arresto. Un 53enne di Alassio, comune di 10mila abitanti in provincia di Savona, ha pubblicato su Twitter la foto di una pistola infilata tra la cinta e la camicia, allegando il commento: «Altro che arresto, agente avvisato mezzo salvato. A buon intenditore poche parole». La Polizia locale lo ha beccato in strada ed è bastato questo perché l’uomo si desse alla fuga, barricandosi in casa, ripiegando sul balcone, a lanciare insulti alle forze dell’ordine. La pistola, si è scoperto poi, era giocattolo. Non tutti lasciano sui social commenti violenti. Molti semplicemente mettono in dubbio l’emergenza e spingono gli altri a continuare come niente fosse. Quattro amici di Genova – si legge in un’altra segnalazione al vaglio della Postale – sono andati ad allenarsi in una palestra, che in teoria avrebbe dovuto restare chiusa, «effettuando uno streaming su Twitch.tv». 

«I controlli contro i reati online sono stati rafforzati», spiega Nunzia Ciardi, direttore della Polizia Postale. «C’è stata una vera e propria esplosione di cyber crime, in questi giorni. Gridare al complotto, mentre siamo tutti a casa in una situazione d’emergenza, non è solo assurdo, è anche gravissimo. Si rischia il procurato allarme». Come precauzione, non servono mascherine e guanti: «Basta non fidarsi del passaparola».

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