Giorgio Ursicino
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di Giorgio Ursicino

Coronavirus, riabilitate le auto: azzerato il traffico, ma l'inquinamento aumenta

Roma, nussuno per strada per il coronovirus
di Giorgio Ursicino
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Domenica 22 Marzo 2020, 01:03 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 18:29
Il coronavirus ci ha fatto cambiare prospettiva, rimodulare la scala dei valori. Anche i più profondi. Ci mancherebbe che non fosse stato così, di fronte a un nemico invisibile che l’umanità non conosceva più da diversi secoli. Appaiono sciocchezze anche le notizie che in “tempo di pace” potevano sembrarci bomba. Avrebbero catalizzato l’attenzione per lo spessore del loro contenuto, scatenando un mare di polemiche per gli inutili sacrifici che ci avevano chiamato a sopportare. Adesso è diverso.

Davanti all’isolamento che è l’unica arma di sopravvivenza, le montagne assumono la forma di colline e non c’è chiaramente più voglia di infiammare il dibattito su nulla. Eppure il tema di cui stiamo parlando non è proprio banale. In modo meno impetuoso e dirompente, l’argomento riguarda anch’esso la salute della gente perché coinvolge l’aria che respiriamo. Un elemento indispensabile alla vita che, in alcune nostre città e in alcuni periodi dell’anno, è qualcosa di simile al veleno, gas tossici i cui limiti sono decisamente superiori alla sopportabilità dell’uomo, soprattutto nonni e bambini.

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L’Arpa, l’agenzia per l’ambiente, monitorizza la qualità dell’atmosfera di tutti i comuni della Penisola in tempo reale e diffonde i dati disponibili per tutti con puntualità quotidiana. Numeri che eravamo soliti guardare attentamente e che la portata della pandemia ci ha fatto sostituire con altri senza dubbio più drammatici: contagi, ricoveri in terapia intensiva, vite soffocate dal male. Chiusi in casa per giorni assediati dal virus, è quasi spontaneo buttare l’occhio al comportamento delle centraline che continuano a fare il loro silenzioso lavoro in metropoli dove rimbombano solo le urla dal silenzio.

Ebbene, emerge un quadro quantomeno sorprendente, quasi incredibile. Nella stragrande maggioranza delle città italiane le qualità dell’aria è peggiorata dopo dieci giorni di “traffico zero”, prima per i richiami poi per gli obblighi imposti dal governo tanto che sono state aperte le Ztl per l’assoluta mancanza di auto cui limitare le circolazione. Le immagini carpite dai servizi dei telegiornali mostrano realtà deserte, scene delle nostre città come avremmo immaginato in un’era post bombardamento nucleare.

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Un mondo senza auto, un test che non si sarebbe mai potuto effettuare senza un evento eccezionale come il subdolo attacco del Covis19. Dappertutto si presenta più o meno lo stesso quadro, da Torino a Napoli, passando per Milano e Roma. Tutte le sostanze inquinanti tenute sotto controllo dall’Arpa non sono affatto diminuite negli ultimi dieci giorni nonostante il blocco progressivo del traffico. Eppure i benefici si sarebbero dovuti cumulare sommando giorni senza traffico a giorni senza traffico. Invece non è accaduto, con i dati con che negli ultimi giorni si sono addirittura impennati. Non è il caso qui di riportare i dati di tutte le città, ma credete cambia poco.

Prendiamo ad esempio Roma che, oltre ad essere la nostra città, è anche la Capitale e di gran lunga la più grande. Sia il particolato (PM10 e PM2,5), sia il biossido di azoto che l’ozono negli ultimi giorni hanno valori decisamente superiori a quelli della settimana precedente. Il PM10, il più noto, era a 31 il giorno 12 è a 41 il giorno 20, con un picco di ben 49 il 18. Stessa sorte per il PM2,5: 24 il 12, 35 il 20. L’NO2 89 il 12, 106 il 20; l’O3 106 il 12, 118 il 20. Un disastro. Con le auto completamente ferme. Ma allora, l’inquinamento non è colpa del traffico. O quanto meno, se si fermano i veicoli la situazione non migliora.

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​Si può ipotizzare che ci sono i riscaldamenti delle abitazioni e il particolato rimane in terra se non piove e non vengono lavate le strade. Ma non avevamo visto le immagini dal satellite che mostravano una situazione migliore dal punto di vista delle sostanze inquinanti? Può darsi. Ma sono immagini di una macroarea come la pianura Padana che ha risentito positivamente dello stop forzato delle grandi fabbriche del Nord. Dove ci sono le centraline (e quindi le persone che respirano), invece, lo scenario è spaventosamente in negativo.

Se questi numeri hanno un senso, certamente quando l’esistenza riprenderà un corso più normale, bisognerà affrontare il problema in modo diverso e non far pagare a gente che già respira un’aria da schifo l’incubo degli spostamenti quotidiani. Siamo sicuri che anche politici e amministratori locali, dopo questa triste e dura esperienza, affronteranno l’argomento in modo più oggettivo senza farsi influenzare da motivazioni ideologiche. Dicono tutti che dopo il coronavirus saremo migliori di prima.
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