Coronavirus, «La chiusura totale in Italia ha salvato almeno 38.000 vite»: lo studio dell'Imperial College

L Imperial College: «La chiusura totale in Italia ha salvato almeno 38.000 vite»
di Diodato Pirone
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Mercoledì 1 Aprile 2020, 00:40 - Ultimo aggiornamento: 15:23

Aver “chiuso” in casa oltre 500 milioni di europei potrebbe aver salvato la vita a circa 120.000 persone fra i quali 38.000 italiani e 16.000 spagnoli. Lo stima un report realizzato da un team dell’Imperial College di Londra guidato da Neil Ferguson e Samir Bhatt e diffuso dall’Oms Collaborating Centre for Infectious Disease Modelling. La nuova analisi dei ricercatori dell’Imperial College, che furono i primi a dire che i dati diffusi a inizio gennaio dalla Cina erano sottostimati e sono considerati fra i più qualificati epidemiologi al mondo, stima il potenziale impatto degli interventi adottati in 11 paesi europei - Italia inclusa - per contrastare la pandemia di coronavirus.

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LE STIME PIÙ ALTE
Secondo i ricercatori britannici la percentuale di persone già infettate dal virus oscillerebbe tra il 2 e il 12% della popolazione: 2,7% nel Regno Unito, solo 0,41% in Germania, 3% in Francia e 9,8% in Italia. Questo vorrebbe dire che nel nostro Paese, come evidenzia il virologo Roberto Burioni in un tweet, ci sarebbero già 5,9 milioni di ontagiati da Covid-19. Si tratta di un numero davvero straordinario. Il virologo Andrea Crisanti dell’Università di Padova, lo scienziato che ha testato tutti i 3.000i abitanti di Vo, il primo paese zona rossa d’Italia, sostiene infatti che in Italia ci siano fra i 400 e i 600.000 contagiati. Molti di più dei circa 100.000 individuati finora ma molti di meno rispetto ai 6 milioni ipotizzati dall’Imperial College, un numero che anche l’Iss ritiene «improbabile». «Molti paesi europei hanno ora implementato misure senza precedenti per mitigare l’impatto di Covid-19, tra cui l’isolamento di casi confermati e sospetti, la chiusura di scuole e università, il divieto di raduni di massa e, più recentemente, lo stop delle attività produttive», rileva l’Imperial College. «Ora, gli ultimi modelli mostrano che queste misure potrebbero aver avuto un impatto significativo, evitando potenzialmente fino a 120.000 morti in tutta Europa», scrivono i ricercatori.

«È certamente un momento difficile per l’Europa - commenta Samir Bhatt, docente senior della School of Public Health dell’Imperial College - ma i governi hanno preso provvedimenti significativi per garantire che i sistemi sanitari non vengano sopraffatti. Vi sono prove concrete del fatto che questi provvedimenti hanno iniziato a funzionare e hanno appiattito la curva dei contagi. Riteniamo che molte vite siano state salvate. Tuttavia, è troppo presto per dire se siamo riusciti a controllare completamente le epidemie e le decisioni più difficili dovranno essere prese nelle prossime settimane», avverte.

«Anche se il bilancio delle vittime continua a salire - riflette Seth Flaxman, primo autore dell’ultimo studio - vediamo abbastanza segnali per concludere che le azioni drastiche intraprese dai governi europei hanno ridotto il numero di nuove infezioni. Ma poiché c’è un ritardo tra infezione e decesso, ci vorrà più tempo - da giorni a settimane - affinché questi effetti si riflettano sul numero di morti che si registrano ogni giorno».
Il team ha utilizzato i dati in tempo reale del Centro europeo di controllo delle malattie (Ecdc) sul numero di decessi in 11 Paesi: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito.

Il report stima che tra il 7 e 43 milioni di persone siano state infettate da Sars-CoV-2 in tutti gli 11 paesi al 28 marzo: tra l’1,88% e l’11,43% della popolazione. Secondo Burioni queste stime spiegano meglio di altre la bassa mortalità registrata finora in Germania.
 

 
 

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