Villari: «Il trend complessivo non è negativo, vigilare sulla trasmissione in famiglia»

Paolo Villari
di Michela Allegri
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Venerdì 27 Marzo 2020, 00:37 - Ultimo aggiornamento: 09:37

«Il dato di ieri non deve spaventare: non significa necessariamente che ci sia stata una nuova accelerazione nei contagi». Paolo Villari, direttore del dipartimento di Sanità pubblica e di Malattie Infettive dell’università La Sapienza, e ordinario di Igiene, spiega che «emerge una tendenza generale alla stabilizzazione, che nei prossimi giorni dovrebbe gradualmente migliorare».

Professore, ieri ci sono stati 4.492 nuovi positivi, due giorni fa eravamo arrivati a 3.492. Stiamo tornando indietro?
«In realtà no, perché i dati giornalieri vanno maneggiati e interpretati con attenzione, non è che dobbiamo vedere giorno per giorno come va, ma bisogna analizzare il trend generale. A livello nazionale l’incremento di quasi 4.500 nuovi casi è indubbiamente elevato. Però, se guardiamo l’incremento percentuale giornaliero dei nuovi casi in Italia, ci accorgiamo che da un po’ di giorni questo dato è al di sotto del 10 per cento. Ieri per esempio si è attestato al 6 per cento ed è un dettaglio significativo».

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Come si calcola questa percentuale?
«Mettendo al numeratore il numero di nuovi casi rispetto al totale dei casi del giorno precedente. Questo è un dato molto importante perché consente di tracciare un andamento generale. In questo caso il dato di ieri non è negativo: da circa 5 giorni l’incremento è inferiore al 10 per cento, in miglioramento rispetto alla scorsa settimana. Diciamo che stiamo assistendo a una graduale tendenza alla stabilizzazione, che nei prossimi giorni dovrebbe migliorare. Vedo una tendenza al decremento generale che deve ancora stabilizzarsi».

In quanto tempo vedremo gli effetti concreti delle misure prese dal Governo?
«Serve ancora tempo, per un motivo semplice: l’osservanza dei divieti da parte della popolazione è aumentata in modo progressivo. I comportamenti di oggi sono molto più rigorosi rispetto a quelli di dieci giorni fa. Ma c’è un problema che nemmeno i divieti possono arginare, che è quello dei contagi all’interno dei nuclei familiari: non si possono ridurre i contatti interpersonali all’interno delle famiglie».

Quanto dovranno durare ancora le restrizioni per essere efficaci?
«E’ impossibile dirlo in questa fase, è ancora troppo presto. Bisognerà aspettare qualche giorno anche per raggiungere il famoso picco di contagi e vedere se i dati finalmente si stabilizzeranno. Io sono sicuro che queste misure avranno effetto, la situazione migliorerà sicuramente».

Ma in Lombardia abbiamo assistito a un nuovo boom di contagi.
«In questo caso il discorso è differente, la situazione è diversificata regione per regione. E lì c’è una situazione diversa rispetto al resto d’Italia e molto complicata. Se analizziamo il dato del Lazio, per esempio, vediamo un numero positivo, nonostante l’incremento. Per quanto riguarda i nuovi casi del Lazio, infatti, più di un terzo proviene da focolai ben circoscritti. Si tratta di situazioni che preoccupano se analizzate singolarmente, perché si tratta di case di riposo tra Frosinone e Rieti, quindi sono coinvolti anziani, categorie fragili. Ma a livello regionale si tratta di un incremento in casi specifici, circoscritti, che può ancora essere controllato».

Quanto preoccupa la situazione dei medici e degli operatori sanitari?
«Preoccupa molto, perché sono professionisti che si trovano sul campo di battaglia e che stanno svolgendo un lavoro eroico. La percentuale di casi di contagio tra il personale sanitario è elevata, ma anche in questo caso ci sono situazioni diversificate».

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