Classe media con Theresa, giovani e Londra a Corbyn

Classe media con Theresa, giovani e Londra a Corbyn
di Diodato Pirone
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Sabato 10 Giugno 2017, 00:03
ROMA A Jean-Claude Juncker piace scherzare. E qualche settimana fa al vecchio presidente della Commissione Europea è scappata una battuta caustica: gli inglesi ormai non si rendono ben conto di quello che fanno. Depurata dal cinismo di troppo, quella battuta ha trovato una qualche conferma nelle elezioni britanniche di giovedì scorso dalle quali è emerso un Paese irrisolto, particolare e prigioniero delle sue contraddizioni. 
Agli osservatori più attenti, non è sfuggito il tutti contro tutti che ha caratterizzato la campagna elettorale assieme all’assenza di un baricentro robusto in grado di mediare e di indirizzare le varie spinte sociali. Sociologia da strapazzo? Forse. Ma la copertina dedicata dall’Economist alle elezioni è chiarissima: due partiti “estremisti”, l’uno ammalato di una visione aristocratica della società e l’altro fermo ai miti collettivisti degli Anni ‘70 hanno spaccato il Paese con poco costrutto.

Come spiegare altrimenti il massiccio voto dei giovani per Corbyn contro la valanga di consensi degli ultra-sessantacinquenni per la May? E quello dei laureati (46% per i “rossi”) contro i “non qualificati” addirittura al 47% per i cons? E ancora: Londra sembra essere diventata la capitale mondiale del socialismo tanto ha votato a favore di un programma di sinistra old style come quello presentato dai Labour. Ma la capitale britannica ricca e cosmopolita non esercita più alcuna egemonia sugli inglesi di provincia dove è concentrata la gran parte della classe media della nazione. E così Londra è circondata da una marea di collegi azzurri, il colore dei conservatori, quasi fosse un’area estranea al corpaccione del Paese.

I FLUSSI
Sul piano dei veri e propri flussi elettorali la storia è chiarissima: il voto di protesta che due anni fa aveva gonfiato fino a quota 12% le vele dell’Ukip, il partito dell’uscita dalla Ue, dopo il sì alla Brexit si è liquefatto per tornare nei forzieri dei grandi partiti. Una valanga di voti (circa 3,5 milioni) che è andata in parte ai Conservatori per i quali hanno votato il 42,2% dei cittadini britannici segnando una ragguardevole crescita del 5,5% per il partito conservatore. Il che rende la sconfitta in seggi della premier Theresa May ancora più paradossale, amara e cocente.
Ma gli ex elettori dell’Ukip, secondo i sondaggisti i meno informati e più provinciali fra tutti i cittadini britannici, hanno preferito in massa soprattutto il programma più irrealistico e spendereccio (si alla costruzione di un milione di case popolari, forte aumento di tutte le spese statali) presentato dai laburisti con uno stile tardo keynesiano che non si vedeva in Europa dagli anni Sessanta.

E così il Labour di Corbyn, contrariamente a tutte le previsioni formulate dagli stessi laburisti fino a 40 giorni fa, ha incassato una messe di voti quasi incredibile: l’aumento è del 9,5% rispetto a due anni fa e la percentuale assoluta è del 40%. Non solo un livello che Blair e la stessa Thatcher spesso hanno solo sperato ma anche una quantità di voti che i partiti europei si sognano.
In Francia, Emmanuel Macron ha vinto il primo turno con il 24% dei consensi. In Olanda Mark Rutte, il premier di centrodestra che ha fermato i populisti, si è accontentato del 21%. In Spagna i quattro principali partiti sono compresi fra il 33% dei Popolari e il 13% di Ciudanados. In Italia tutti i partiti sono sotto il 30% e - sulla base del Consultellum, la legge elettorale attualmente in vigore alla Camera - se arrivassero al mitico 40% si vedrebbero assegnare un premio di governabilità del 14%.

VOTI A VALANGA
Il paradosso del voto inglese sta tutto qua: il successo (in voti) dei due principali partiti britannici non solo non assicura una solida maggioranza al Paese ma ne fotografa le faglie profonde. Le analisi dell’istituto Ipsos ad esempio sono spietate nella contrapposizione dei votanti per censo. I proprietari di casa, che nel Regno Unito sono pochi, hanno votato al 58% per Theresa May contro l’esiguo 28% per Corbyn, mentre gli affittuari delle case private hanno fatto l’opposto: 48% per il Labour e 34% per i Cons. I Conservatori, però, almeno possono dire che il grosso della classe media sta con loro. Lo si evince dal 52% dei diplomati che li preferiscono agli altri partiti e anche dal 49% delle famiglie con mutuo che hanno puntato sulla May contro il 38% che ha preferito Corbyn. Probabilmente questa è la chiave di lettura anche del successo dei Conservatori in Scozia dove hanno strappato parecchi collegi al locale partito nazionalista che, dopo la Brexit, aveva adombrato la possibilità di staccarsi dal Regno Unito per rimanere in Europa. Una strada giudicata troppo pericolosa anche da una fetta di classe media scozzese.
 
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