Charlie e il Bambino Gesù, il grido della mamma: «Aiutatemi a salvarlo»

Charlie e il Bambino Gesù, il grido della mamma: «Aiutatemi a salvarlo»
di Franca Giansoldati e Raffaella Troili
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Mercoledì 5 Luglio 2017, 00:27
CITTÀ DEL VATICANO «Aiutateci a salvare il nostro Charlie». Il papà e la mamma del piccolo Gard non si arrendono. La Santa Sede e il Papa neppure. «Superare questi problemi? Se possiamo lo faremo» fa sapere il cardinale Pietro Parolin. La mano tesa che Connie e Chris hanno ricevuto da Roma, dal Bambino Gesù, è stata per loro uno sprazzo di luce al quale aggrapparsi. Connie, soprattutto, è più che mai determinata a non arrendersi di fronte alla prossima, durissima battaglia, a questo punto interamente politica. Si spera, infatti, in un intervento diretto della premier Theresa May per sciogliere il nodo. Nel frattempo si muoverà anche il governo italiano. Il ministro Angelino Alfano oggi avrà un colloquio telefonico con il suo omologo Boris Johnson. Al momento il piccolo Charlie, affetto da una malattia genetica che non offre scampo, non si può trasportare né a Roma né altrove. 

«NON MI ARRENDO»
Ma Connie Yates non si arrende, come potrebbe una mamma, «if he’s still fighting, we’re still fighting!!!», finché lui lotta, noi lottiamo, è il sentimento che la tiene lucida e forte. Il tempo di venire a sapere che il Great Ormond Street Highting di Londra, l’ospedale dove è ricoverato il piccolo Charlie Gard, ha respinto la richiesta di trasferimento al Bambino Gesù e lei ha preso il telefono. Erano le 17 di ieri: «Aiutatemi - ha chiesto determinata a Mariella Enoc, presidente dell’ospedale pediatrico di Roma - non voglio arrendermi, ho letto della vostra offerta, che tipo di assistenza potete dare a mio figlio? E soprattutto: attraverso i vostri esperti potete verificare se ci sono le condizioni per una sperimentazione sulla malattia, al Bambino Gesù o negli Usa?». 

La giovane mamma di Charlie, il bimbo inglese affetto da sindrome da deperimento mitocondriale giudicata incurabile e che ieri ha compiuto 11 mesi come mostrano le foto dei nonni e dei parenti pubblicate su Facebook, non fa un passo indietro nella sua corsa contro il tempo per evitare che al figlio venga staccata la spina. L’ospedale britannico ha posticipato la data in cui i macchinari che lo tengono in vita dovrebbero spegnersi, sulla spinta anche mediatica creata dai genitori, Conny Yates e Chris Gard. La mamma di Charlie combatterà fino all’ultimo, è stata la percezione che hanno avuto anche al Bambino Gesù mentre la ascoltavano. «Provate a verificare la possibilità che questa cura venga fatta». Connie sa che forse solo così l’ospedale britannico potrebbe fare un passo indietro, ma prima i giudici dovrebbero rivalutare il caso. Dettagli per una mamma che non ha intenzione di arrendersi.
Esperti sono già stati incaricati, in caso positivo il nosocomio romano si metterà immediatamente in contatto con lei. Un tentativo, un’ultima speranza, un filo diretto Roma-Londra che non si è interrotto nonostante il no al trasferimento.

In assenza di colpi di scena, il percorso sembrerebbe già avviato sul percorso peggiore, quello che gli sfortunati genitori non avrebbero mai voluto. «Sono stata contattata dalla mamma di Charlie», conferma Mariella Enoc presidente dell’ospedale romano, «mi è sembrata una signora molto determinata. Mi ha chiesto di verificare la possibilità di una cura e che questa cura venga fatta, i nostri medici stanno approfondendo questa possibilità». La Enoc ieri sera, in Vaticano, parlava in modo pacato, scegliendo con attenzione i termini da usare. La situazione è delicatissima. Ha fatto capire che la vera partita ora è tutta londinese. «Purtroppo l’ospedale ci ha comunicato che il board per motivi legali non può trasferire il bambino da noi». La battaglia per il piccolo Charlie è commovente, è divenuto la bandiera pro-life, sta mobilitando anche Palazzo Chigi. Già due giorni fa era stato Il ministro degli Esteri, Alfano a contattare il nostro ambasciatore a Londra chiedendogli di informare i vertici del Great Ormond Street Hospital che si era aperta una reale, concreta, immediata possibilità a Roma. Enoc nel frattempo si era mossa autonomamente, sicura di interpretare la volontà di Papa Francesco che, dopo qualche giorno di prudenza, aveva affidato ai mass media un pensiero solidale, di vicinanza verso i genitori. «Affinché potesse essere rispettata la loro volontà». Il tempo sicuramente non gioca a favore. «Quando ci ha chiamati la mamma l’abbiamo ascoltata con molta attenzione». Nel frattempo all’interno del Bambino Gesù, il settore più strettamente legato alla ricerca scientifica, ha iniziato a contattare altri centri analoghi per capire se è possibile trovare una cura.

ZONA GRIGIA
«Nella vita esistono zone grigie - ha riflettuto Enoc - Ne parlava anche il cardinale Martini a proposito del fine vita. In questo caso è molto difficile dire se esiste o meno accanimento terapeutico. Davanti a questa zona grigia mi astengo dal giudizio e faccio la sola cosa che posso fare, ovvero dire che noi a Roma possiamo accogliere la famiglia e accompagnarla così come ci ha chiesto il Papa. Purtroppo il board dell’ospedale di Londra afferma che non si può».
 
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