Mirabelli: «La rinuncia a una scelta di coscienza non può essere requisito per lavorare»

Mirabelli: «La rinuncia a una scelta di coscienza non può essere requisito per lavorare»
di Valentina Errante
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Giovedì 23 Febbraio 2017, 00:24
È possibile che, ancora prima di cominciare il concorso finisca davanti ai giudici del Tar. Perché sulla legittimità del bando, che per l’assunzione all’Ospedale San Camillo si rivolge soltanto ai medici non obiettori di coscienza, sono in tanti ad avere dubbi. Cesare Mirabelli, ex presidente della Corte Costituzionale, invece, ne ha pochi e individua già il profilo di illegittimità nella selezione che esclude “alcuni” a causa di una scelta costituzionalmente garantita. D’altra parte resta aperto il problema: la legge 194, che prevede per tutte le donne il diritto all’interruzione di gravidanza, resta spesso inapplicata, proprio a causa della mancanza di medici non obiettori.

Secondo lei, in questo bando, potrebbero esserci profili di illegittimità?
«Ho molte perplessità, l’obiezione di coscienza ha un fondamento costituzionale, è riconosciuta come diritto fondamentale della persona, non può, quindi, essere un elemento di discriminazione. La rinuncia a questo diritto non può essere un requisito per partecipare a un concorso pubblico. Non si può discriminare chi esercita un diritto rispetto a chi sceglie di non farlo».

Potrebbe anche accadere che un non obiettore cambi idea dopo essere assunto, cosa comporterebbe una scelta a posteriori?
«È questo il nodo, non si può vincolare una persona: la libertà di coscienza è inalienabile e può essere esercitata in qualsiasi momento, anche successivamente alla nomina. Per questo la pretesa che chiunque rinunci aprioristicamente a una libera scelta di coscienza non è e non può rappresentare un requisito per l’assunzione».

Chi potrebbe impugnare il bando
«Tutti i medici che, volendo partecipare al concorso, si vedano esclusi per motivi di coscienza costituzionalmente garantiti». 
Eppure la legge 194 è una legge dello Stato, anche l’aborto è un diritto che deve essere garantito dalle strutture pubbliche. Spesso però i medici non sono disponibili
«Non c’è dubbio. Anche il Consiglio d’Europa si è espresso in questo senso. Il problema esiste, ma non credo possa esserci un bilanciamento in questi termini, che mette in discussione i diritti della persona e, in particolare, il diritto all’obiezione». 

Il concorso, però, prevede un ufficio specifico, chi partecipa è assunto con una mansione definita. Non si tratta di una scelta soggettiva al momento della partecipazione alla selezione?
«Capisco che è un’esigenza organizzativa, ma non mi pare trovi in questi termini la soluzione. La specificità dell’assunzione categorizza chi è obiettore, vincola chi è assunto a non esercitare un diritto, limita una professione. Sebbene nelle attività del ginecologo rientrino anche le pratiche abortive, l’assunzione non può essere vincolante. Un ginecologo esercita anche altre attività, non solo l’aborto».

Come si trova un equilibrio tra due diritti garantiti dallo Stato?
«Questo è un problema rispetto al quale non riesco a trovare una soluzione. Comunque non credo che la chiave sia un concorso al quale possano partecipare solo alcune persone, in particolare quelle che scelgano di non esercitare un diritto. Non si può essere vincolati, la libertà di coscienza non può essere condizionata dall’esercizio professionale. Non conosco le statistiche sul territorio, mi chiedo se questa scelta nasca davvero da una reale esigenza e non si tratti, piuttosto, di un braccio di ferro che enfatizza, dal punto di vista ideologico, un tema attualissimo».
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