Caso di tubercolosi a Napoli: «Bacilli resistenti, servono antibiotici degli anni ’60»

Caso di tubercolosi a Napoli: «Bacilli resistenti, servono antibiotici degli anni ’60»
di Ettore Mautone
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Venerdì 19 Ottobre 2018, 22:29
«La Tbc? Non è mai sparita, bisogna stare attenti a non allarmare perché bisogna spiegare che non sono gli immigrati a portare l’infezione ma semmai il disagio socio-ambienbtale. Questi pazienti arrivano da noi spesso come portatori sani, persone che nei loro paesi di origine sono venuti in contatto con il bacillo della Tbc. Inizialmente non sviluppano malattia in quanto il batterio è tenuto a bada dalle loro difese immunitarie. Poi però dopo qualche anno di permanenza in Europa si ammalano in quanto vivono di stenti, si alimentano male». Un microbo, quello della Tbc, che può restare silente annidato in qualche angolo dell’organismo, sorvegliato a vista per anni dalle cellule del sistema immunitario. Ma che può anche risvegliarsi e provocare la malattia, nella forma contagiosa o meno che sia. 
«La Tbc resta un emergente problema di salute pubblica, in Campania come nel resto d’Italia e dell’intera Europa - spiega Roberto Parrella, dirigente medico del Cotugno, pneumologo responsabile dell’unità di Malattie infettive ad indirizzo respiratorio dell’ospedale Cotugno di Napoli - sia per le popolazioni immigrate, sia per tutta la popolazione generale». Preoccupazioni che sorgono soprattutto per la circolazione di un certo numero di ceppi multiresistenti a tutti gli antibiotici conosciuti. Casi, questi ultimi, che riguardano in particolare le popolazioni provenienti dell’est Europa. Persone che si sono ammalate in in passato, trattate con cicli di antibiotici sbagliati e per tempi insufficienti così da selezionare forme resistenti poi riacutizzate dopo qualche anno di permanenza in Italia quando si manifestano per carenze nutrizionali e insane abitudini di vita. «Il trattamento della Tubercolosi deve andare avanti per mesi e mesi con batterie di diversi antibiotici continua Parrella - fino alla completa guarigione. I nostri protocolli sono efficaci ma vanno ben condotti e iniziati per tempo. Sia per ottenere la remissione della malattia sia per evitare che il batterio si attrezzi a resistere fino a diventare insensibile alle cure. E questa evenienza, quando si presenta, pone un serio problema di salute pubblica». 

ANTIBIOTICI DIMENTICATI 
Un altro problema nella cura della Tbc, è l’approvvigionamento dei farmaci che consentono la cura. Alcuni antibiotici, efficaci e basso costo, come la rifampicina, sono stati pressoché abbandonati dalla produzione negli anni ‘60 da parte delle case farmaceutiche. Medicine in parziale disuso ma che tornano alla ribalta con il crescere die casi di infezione di Tbc. Il Cotugno ha tutte i farmaci che servono ma sul mercato alcuni di questi antibatterici si trovano con crescente difficoltà in tutta Europa e c’è il serio rischio che in presenza di un mercato poco remunerativo di tali farmaci, risulti sempre più difficile reperire questi antibiotici. Un problema che fa il paio con quello delle resistenze agli antibiotici frutto anche di un massiccio e scorretto, inappropriato utilizzo di questi preziosi alleati per la cura delle malattie infettive. Scarsi investimenti in nuove molecole, utilizzo massiccio in agricoltura e in zootecnia, uso e abuso in qualunque malattia anche virale, quanto sono inefficaci, sono il novo fronte di allarme in tutto il mondo per la cura delle malattie batteriche. Monitoraggio, diagnosi, sorveglianza igienico sanitaria e buone pratiche nell’utilizzo dei farmaci sono le strade da seguire per non ritrovarsi disarmati dal ritorno degli spettri delle malattie del passato.
 
100 CASI ALL’ANNO 
Al Cotugno, dove approdano la maggior parte dei casi di tutta l’area metropolitana di Napoli, sono riconosciuti ogni anno, circa 100 casi di Tubercolosi, in massima parte nelle forme non infettive ma nel 3-4% dei casi nelle temibili forme multi resistenti agli agli antibiotici. Una forma della malattia che fa paura per i rischi epidemiologici che comporta (anche per il personale) e per le difficoltà di cura. Sul nodo della Tbc sono accesi i riflettori della Regione che sta raccogliendo i dati sull’incidenza della malattia e mettendo a punto nuove linee guida dopo quelle del varate nel 2009 ma rimaste lettera morta. Dal 2014, ossia da quando un reparto di Tisiologia è stato trasferito al Cotugno dal Monaldi (dove è ancora presente una unità operativa), i casi di Tbc polmonare registrati nel polo infettivologico sono stati 115 nel 2015 (40% italiani), 111 nel 2016 (48% ialiani), e 130 ne 2017 (31% italiani) e un centinaio nel 2018 e pochissimi decessi. Di questi 466 casi 19 sono della forma multi resistente. Il problema è che i pur rari pazienti infettivi possono contagiarne altri 10 se le condizioni di vita sono di grave promiscuità. Obiettivo di Palazzo Santa Lucia è affilare le armi per la profilassi e per migliorare le cure. Uno dei nodi da sciogliere riguarda la reperibilità di alcuni antibiotici a basso costo non più in commercio.
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