Carlo Verdone: «Da noi la commedia non sa più mordere»

Carlo Verdone: «Da noi la commedia non sa più mordere»
di Gloria Satta
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Lunedì 11 Giugno 2018, 00:25

«Se la commedia non morde è inutile. Quando un film punta esclusivamente a far ridere è destinato a finire nel dimenticatoio. E oggi in Italia le commedie senza spessore, cioè non scaturite dall’osservazione impietosa della realtà o addirittura dall’indignazione, sono tante. Troppe». Parola di Carlo Verdone che stasera a Ostia, per il Piccolo Cinema America, inaugurererà la programmazione dell’arena del Porto Turistico di Roma presentando al pubblico Divorzio all’italiana, il cult di Pietro Germi, Oscar 1962 per la sceneggiatura. «Si tratta di un’opera capitale nella storia del cinema», spiega Verdone che in queste settimane, con la collaborazione degli sceneggiatori Nicola Guaglianone e Menotti, sta mettendo a fuoco il suo nuovo film. «Divorzio all’italiana, scritto in modo magistrale e interpretato da due magnifici attori come Marcello Mastroianni e Stefania Sandrelli, denunciava in chiave comica una mentalità arcaica legata al concetto di disonore e per questo faceva scandalo. Forse, quando ancora esistevano i tabù e le proibizioni, il lavoro degli sceneggiatori e dei registi era più facile». 
Oggi che succede, invece? «Non ci si stupisce più di niente. Tutto sembra possibile, normale, accettabile. Chi sgarra viene perdonato o perfino portato in trionfo».

A cosa si riferisce? 
«Sono tutt’altro che giustizialista, sia chiaro, ma non ci scomponiamo più nemmeno di fronte ai fatti più gravi. Un omicidio stradale commesso ad alta velocità da un automobilista ubriaco o drogato non suscita indignazione. Al massimo ci strappa un “roba da pazzi”. Ed è difficile, per il cinema, denunciare o fustigare».

Perché i film italiani, comprese le commedie, oggi incassano poco?
«Ne escono troppi e la gente fatica a distinguerli. E, come se non bastasse, sono interpretati dagli stessi attori che trasmigrano da un set all’altro: quando uno è in un film di successo, automaticamente viene preso in tutte le produzioni. Ma così si danneggia il cinema che ha bisogno di rinnovare lo star system. Io, al contrario, cerco sempre attrici e attori sconosciuti. Non mi stanco di fare provini».

Di cosa parlerà la sua nuova commedia?
«Ho appena individuato due soggetti che presto sottoporrò al produttore Aurelio De Laurentiis». 
E sono legati all’attualità? «Certo, come tutti i miei film precedenti. Fin dai tempi di Un sacco bello continuo a prendere spunto dai mutamenti del costume, dei rapporti familiari, dalle abitudini della gente che non mi stanco di osservare. Ma dopo aver cavalcato il realismo per oltre tre decenni, voglio inaugurare uno stile nuovo aggiungendo un pizzico di fantasia alla mia storia. Senza rinunciare a graffiare». 

L’attuale cambiamento politico non la ispira? Potrebbe essere protagonista di una sua commedia? 
«No, per carità. Lo metterei solo sullo sfondo: dopo essersi cibata i politici ad ogni ora del giorno e della notte in tv, la gente si è rotta le palle e non vuole certo ritrovarseli anche al cinema. Parlano tutti, di tutto, ed è ormai difficile capire dove sta la verità». 

Lei, da progressista, che idea si è fatto?
«Possiamo anche criticare i nuovi governanti, ma dobbiamo capire perché la ruota ha girato e li ha portati al potere. All’origine, credo, c’è un disagio diffuso e l’abbandono dei cittadini da parte della politica tradizionale».

Nemmeno i nuovi costumi sessuali potrebbero rappresentare materia interessante per un suo film? 
«Interessante ma pericolosa. Rischierei di venire lapidato sui social dove basta esprimere un’opinione pacata per venire seppellito dagli insulti o vedersi augurare la morte».

E’ capitato anche a lei? 
«No, ma ho denunciato un falso profilo a mio nome che mi attribuiva affermazioni deliranti. Io ho esclusivamente una pagina facebook che uso con estrema moderazione parlando di cinema e musica in questo Paese che rischia di perdere la memoria storica. Anche per questo sono felice di presentare Divorzio all’italiana. A Ostia, un luogo a me caro che ha fatto da sfondo a molti miei film, compreso l’ultimo Benedetta follia: a dispetto delle cronache, è popolato di persone perbene».

Gli scandali sessuali, la mobilitazione anti-molestie, il movimento #MeToo cambieranno davvero il cinema?
«Quel che è successo negli ultimi mesi doveva succedere: denunciare gli abusi e rispettare le donne nei luoghi di lavoro è sacrosanto. Mi spiace soltanto che per colpa di qualcuno il cinema sia apparso come una culla di nefandezze mentre sono tantissimi i professionisti seri e rigorosi. Ma ora, portato alla luce il problema, mettiamoci a lavorare e facciamo tornare in scena chi è stato travolto dallo tsunami». 

Di chi parla? 
«Di Kevin Spacey, di Woody Allen. Sono stati tagliati fuori dalle accuse ma il cinema non può permettersi di perdere il loro talento. Senza nulla togliere alla giusta lotta contro gli abusi, meritano una seconda chance». 
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