Cosa l’ha spinta ad accettarla?
«Confesso che all’inizio ero terrorizzata: anche se ho sempre desiderato interpretare un musical, cantare e ballare davanti alla cinepresa va al di là della mia ”comfort zone”. Avevo una paura matta di non riuscirci e soprattutto di non avere abbastanza voce...»
E come ha superato le sue paure?
«Quando ho incontrato il direttore musicale del film, Matt Sullivan, sono scoppiata a piangere e gli ho confessato le mie trepidazioni. Lui è stato adorabile, mi ha rassicurata e messo a disposizione una squadra di coach che mi hanno insegnato a tirar fuori il meglio di me. Abbiamo lavorato sodo e, giuro, è stata un’esperienza straordinaria».
Ma lei il musical originale l’aveva visto?
«Sì, quando avevo dieci anni e andavo a scuola. Imparai le canzoni a memoria, in particolare "Tomorrow": ogni volta che la ascolto ripenso alla mia infanzia».
Come descriverebbe il suo personaggio?
«Miss Hannigan non è triste perché non ha un compagno, anche se c’è un tizio che la corteggia. E’ triste perché canta, ma non riesce a diventare una star: è stata licenziata dal gruppo musicale di cui faceva parte, quindi si ritiene una fallita. Moltissime persone pensano che fama e successo garantiscano la felicità...».
Ma cosa l’ha spinta a interpretarla?
«Il fatto che cambia. Il mio personaggio capisce a un certo punto che nel passato ha fatto cose sbagliate come bere, andare in giro, preoccuparsi ossessivamente dei capelli e delle unghie: insomma si è comportata come se fosse una persona famosa, ma senza lavorare per diventarlo. Miss Hannigan finisce per rendersi conto che la fama e i soldi non danno la felicità: per guadagnarsela, bisogna fare la cosa giusta».
E la piccola Annie che tipo di bambina è?
«Deve imparare molto presto a prendersi cura di sé e sopravvivere in un mondo molto duro. Non dovrebbe essere così: ogni bambino merita di essere amato e accudito, di avere un posto sicuro in cui stare... Annie per fortuna trova Miss Hannigan che le promette di darle un letto, proteggerla, insegnarle a leggere e scrivere».
E qual è il messaggio del film?
«Ognuno di noi, da bambino, ha pensato almeno una volta di non essere abbastanza amato dai propri genitori. Nessuno è perfetto, nemmeno il padre e la madre migliori, e possono capitare momenti in cui un piccolo si sente trascurato... È il caso di Annie, e fa pena anche se è buffa, ottimista e carismatica. Alla fine tutti sono contenti che trovi una persona che la ama e un posto che possa chiamare casa».
Lei non ha figli, che effetto le ha fatto recitare con un’attrice di nove anni?
«Quvenzhané è divertente, dinamica e piena di talento. Era felice di recitare, così non sarebbe andata a scuola. È già una bravissima attrice, ma resta una bambina».
Come sceglie i film?
«Non devo dimostrare a nessuno che sono una brava attrice né pretendo di vincere l’Oscar. Scelgo le sfide che mi stimolano di più per gratificare me stessa. Anche a costo di lavorare duro, com’è successo sul set di Annie. È stata una faticaccia, ma che soddisfazione! Conta solo questo».
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