Calenda: «Dem come l’asilo Mariuccia, noi litighiamo e Salvini ci sta portando fuori dall’Europa»

Carlo Calenda
di Mario Ajello
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Martedì 18 Giugno 2019, 00:21 - Ultimo aggiornamento: 00:22
È incredibile. Salvini piano piano ci sta buttando fuori dall’euro e dall’Europa e noi invece di incalzarlo, di controbattere, di contrattaccare, ci lasciamo campo libero e lo lasciamo festeggiare». Festeggiare che cosa? La nostra assenza politica e progettuale, il vuoto, il nulla: questo oggi è il Pd, un Pd inguardabile!». Carlo Calenda è un fiume in piena. Oggi si tiene la direzione del Pd e lui, forte di un massiccio successo elettorale nel nord-est, è arciconvinto che o il Pd la smette di guardarsi l’ombelico oppure l’Italia corre un grave pericolo. «Non può esistere un Paese senza opposizione, e io non ho parole per come il Pd ha voluto ridurre se stesso. Un coacervo di rancori, di correnti, di Lotti o non Lotti, di renziani e anti-renziani, di totale latitanza delle idee e di tante altre cose che non servono al Paese e di cui gli italiani se ne infischiano».

L’ASILO
Nelle parole di Calenda, a cui resta appicciato il meraviglioso nomignolo di Callende, il Nazareno è «un kindergarten, un asilo Mariuccia». Dice: «Le elezioni ci saranno a breve, io credo a che già a settembre si andrà a votare. E noi siamo al grado zero su tutto. Ma è mai possibile che hanno appena rifatto la segreteria del partito e non è stata prevista la delega per l’economia? Invece di mettere quello lì che ha pure votato al referendum costituzionale contro il nostro partito, dovevano mettere una specie di ministro dell’economia in segreteria: uno che ogni giorno fa le pulci al governo, che smonta le balle di Salvini e di Di Maio, che spieghi con tenacia e con sapienza quanto i giallo-verdi stanno facendo male ai cittadini e come stiano portando tutti noi fuori dall’Europa». 

L’OLTRISMO
L’idea di Calenda è quella di un governo-ombra e lui stesso, sui dossier aziendali, non fa che comportarsi da contraltare di Di Maio. Peccato, però che i governi ombra della sinistra abbiano sempre fallito, anche l’ultimo inventato da Veltroni nel Pd, e sono sempre rimasti delle idee, delle suggestioni, dei modelli mai perseguiti con convinzione vera. E non si capisce per quale motivo ora invece il governo-ombra debba funzionare. «Se lo si fa seriamente, il governo ombra può essere ottima soluzione. Il premier ombra dev’essere Gentiloni, in quanto garante dell’unità del partito. Ma la compagine non può riguardare soltanto il Pd. Va allargata a figure civiche, a personaggi riconosciuti che rappresentano non solo il nostro partito. Penso a figure come Carofiglio alla giustizia, come Cottarelli all’economia». Allargare-allargare-allargare: il mantra di Calenda è questo. E la coalizione che ha in mente dovrebbe allargarsi a Più Europa, ai movimenti civici, alle realtà regionali, ai sindaci, a tutti quelli che - da Pisapia alla Tinagli, da Roberti a Bartolo, alle Europee hanno portato voti al Pd venendo da altre esperienze». E ancora: «Nella segreteria del Pd dovevano esserci Sala o Bonaccini, gente rappresentativa, e non le solite logiche autoreferenziali». 

Si dirà: siamo al vecchio “oltrismo”, all’andare “oltre”. Ma per andare dove si vuole andare, per dirla alla Totò, serve pure sapere che cosa si vuole essere. «Il problema è questo. E invece sento parlare di scissioni e di altre stupidaggini. Ora Paolo Gentiloni chiami tutte le componenti, dica loro una volta per tutte di smetterla con le guerricciole assurde e cominci lui stesso a lavorare al governo ombra, che sia tosto e capace di stanare i giallo-verdi». 
O magari servirebbe un partito meno somigliante la Pd stile Ds, una forza più moderata e di centro, magari con il sindacalista Bentivogli come homo novus e in prospettiva i dem zingarettiani e post-comunisti ci si potrebbero alleare. «Io rimango dove sto», incalza Calenda: «Ho preso io voti presentandomi nel Pd e questa è casa mia. Ma va rifatta completamente». 
Nel caos, nella pre-scissione - vanno via i renziani? – e nella più totale cacofonia per cui non si capisce bene se siano stati i renziani a non voler entrare in segreteria o siano stati i pasdaran del segretario a non volerceli, Calenda vede soltanto il «piccolo cabotaggio». E il rischio, conclude, «è che quando ci sveglieremo da questo delirio, vedremo un’Italia fuori dall’euro e via dall’Europa e non potremo dire che non sia stata anche colpa nostra». 
 
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