Il ministro Barbara Lezzi: «Sgravi al Sud non solo per i giovani. Sull'Ilva medieremo»

Barbara Lezzi
di Francesco Lo Dico
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Domenica 17 Giugno 2018, 00:53 - Ultimo aggiornamento: 18 Giugno, 22:41
Dalle Zes, zone economiche di sviluppo, alle infrastrutture che «devono riconnettere il Sud con il resto del Paese». Dalle sperequazioni («una priorità applicare i Lep») ai fondi europei («quasi cento miliardi che possiamo ancora recuperare)». E ancora gli «sgravi contributivi per i disoccupati», la Tap e l’Ilva. Il nuovo ministro del Mezzogiorno, Barbara Lezzi, sembra intenzionata a fare del suo ministero quello che lei definisce «un presidio per tutti i cittadini meridionali».

Ministro, dovrà occuparsi di Sud a partire da un programma che dedica al tema solo sei righe, e senza portafoglio. Una sfida tutta in salita, non trova?
«Niente affatto. Quelle sei righe hanno un potenziale enorme perché parlano di misure omogenee per tutto il territorio nazionale. Ciò significa per il Sud poter colmare quel gap con il Nord cresciuto a dismisura negli ultimi 25 anni. L’intenzione è quella di fare del mio ministero un presidio per il Meridione: monitorerò l’azione del governo per fare in modo che le misure adottate assicurino al Sud le risposte di cui ha bisogno». 

Il ministro degli Affari regionali, Stefani, ha detto però che se saltano le autonomie del Nord, salta il governo. 
«Sono affermazioni rispetto alle quali non replico: al di là di dichiarazioni estemporanee, fa fede il contratto. Lì non c’è scritto che il surplus fiscale debba essere trattenuto al Nord. La Costituzione dice che tutte le regioni devono osservare il principio di solidarietà. E servirebbe la maggioranza qualificata degli aventi diritto di entrambe le Camere, per cambiare le cose. Le autonomie non possono diventare uno strumento per favorire alcune regioni a scapito di altre. Se qualcuno dovesse pensarlo, troverà davanti a sé una strada impervia». 

L’attuale formula che definisce i fabbisogni standard dei comuni penalizza però il Sud. Applicherete i Lep?
«Possiamo e dobbiamo: è ora di dare riconoscimento ai diritti negati di troppe persone, e sanare così un’indecenza che impera da troppi anni in spregio alla Carta».

Pensate di provvedere con un decreto?
«Riteniamo più giusto ricorrere a un disegno di legge che sia preceduto e arricchito da un confronto con i territori».
Di Maio ha annunciato che lei gestirà i fondi europei per la coesione, al Sud in larga parte sprecati. Come agirà?
«La delega è ufficialmente arrivata l’altro ieri. È un peccato non aver sfruttato risorse tanto preziose: parliamo di fondi che sfiorano i 100 miliardi. Siamo in ritardo, ma facciamo in tempo a recuperare. Purché si cambi passo».

Quali i nodi da sciogliere?
«Il problema vero è la burocrazia. Per questa ragione, ho già istituito un tavolo con i ministri della P.a, delle Infrastrutture e della Giustizia coordinato dal premier Conte, che intende avviare un percorso di semplificazione in grado di agevolare le regioni finite impigliate negli iter burocratici. In secondo luogo, ho deciso di avvalermi dell’Agenzia della coesione: settanta consulenti e duecento funzionari tecnici che saranno presenti nei territori con il compito di fluidificare le pratiche e curare i progetti» 

Intanto i governatori del Sud hanno siglato un patto comune per il Sud e per il lavoro. Avrà il suo sostegno?
«Incontrerò Olivero, Emiliano e De Luca la prossima settimana. Credo siano necessari maggiori elementi di comprensione, ma sono senz’altro aperta alla discussione».

La famosa clausola del 34% degli investimenti ordinari da destinare al Sud andrà in porto o pensate di cancellarla?
«Manca solo il decreto attuativo. Così come previsto dalla norma primaria di De Vincenti, intendiamo però raggiungere il 34% degli investimenti della quota ordinaria a partire dai contributi dei singoli ministeri interessati. E pensiamo di estendere l’Agenda 34% anche ad Anas e Rfi». 

Le Zes approvate a marzo dalla giunta regionale campana sono un modello di sviluppo esportabile?
«È un progetto non assistenzialista che guarda nella direzione giusta. Ma in parallelo alle Zes, ho già avviato con il Cnr un percorso volto a creare cluster tecnologici che offrano nuove opportunità ai giovani nel campo delle tecnologie e dell’innovazione».

Che ne sarà di “Resto al Sud” e della Banca della Terra?
«“Resto al Sud” va estesa anche ai professionisti. Per quanto riguarda la Banca della Terra, ben venga la riconferma: valorizzare l’agricoltura è certamente un bene». 

Nel contratto c’è anche una misura sensibile per il Sud come la banca pubblica degli investimenti. Come funzionerà?
«Sul progetto sono già a lavoro i viceministri dell’Economia: vogliamo offrire a chi vuole investire, ma è penalizzato da interessi alti, linee di credito agevolate».

Realizzare i progetti di cui parla prevede un’indispensabile precondizione: connettere il Sud al resto del Paese.
Darete continuità ai progetti già avviati dal ministro Delrio? 
«Dalla Napoli-Bari alla Salerno-Reggio ferroviaria l’intento è quello di ricucire il Paese e di sveltire molti progetti, già finanziati, che si sono fermati a causa di intoppi. Ma oltre che sulle grandi opere, vogliamo lavorare anche sulle piccole realtà: troppi luoghi del Meridione sono isolati».

Lei reputa il Tap un’opera inutile e dannosa. Che ne sarà?
«Personalmente la ritengo un’opera inutile. Ma c’è un trattato ratificato da cinque anni. Dobbiamo prenderne atto. Come promesso, faremo una valutazione attenta e responsabile che arrechi il minor danno possibile ai cittadini». 

C’è incertezza anche sul futuro dell’Ilva. Di Maio  esclude soluzioni in continuità con quelle di Calenda. 
«Mettere a norma l’Ilva nel rispetto degli standard Ue sarebbe troppo costoso per qualsiasi investitore. Ad ogni modo il dossier è al vaglio, Di Maio incontrerà le parti la prossima settimana. Se dovesse emergere che il piano pone massima attenzione all’impatto ambientale, troveremo una soluzione che concili occupazione e salute dei cittadini».

Intanto la disoccupazione al Sud resta al palo. Reddito di cittadinanza a parte, come pensa di intervenire?
«Vogliamo rilanciare gli sgravi contributivi Inps e Inail al 100% previsti dalla legge 407 del 1990 che il Pd ha abolito. Vorremmo ripristinare la legge, ed estendere i benefici ai disoccupati a prescindere dall’età. In alternativa, se la misura risultasse troppo onerosa, pensiamo a sgravi ad hoc validi per il prossimo triennio». 
 
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