Lezzi: «Autonomia tutta da rivedere, scelte rimandate a dopo le Europee»

Lezzi: «Autonomia tutta da rivedere Scelte rimandate a dopo le Europee»
di Simone Canettieri
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Domenica 5 Maggio 2019, 01:01 - Ultimo aggiornamento: 16:36
Ministro Barbara Lezzi, l’Autonomia non andrà in porto perché tanto cadrà prima il governo? 
«Non credo che si voglia far cadere il governo, che sta ottenendo dei buoni risultati, per una poltrona. Sarebbe surreale e ingiusto».

Partiamo allora dall’Autonomia differenziata. La sua collega Erika Stefani ha detto che nell’ultimo consiglio dei ministri vi ha letto una relazione. Cosa c’era scritto?
«Il ministro Stefani ci ha solo detto di aver aggiornato le bozze rispetto a febbraio, ma noi non le abbiamo viste. Non so se abbia recepito le nostre osservazioni. A partire da quelle del ministro dell’Economia Giovanni Tria, ribadite anche durante un’audizione pubblica in commissione bicamerale». 

Tria lo scorso 18 aprile ha detto che c’erano dubbi di costituzionalità sulla riforma. 
«E io sono ferma alle sue parole».

I leghisti vi accusano di fare melina: è così?
«No, non siamo contrari all’Autonomia, anzi. E fa parte del Contratto. Ma finora abbiamo ascoltato solo buone intenzioni».

Tipo?
«Che non avrà costi per lo Stato e che non ci saranno cittadini di serie A e serie B. Ma vogliamo vedere i testi. E non i buoni propositi, appunto».

Ci sono nodi non risolti: le scuole dopo l’accordo raggiunto dal premier Conte con i sindacati sembrano uscire dal percorso dell’Autonomia: è così?
«Stefani ha detto che avrebbe recepito anche quell’accordo. Dunque: o ha rivisto le bozze di febbraio o non lo so. L’importante è che i cittadini del Veneto, come quelli della Calabria, abbiano lo stesso accesso di qualità alla formazione. Per quanto riguarda gli insegnanti, inoltre, va affrontato il tema in maniera strutturale: portando gli stipendi sulla media europea».

Ma qual è il punto secondo lei più controverso di questa riforma?
«Se l’Autonomia non costa niente al bilancio dello Stato e alle regioni del Sud come fa a essere più vantaggiosa per il Nord? Qualcuno dovrà pagare, alla fine. Se si supera questo ostacolo, va bene. Ma nessuno ne deve uscire penalizzato».

Ma il governo riuscirà a poggiare un primo mattone sull’Autonomia prima delle Europee come vuole Salvini?
«Allora, noi pasticci sul Titolo V li abbiamo già visti. Non ne faremo altri. È sbagliato impiccarci alla data delle Europee. Occorre essere responsabili senza prenderci in giro con spot elettorali. Occorre arrivare a una pre-intesa che sia già chiara e comprensibile ai cittadini, poi ci sarà l’eventuale passaggio alle Camere».

Che potranno modificare il testo?
«La decisione spetta ai presidenti di Camera e Senato. Se la pre-intesa, uscita dal consiglio dei ministri, verrà emendata dal Parlamento poi sarà recepita di nuovo: un percorso lineare».

La Lega spinge per incassare un segnale concreto prima del voto del 26 maggio.
«Hanno avuto un anno di tempo, non si può portare un testo raffazzonato solo per un annuncio. Se noi non abbiamo il testo che cosa facciamo? Ormai non dobbiamo guardare alla data del 26 maggio».

Ma cosa accadrà ai Fondi per lo sviluppo e la coesione del Sud?
«Finora la loro percentuale di spesa è bassissima, pari al 2%, su questo fondo che sviluppa risorse per quasi 60 miliardi. Serve maggiore coraggio e vanno sbloccati i progetti. Per il Sud non cambierà nulla: continuerà a essere il destinatario dell’80% delle risorse».

Ma il patto per il Sud che fine farà?
«Continuerà a esserci, sempre gestito dalle Regioni. A livello centrale ci sarà una cabina di regia per sbloccare i progetti».

Serve maggiore sicurezza al Sud del Paese? È soddisfatta della gestione Salvini?
«Chiedo al ministro dell’Interno, al di là di ogni polemica, di lavorare di più sulla sicurezza, che va oltre i migranti. A Napoli c’è una bambina di 4 anni in gravissime condizioni, tempo fa c’è stata un’altra sparatoria vicino a un asilo. Questo è indecente. Non c’è solo Napoli, ma penso anche alla Capitanata di Foggia dove residenti e commercianti sono sott’attacco della malavita».

Mercoledì ci sarà il consiglio dei ministri su Siri e non avete ancora trovato un’intesa: come finirà? Ci sarà uno scambio con l’Autonomia?
«Nessuno scambio. La vicenda Siri ha rubato fin troppo tempo al dibattito politico. Dobbiamo concentrarci su altro, dove aver già raggiunto ottimi risultati. Se c’è un sottosegretario indagato per fatti gravi, gli auguriamo che vengano smentiti dalla magistratura, deve lasciare come ha detto il premier Conte. Perché i sospetti minano l’azione di governo. Noi siamo il governo degli italiani, non quello di Siri».

Per lei e il M5S il no della Lega alle dimissioni può essere motivo di crisi?
«Sì, io non posso accettare che un sottosegretario indagato per corruzione resti».

Sapevate del suo patteggiamento per bancarotta ma non fiataste e adesso lo volete fuori: non c’è un peccato di incoerenza?
«Ai tempi della formazione del governo non entrammo nelle loro vicende interne».

Saltato Siri, la storia finirà qui?
«Magari Giorgetti dovrebbe spiegare agli italiani perché con tanti giovani laureati con curricula eccellenti abbia pescato proprio il figlio di Arata».

Visti i toni ci sarà una crisi dopo le Europee. 
«Io non credo, sono proiettata alla legge di bilancio per non far scattare le clausole Iva, al contrario di quanto fece Berlusconi. Se poi Salvini vuole tornare con lui: si accomodi».

Aria di crisi ed ecco il ritorno di Di Battista: fila tutto, no?
«Alessandro ha detto che si aspetta che questo governo duri per quattro anni, ma se dovesse cadere prima si ricandiderà. Qual è il problema?».

Insidia Luigi Di Maio. 
«Luigi è il nostro capo politico e il M5S e Alessandro si appartengono».

Il 30 maggio ci sarà la sentenza per il viceministro della Lega Edoardo Rixi nel processo spese pazze in Liguria. In caso di condanna? 
«Per noi vale la regola aurea. Se condannato dovrà lasciare».
 
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