Se l’aspirante maestra scrive nel tema «xché». Da “ke”, con la kappa, all’acca messa
a caso, errori blu al concorso del Lazio

Se l’aspirante maestra scrive nel tema «xché». Da “ke”, con la kappa, all’acca messa a caso, errori blu al concorso del Lazio
di Lorena Loiacono
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Lunedì 27 Marzo 2017, 00:28 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 10:44
Il cloud? E’ un uccello viaggiatore. La flipped classroom diventa filipporum classorum e gli open day delle scuole superiori si trasformano in day hospital. Parola di maestra o aspirante tale, visto che questi sono solo alcuni degli errori commessi dai candidati del Lazio alla prova scritta del concorso della scuola pubblica, iniziato un anno fa, per insegnare alle elementari e alla scuola dell’infanzia. 

Alle risposte bizzarre, si aggiungono anche veri e propri strafalcioni grammaticali: l’errore più diffuso, infatti, riguarda l’uso dell’”h”. Stando al resoconto dei commissari di esame, sarebbe quella la carenza peggiore tra gli insegnanti: saper distinguere il verbo avere dalla preposizione “a”. Un fatto che accomuna tristemente i docenti agli studenti alle prime armi. Senza contare gli errori, figli dei social network, che riguardano l’uso del “k” al posto del gruppo “ch”, dell’”X” al posto della preposizione “per”.

FATTORE CHAT
Abbreviazioni colloquiali, diffusissime tra gli adolescenti nelle chat, ma che per i candidati alla cattedra di insegnante dovrebbero essere banditi. Soprattutto durante la prova selettiva per il concorso. Gli esempi degli errori più presenti, in quegli scritti da cui sono stati bocciati tantissimi docenti, arrivano direttamente dai commissari che, un anno fa, hanno letto e corretto le prove scritte per poi esaminare gli ammessi all’orale nella seconda fase del concorso. La lista nera degli strafalcioni va quindi a chiarire perché, di fronte alle ammissioni all’orale, in tutta Italia ci si ritrovò con un fiume di non ammessi. 

La media nazionale, per la scuola primaria, era di 7 candidati respinti su 10: dei 37.838 candidati, infatti, ne arrivarono all’orale solo 11.102. Nel Lazio si arrivò a respingere quasi 8 candidati su 10, pari al 79,3%. Un dato allarmante sotto tutti i punti di vista. Innanzitutto perché, per accedere al concorso, i candidati dovevano essere tutti rigorosamente abilitati, quindi tutti già in classe da anni come supplenti. Poi perché nel Lazio dei 6.584 candidati ad insegnare alla scuola elementare, ne sono arrivati all’orale solo 954 a fronte di una disponibilità di posti messi a bando pari a 1.378 cattedre. Ne resteranno scoperte oltre 400. Un problema non da poco e diffuso in tante regioni visto che gli 11.102 ammessi sul territorio nazionale di certo non riescono a coprire le 17.299 cattedre messe a bando in tutta Italia. 

LA MUCCHA
Ma ora arrivano le spiegazioni da parte delle commissioni di quella regione, il Lazio, che più di altre decimò i candidati: gli strafalcioni vanno dalla mucca che diventa “muccha”, alla traduzione di cloud in “uccello viaggiatore” alla spiegazione, nell’ambito della continuità, dell’estensione in tutto il territorio nazionale dei “day hospital” al posto degli “open day”. E ancora: il moderno modello didattico della “flipped classroom”, in cui la lezione frontale vecchia maniera viene ribaltata con l’utilizzo della tecnologia, viene trasformata in una “filipporum classorum” dal sapore decisamente più antico. Evidenziando così nel candidato la mancata conoscenza di un modello di didattica all’avanguardia, in piena sperimentazione tra i docenti più “digitali”. 

Anche l’innovativo “peer tutoring”, con cui l’apprendimento arriva direttamente dal compagno di banco, diventa un insolito “peer touring”. La sezione primavera, quella dedicata ai bambini di 2-3 anni come un anno a metà tra il nido e la materna, diventa il luogo dove “sbocciano i fiori” e l’obiettivo dell’insegnamento della lingua italiana sarebbe quello di “saper compilare un bollettino postale” o, addirittura, un sintetico “assegno bancario”. Un commissario ricorda addirittura che, ad una domanda di inglese, la nave vichinga divenne una pecora quando la “ship” si trasformò in “sheep”.

I resoconti dei commissari, arrivati a macchia di leopardo anche dalle altre regioni, non sono certo più rosei: dal Veneto infatti c’è chi racconta di “rattopi” con una “p” di meno nel rammendare i calzini, “aquistare” senza la “c”, “un’evento” con un terribile apostrofo di troppo e disciendenti con una “i” di cui si deve fare a meno. Roba da segno blu, blu notte. 
 
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