Arabia Saudita, esito storico alle urne elette: a sorpresa sei candidate donne

Arabia Saudita, esito storico alle urne elette: a sorpresa sei candidate donne
di Azzurra Meringolo
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Lunedì 14 Dicembre 2015, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 07:58
ROMA - Qualcuno in rete le ha già chiamate le moschettiere del re. Almeno fino a quando sembravano quattro e non sei come hanno invece svelato i risultati finali.

Salma Al-Oteibi, Hinuwf Al-Hazmi, Mona Al-Emery, Fadhila Al-Attawy, Lama Al-Suleiman e Rasha Hefzi: sono queste le prime elette nella storia saudita. Cinque pioniere che si sono imposte in un villaggio della città santa di La Mecca, a Jawf, Tabuk e nella più aperta Gedda. Hanno sottratto il monopolio della politica agli uomini e sono diventate le prime consigliere comunali della storia di un Paese famoso per essere l’unico al mondo a vietare alle donne di guidare. 


Anche se a candidarsi erano state oltre 900, alla vigilia del voto erano davvero poche quelle che credevano di avere una chance. Alcune davano la sconfitta per scontata, ma appendevano la loro possibilità di entrare in politica alle parole del re. I consigli comunali - gli unici per i quali, dal 2005, i sauditi possono votare - sono infatti solo parzialmente elettivi e un terzo dei seggi viene assegnato dal governo, rigorosamente di nomina regia. Del resto, se le donne hanno potuto partecipare a queste elezioni, nella doppia veste di elettrici e candidate, è solo grazie alla volontà del defunto re Abdullah. «Un sovrano illuminato»”, lo hanno definito più candidate, ricordandolo come il riformista che ha aperto al gentil sesso la strada della politica. 

Fu lui, nel 2013, a nominare trenta donne nel Maglis al-Shura, l’Assemblea nazionale con poteri esclusivamente consultivi. E fu sempre lui a promettere alle donne il diritto di voto. «Un riformista sì, ma anche un pragmatico che ha capito i cambiamenti socio-economici a cui sta andando incontro questa petromonarchia che fatica a mantenere gli stessi standard di vita con un prezzo del petrolio così basso. Abbiamo bisogno che le donne inizino a lavorare» ha detto Amal, una dottoressa candidata a Riad, secondo la quale l’emancipazione femminile dipende dall’evoluzione economica del regno.

«CI HANNO OSTACOLATO»A pensarla così è anche una delle vincitrici, Lama Al-Suleiman, do[/FORZA-RIENTR]nna che già nel 2005 aveva fatto storia divenendo la prima eletta nel consiglio direttivo di una camera di commercio, quella di Gedda, dedicata, caso vuole, a Khadija, la moglie del profeta Maometto famosa per le sue doti da imprenditrice. «Sono molte le sfide che dobbiamo affrontare.
Io stessa ho dovuto superare una serie di ostacoli durante la mia campagna. Gli uomini hanno fatto il possibile per combattere contro il nostro ingresso in politica. Ogni giorno ho ricevuto critiche di quanti mi accusavano di aver commesso qualche errore o illecito. Ho dovuto pagare alcune multe, ma sono anche riuscita a dimostrare le mie ragioni. Questo è un segnale positivo, perché fino ad ora nessuno le temeva. Questa attenzione mostra che hanno paura di noi. È un primo successo» ha spiegato a Il Messaggero Al-Suleiman prima della vittoria. 
«La mia non è un’agenda né rosa, né rivoluzionaria. Voglio portare avanti delle riforme, anche di genere, all’interno del sistema» ci ha detto Rasha Hefzi nella tenda di Gedda dove ha svolto la sua campagna elettorale. Anche se sono state solo 136 mila le donne che si sono registrare per partecipare alle elezioni (contro 1,3 milioni di nuovi elettori maschi) queste hanno dato grande importanza al loro gesto, pubblicizzandolo in famiglia, prima ancora che sui social network. Salma Al-Rashid, prima donna iscritta alle liste elettorali rosa, ha postato su twitter una foto davanti ai seggi con i suoi figli, due femmine e un maschio. Ci ha tenuto a mostrare alle piccole che d’ora in poi hanno dei doveri politici e a suo figlio che le sue sorelle hanno acquisito ulteriori diritti. Sui loro abiti, sia sulla felpa del bimbo che sull’ abaya che sono obbligate a indossare tutte le donne saudite c’è una sola scritta, sautik iafriq: la tua voce conta.
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