Tajani: «Sugli eurodeputati la violenza delle lobbies che hanno scatenato una campagna di odio»

Tajani: «Sugli eurodeputati la violenza delle lobbies che hanno scatenato una campagna di odio»
di Antonio Pollio Salimbeni
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Venerdì 6 Luglio 2018, 00:49 - Ultimo aggiornamento: 7 Luglio, 11:16
BRUXELLES «La partita non finisce qui, sono successe cose gravissime. Gli europarlamentari sono stati sottoposti a una pressione fortissima, violentissima: a difesa degli interessi dei giganti del Web è scattata una campagna molto dura, diffusa, con toni e gesti inaccettabili, ci sono state perfino le minacce di morte denunciate dal gruppo socialista». Il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani parla a botta calda dopo che gli eurodeputati hanno respinto la proposta per il negoziato con il Consiglio sulle regole del diritto d’autore. «Abbiamo visto e sentito cose mai viste e sentite: i deputati sono stati letteralmente bombardati da una propaganda asfissiante, continua, a base di falsificazioni. Sono andati in tilt i telefoni personali, i telefoni degli uffici, le email, compresi il mio cellulare e la mia posta elettronica. Centinaia e centinaia di telefonate, da venerdì scorso in poi è stato un crescendo. Sotto tiro anche i figli di parlamentari. Fino ad arrivare a quanto ha dichiarato il gruppo socialista: minacce di morte ad alcuni eurodeputati. Ho dato mandato al direttore generale della sicurezza di svolgere un’inchiesta: se emergeranno violazioni penali passerò tutto all’autorità giudiziaria. Si è trattato di un gioco tremendo fatto di minacce insulti, di processi sommari al telefono. Si è prolungato il gioco alla moda in rete, che diventa sempre più spesso luogo di scontro, di insulti, dove c’è gente che si nasconde e organizza attacchi contro chi la pensa diversamente. Non ho dubbi: è un attentato alla democrazia».
Prima del voto di ieri lei aveva twittato: «Non bisogna interferire con il lavoro del Parlamento e non si devono diffondere informazioni e demagogiche». Allarme inconsueto.
«Allarme necessario di fronte a un’aggressione in grande stile che non ha nulla a che vedere con le regole di base dell’azione lobbystica. Un salto di qualità preoccupante. Poi penso al contesto generale che non è dei migliori per la libera informazione. Penso agli interessi russi e americani a condizionare l’Europarlamento, a mettere in difficoltà la Ue».
Lei ha parlato di falsificazioni propagandistiche.
«Si vuole far passare l’idea che non remunerare l’opera dell’ingegno è un buon servizio alla democrazia. Si è parlato a sproposito di Link Tax. Se l’informazione non viene remunerata alla fine i giornali chiuderanno: vogliamo questo? Avere strumenti di informazione che funzionano e multinazionali del digitale che assumono le proprie responsabilità per ciò che viene diffuso attraverso le piattaforme, è decisivo. Se circolano notizie senza che qualcuno se ne assuma la responsabilità saranno davvero libere le nostre elezioni? Senza regole si finisce con lo scandalo Cambridge Analytica (dati di utenti Facebook usati per campagne elettorali, ndr)».
Senza tutela del diritto d’autore non c’è grande prospettiva per la produzione culturale, ma questo aspetto, per i critici della normativa, passa in secondo piano in nome della libertà di Internet. Qual è la sua posizione?
«La libertà del Web non c’entra nulla, al contrario vedo i rischi di un messaggio fortemente antidemocratico. Dicono di voler difendere il made in Italy per i prodotti agricoli o industriali e poi sono contrari a difendere il cinema italiano. Io voglio continuare a vedere film italiani, tedeschi, francesi, non voglio vedere solo film californiani. Per dirla con una battuta, da romano: tra Sordi e Jerry Lewis preferisco Sordi. Dicono di voler difendere la creatività italiana, poi si schierano a favore dell’omologazione culturale, che si contrasta anche con il copyright. Ripeto: non è in gioco una generica difesa della libertà, è sul tavolo la questione del predominio di alcune grandi multinazionali in un settore che ha massima importanza nella formazione del discorso pubblico».
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