Sono finite sotto i ferri dello specialista per ritrovare il proprio tesoro star come Sam Smith, operato dopo un’emorragia, Michael Bublé, Céline Dion, Bono, Robert Plant, Whitney Houston, Justin Timberlake, Bjork, Elton John, Cher. Anche Freddie Mercury ha avuto problemi, ma rifiutò i ferri perché temeva che la sua voce potesse restare danneggiata. Da noi ha fatto scalpore il caso di Luciano Ligabue, che ha sospeso per due volte il suo tour, ma il catalogo chirurgico è lungo: Giuliano Sangiorgi, Laura Pausini, Mia Martini (obbligata a restare in silenzio per un anno), Ornella Vanoni, Vinicio Capossela, Alessandra Amoroso, Emma Marrone, Giusy Ferreri, tanto per fare un po’ di nomi. L’operazione restituisce il mal tolto. Naturalmente se accompagnata da adeguato riposo e magari, anche dall’uso più oculato delle corde vocali (come ha fatto a un certo punto Mick Jagger che, una decina di anni fa, ha assunto un coach). Ma non tutti possono farlo, pena perdere le caratteristiche della propria voce. E così (vedi il caso di Adele) rischiano di spezzare la propria carriera.
La cantante da quando è stata lanciata in orbita, nove anni fa, ha venduto 40 milioni di album, 50 di singoli, con il suo ultimo tour ha incassato 170 milioni e ha un patrimonio di 100 milioni. Una fabbrica di soldi e consenso. Eppure già nel 2011 aveva subito un intervento di microchirurgia. Ora la ricaduta: «Sono devastata. Vi prego perdonatemi» ha scritto ai suoi fans, confessando il dramma dopo aver provato a nasconderlo («sarò solamente una mamma: non vedo la fottuta ora»). Resta il forte dubbio che la sua carriera possa riprendere fiato. Il mago degli svociati, il dottor Steven Zeitels (la sua lista di clienti, a cominciare da Adele, è un celebrity book con 700 nomi), collaborando con gli scienziati del Mit di Boston sta mettendo a punto uno speciale gel capace di «far vibrare le corde vocali come fossero nuove». In attesa, i rischi della delicatissima chirurgia terrorizzano gli artisti. Ecco perché Freddie Mercury rifiutò di sottoporsi all’intervento. Julie Andrews, che subì un intervento nel ‘97, pagò pegno con un danno permanente alla sua voce. Ma non sono solo gli artisti a preoccuparsi, c’è anche chi dissente da anni dall’ottimismo chirurgico come l’ex cantante di opera e vocal coach Lisa Paglin.
I DUBBI
Il caso di Adele darebbe ragione ai sospetti con un dubbio condivisibile: se dopo l’operazione l’artista in questione torna a cantare nello stesso modo non è probabile che i danni si ripropongano pari pari? Resta, però, da chiedersi, perché la patologia sia in continuo aumento. Perché una volta non accadeva? Le risposte sono tante. La prima è la rapidità con cui si arriva al successo, la seconda è l’intensità dello sfruttamento, la terza è che molti cantanti non hanno un’adeguata preparazione tecnica, muscolare e di respirazione. Ma c’è anche una questione di moda. Basta farci caso: oggi le voci che piacciono sono voci grosse (come quella di Adele), graffiate come quelle dei rockers, voci che spingono e sollecitano le corde vocali come mai prima e, comunque, obbligano chi canta a forzare in una direzione non necessariamente naturale. Prepariamoci: a parte il gel del dr. Zeitels, la lista degli svociati della musica tenderà ad allungarsi inesorabilmente.
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