L'Opec non ha tagliato petrolio sotto 70 dollari

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Venerdì 28 Novembre 2014, 06:24
IL CROLLO
ROMA L'Opec ha deciso. Il taglio della produzione di petrolio non ci sarà. Almeno non per ora. Come nelle attese, ha prevalso dunque la linea morbida di Riad - che ha applaudito a «una grande decisione» - sui falchi come Venezuela e Iran, che premevano per una riduzione capace di far risalire i prezzi. Ma è bastato che ieri il ministro del petrolio saudita, Al-Naimi, annunciasse da Vienna di lasciare la produzione petrolifera invariata a 30 milioni di barili al giorno, per spingere il prezzo del petrolio ancora più in basso: il greggio americano (Wti) è crollato sotto 70 dollari al barile sul mercato di Londra per la prima volta dal giugno del 2010 (è sceso fino a un minimo di 69,91 dollari con un calo del 7%). Stesso trend per il petrolio del Mare del Nord (il Brent) scivolato ai minimi da luglio 2010: 71,46 dollari (-8,24%). Prezzi destinati a mettere ancora più sotto pressione i bilanci delle big del greggio. Non a caso i titoli petroliferi Ue hanno perso oltre il 3% mentre le peggiori a Piazza Affari sono state Saipem (-4,8%) ed Eni (-1,9%), che tra l'altro hanno progetti di ampliamento nel settore con aziende russe e di ex repubbliche sovietiche. Sotto pressione anche Tenaris (-3,6%).
Il punto è che il maggior livello di estrazione registrato negli Usa da trent'anni, insieme alla crisi europea, hanno ormai provocato una caduta del prezzo del greggio pari al 30% da giugno. Ma il fronte guidato dall'Arabia saudita resiste con forza a un taglio della produzione. Sicuramente per la paura di perdere quote di mercato, proprio mentre cresce l'energia Usa basata sullo shale gas. Ma c'è altro. Lasciando tracollare le quotazioni, anche al prezzo di un taglio degli utili, gli Stati Opec cercano di mettere fuori mercato la nuova industria Usa che estrae shale oil, il petrolio che si ricava frantumando le rocce, portandola a livelli di prezzo insostenibili (pare che al di sotto dei 80 dollari lo shale oil non sia più competitivo). Non solo. La stessa Arabia Saudita (in linea con gli Stati Uniti) può avere un certo interesse ad assestare un colpo a Paesi come Iran e Russia, che ricavano dal petrolio rispettivamente il 60% e il 46% delle entrate.
CHI CI GUADAGNA E CHI NO

Se in generale l'industria del petrolio è destinata ad archiviare un anno amaro, c'è però chi fa festa. Tra questi ci sono sicuramente le compagnie aeree. Ma si festeggia anche in Asia. E in particolare in Cina, il secondo importatore mondiale di oro nero. Buone notizie anche i prezzi per la benzina in Italia? Non ancora. Malgrado il prezzo del greggio sia ai minimi da 4 anni, quello dei carburanti è del 40% più alto rispetto al 2010. Colpa delle accise (+30%) e dell'Iva. Nonostante il calo del petrolio, infatti, l'incidenza del costo della benzina sul prezzo finale è stabile al 40%: una vera beffa, per i consumatori.
Roberta Amoruso
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