Il regista: «Parlo in nome di chi ha sofferto in silenzio»

Il regista: «Parlo in nome di chi ha sofferto in silenzio»
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Martedì 4 Novembre 2014, 05:44
L'AUTORE
Torneranno i prati uscirà nelle sale giovedi con 01. Stasera intanto verrà proiettato davanti al Presidente Napolitano in occasione del centenario dell'Armistizio e, in contemporanea, in altri cento Paesi del mondo. Ermanno Olmi, ricoverato a Milano per una sospetta broncopolmonite, non ci sarà. Ha affidato il suo pensiero a un videomessaggio, registrato in ospedale. Ma non per questo la sua condanna della guerra, «la peggiore stupidità criminale che l'uomo possa commettere», risulta meno vibrante.
«Ho girato questo film perché me lo hanno proposto, non perché mi fossi innamorato dell'idea come di solito mi accade», esordisce il Grande Vecchio del cinema italiano. «E allora mi sono chiesto come raccontare la guerra. Non certo secondo la versione ufficiale, scritta dagli intellettuali e piena di bugie, ma quella reale di chi ha visto, combattuto e sofferto ma non ha mai avuto la parola. Mi sono riallacciato ai racconti di mio padre che nel 1915-18 combatté sul Carso come bersagliere».
I RACCONTI
Proprio riandando con la memoria a quella testimonianza carica di orrori e di dolore Olmi, oggi 83 anni, ha messo a fuoco il significato della Grande Guerra, estendendolo poi a tutte le guerre: «Si è trattato di un immenso tradimento nei confronti dei milioni di giovani morti senza nemmeno sapere perché», dice il maestro. «Oggi si celebra il centenario del conflitto 1915-18, ma al di là delle fanfare e delle bandiere è venuto il momento di chiedere scusa ai caduti. Purtroppo la storia ci ha insegnato che tutte le guerre nascono per lo stesso motivo, cioè per l'arroganza, la bramosia di potere e di ricchezza dei potentati, delle aristocrazie dominanti. Spero che il mio film, al di là del suo valore estetico, sia utile a mostrare questa verità».
Cita Camus, il regista: «Se vuoi che un pensiero cambi il mondo, devi prima cambiare te stesso». E spiega che Torneranno i prati «non è un racconto realistico bensì evocativo perché si riallaccia allo stato allucinatorio dei ricordi. In guerra più dei gradi contano le relazioni umane». Il titolo sottintende la speranza che, sui campi, di battaglia, un giorno rifiorisca la vita.
GLI ATTORI
Ed è sulle relazioni interpersonali che insistono i protagonisti del film. «Più che attori, Olmi voleva degli esseri umani», spiega Claudio Santamaria (interpreta il maggiore che impartisce l'ordine «assurdo»). E' vero. In un filmato realizzato durante la lavorazione, sull'Altopiano di Asiago in mezzo alla neve altra tre metri, vediamo il regista chiedere ai suoi attori «tutta la poesia di cui siete capaci».
Continua, Santamaria: «Olmi è un illuminato, lavorare con lui è stato come avere a che fare con il Dalai Lama. Ci ha chiesto di ripetere undici volte una delle scene più forti del film: è il dialogo serratissimo tra me e Francesco Formichetti nei panni del capitano che disobbedirà. Il regista voleva che dimostrassimo tutto il nostro dolore e la consapevolezza di dover morire. Alla fine, quando l'ultimo ciak è stato giudicato buono, Francesco e io siamo scoppiati a piangere dall'emozione».
LA RIVELAZIONE
Parla di esperienza che lascia il segno anche Formichetti, romano, 28 anni, un passato di corti e film indipendenti: è la rivelazione di Torneranno i prati. «Sul set ero talmente concentrato da dimenticare il freddo, il senso di soffocamento nella trincea, le lenti a contatto che dovevano arrossare i miei occhi di soldato febbricitante», racconta. «Non dimenticherò mai quel set».
Secondo Olmi, «l'amor patrio si è dissolto nel corso della storia, non esiste quell'ideale in cui i ragazzi della Grande Guerra avevano creduto».
E la trincea che ha fatto da sfondo al film, ambientato in una notte del 1917 alla vigilia della disfatta di Caporetto, non è stata smantellata alla fine delle riprese. Costruita dallo scenografo Giuseppe Pirrotta in mezzo alla neve, rimarrà a lungo sull'Altopiano di Asiago. Come una ferita che ricordi il sacrificio di milioni di innocenti.
Gloria Satta
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